Lo chiamano “Trottolino”

“Francesco, in età prescolare, era un bambino intelligente e curioso, sempre in movimento, tanto che lo chiamavamo Trottolino. “La storia del suo problema comincia alle elementari. Facciamo i compiti assieme ma non riesce a ricordare quello che studia, legge in modo stentato sillabando e sbagliando o invertendo alcune lettere, nonostante le continue esercitazioni. Si alza spesso dalla sedia e ogni scusa è buona: acqua, merenda, pipì, i fratelli. A causa del suo modo di fare e per lo scarso rendimento riceve continue mortificazioni a scuola e dai suoi compagni, che oramai lo evitano. “Anche per noi non sono mancate più o meno esplicite e cortesi accuse per la nostra “evidente” incapacità di dare delle regole e educare il bambino. “Dal contatto con altri genitori che avevano lo stesso problema, molto scoraggiati, siamo arrivati ad una consulenza specialistica, da cui è emerso che Francesco è affetto da Adhd, per cui ha iniziato una terapia comportamentale e farmacologica. Il risultato è incoraggiante: ha cambiato atteggiamento in casa e sta recuperando a scuola, inizia a socializzare; insomma stiamo tirando un respiro di sollievo””. Valeria L’Adhd è una sigla che sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder o Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (per chi voglia approfondire o ricevere aiuto e orientamento su questo problema ci si può rivolgere all’Associazione italiana famiglie Adhd – Aifa, recapito segreteria 06/907.22.34, www.aifa.it). Il disturbo da deficit di attenzione con iperattività (Adhd) interessa circa il 2-4 per cento dei bambini, è un disturbo dello sviluppo che inizia nell’infanzia e, il più delle volte, si evidenzia durante i primi anni della scuola elementare. Un bambino che ne è affetto tende a muoversi di continuo, sembra non presti attenzione a chi parla, non riesce a concentrarsi a lungo e a organizzare le proprie attività. Pur essendo normalmente intelligente, ne consegue frequente insuccesso scolastico e sociale, con un circolo vizioso di frustrazioni e una sempre maggiore caduta dell’autostima, depressione e disadattamento. Con gli anni le manifestazioni del problema cambiano, a volte spontaneamente diminuiscono. In età adulta circa un terzo di loro presenterà ancora le caratteristiche dell’Adhd e, tra questi, molti riceveranno diagnosi di personalità antisociale. La diagnosi di Adhd non è semplice e immediata, deve essere affidata a medici esperti, sospettata quando si abbiano sintomi quali quelli citati. Nella maggioranza dei casi si riescono ad avere buoni risultati con un nuovo approccio farmacologico (a base soprattutto di Metilfenidato), unito a coordinati interventi di sostegno alle attività scolastiche e a strategie comportamentali studiate per favorire il mantenimento dell’attenzione e l’iperattività del bambino entro limiti accettabili, accrescendone nel contempo l’autostima. Quando un bambino è affetto da una patologia organica (febbre, problemi ortopedici, ecc”) i genitori non hanno alcun dubbio che sia utile consultare specialisti. Ma nel caso dell’Adhd, o anche per problemi misconosciuti quali la dislessia (difficoltà nella letto-scrittura), la dislalia (difficoltà a parlare correttamente), o per problematiche comportamentali più complesse e sempre più frequenti nei bambini e negli adolescenti, quali la depressione e l’anoressia, si assiste spesso a ritardi e a resistenze da parte dei genitori nel chiedere aiuto, con gravi e a volte irreparabili conseguenze. Ciò è in parte determinato dalla non coscienza dei problemi, che erroneamente si attribuiscono al carattere e alla inadeguatezza del bambino, in parte al timore di sentirsi giudicati nel proprio ruolo di genitori, con la inaccettabile prospettiva di doversi mettere in discussione. In effetti buoni propositi e valori sani sono un presupposto indispensabile per svolgere il difficile mestiere di genitore, ma a volte non bastano. La famiglia riuscirà ad avere più salute psico-fisica se riuscirà a non chiudersi in sé stessa, condividendo i propri problemi con altre famiglie, con il coraggio di essere disponibile a cambiare, quindi a crescere insieme genitori e figli.

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