L’Italia è razzista o tollera il razzismo?

Il giornale britannico "The Guardian" spezza una lancia per il nostro Paese sul senso dell'integrazione, mentre la noiosa tiritera della Lega Nord verso il ministro Kyenge sta logorando un po’ di civiltà e un po’ di pazienza. Una riflessione semiseria sulla nostra percezione dello straniero
Il ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge

Nell’epoca in cui film come Lincoln e Django Unchained, recentemente riproposti, sembrano voler siglare e celebrare i passi della storia e, di conseguenza, dell’evoluzione umana sulla parità di diritti indipendentemente dal colore della pelle, suonano alquanto stonate parole pronunciate con sfumature o chiari accenti xenofobi in questi giorni da vari esponenti politici nazionali e locali.

Questi accenti xenofobi risultano come un’offesa collettiva, perché, come ripeteva Lincoln prendendo in prestito le parole da Euclide: «Due cose uguali ad una stessa cosa, sono uguali tra loro». Ci si trova, alla fine, rappresentati malamente e tristemente da atteggiamenti oltraggiosi verso persone che meritano il medesimo rispetto.

Guardando poi le orribili scene di Django si trova quanto mai incontestabile la definizione di «selvaggio West». Si potrebbe tirare un respiro di sollievo al pensiero che qualche secolo è passato e nel frattempo si è avviato positivamente il processo di superamento delle differenze razziali, stabilendo una naturale convivenza civile. Oltremodo la sensibilità umana, aiutata dalla sua innata intelligenza, ha superato gli argini del puro recinto umano, spingendosi oltre e sviluppando un’attenzione particolare alla cura dell’ambiente e degli animali!

Non vorremmo, quindi, con atteggiamenti retrò, relegarci nel fanalino di coda della macchina del tempo! Forse conviene rimanere al passo con la Storia e continuare la strada che spinge avanti, dove la genialità del genere umano risiede nell’esprimere la parte migliore di sé, che sa convivere con altri in mezzo a quanto lo circonda ottimizzando i particolari e l’insieme.

In questo senso gli inviti più appassionanti spesso alla lunga non rispecchiano più la realtà, come ad esempio il repetita juvant non va proprio! Ci riferiamo all’annosa e ormai noiosa querelle tra il ministro dell’integrazione Cécile Kyenge e la Lega Nord.

Tutto – si fa per dire – inizia a luglio a Treviglio, meglio nota come la patria del grande Giacinto Facchetti, dove il vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli, ha affermato: «Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango», ravvedendosi dopo, con scuse pubbliche. Al di là delle scuse Calderoli ha precisato che la Kyenge «dovrebbe fare il ministro nel suo Paese. Sta solo dando agli immigrati illegali l’illusione del successo».

Facciamoci guardare da fuori. Il giornalista John Foot, sul britannico Guardian, dice che «alla fine degli anni Ottanta in Italia c’erano pochi immigrati. Le cose sono cambiate negli anni Novanta e Duemila, quando quattro milioni di persone sono arrivate per fare i lavori che gli italiani non volevano più fare. Lavori di fatica, spesso sottopagati o addirittura in nero». Foot incalza: «Queste persone erano e sono escluse dal sistema politico e per gli immigrati di seconda e terza generazione, la cosiddetta generazione Balotelli, ottenere i propri diritti è difficile a causa delle restrittive leggi italiane. Anche chi è nato in Italia deve aspettare di aver compiuto 18 anni per ottenere la cittadinanza», prosegue. «Kyenge è arrivata in Italia nel 1983 come oculista qualificata. Ha sposato un italiano nel 1994 e le sue due figlie sono nate e cresciute in Italia. È italiana ed è nera e ha promesso di cambiare la legge sulla cittadinanza. Una riforma alla quale la destra italiana si oppone».

La Lega è un partito razzista? O come si dice in politichese corretto "xenofo"? Il suo fondatore Umberto Bossi, parlando degli alloggi popolari a Milano, disse: «Case ai milanesi, no ai bingo bongo», ricorda lo stesso Foot. «In Italia ci sono stati gesti isolati contro il razzismo da parte di personaggi pubblici. Come quello del calciatore del Milan Kevin Prince Boateng, che, dopo aver ricevuto dei pesanti cori razzisti, ha lasciato il campo durante un’amichevole contro la Pro Patria. Ma il progresso è lento e l’esclusione degli immigrati dal sistema politico e sociale li rende vulnerabili».

Inoltre, l’immissione nelle sacche di delinquenza più o meno organizzata, al di là di fasce autoctone, è spesso indotta da personaggi locali che approfittano di “manodopera” più o meno disperata! Grazie a Dio il britannico giornalista spezza una lancia sul nostro Paese: «L’Italia non è un Paese razzista, ma è un Paese in cui il razzismo è tollerato e dove spesso chi sparla a proposito rappresenta le istituzioni. Eppure i razzisti non vinceranno, perché il futuro è con l’Italia di Balotelli e Cécile Kyenge. L’Italia è un Paese multiculturale, che lo vogliano o no».

Comunque per buona pace del signor Foot ora gli attacchi alla ministra sono continui. È diventato uno dei bersagli preferiti della Lega Nord. Per esempio a giugno la consigliera della Lega Nord Dolores Valandro aveva scritto su Facebook una frase che istigava alla violenza carnale sul ministro. Mario Borghezio, noto e colorito, ma non di colore, europarlamentare della Lega Nord, sempre ad aprile aveva detto: «Questo è un governo del bonga bonga, vogliono cambiare la legge sulla cittadinanza con lo ius soli e la Kyenge ci vuole imporre le sue tradizioni tribali, quelle del Congo».

In ordine di tempo ci giunge anche un parere da maquillage. Secondo la deputata di Forza Italia Jole Santelli «i neri hanno la fortuna di non doversi truccare come noi. Quindi sono più fortunati». Quando l’offensiva diventa spettacolo!

Ci auguriamo, per mantenerci sulla rotta della civiltà, che la ministra dell’Integrazione riesca a fare il suo lavoro, nonostante i ripetuti e forse arroganti insulti. Non lo si può dire con certezza. Infatti gli attacchi nei confronti della Kyenge sono così frequenti che, secondo il quotidiano Afrik, probabilmente la prima ministra nera in Italia dà fastidio a più di qualcuno, con buona pace di Abramo Lincoln, di Django, di Euclide e di Barak Obama.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons