L’importanza del dopoguerra

Abbiamo seguito la preoccupazione dei vescovi degli Stati Uniti quando hanno capito che i pressanti inviti del papa per la pace sarebbero stati disattesi. Cosa ne pensa, in quanto esperto di etica della guerra e della pace? “Nonostante la copertura della guerra da parte dei media, davvero senza precedenti, dobbiamo ammettere che non abbiamo ancora una conoscenza complessiva di quello che è accaduto in Iraq. La situazione appare confusa, anche dal lato umanitario. Fortunatamente, la fuga massiccia di rifugiati, che molti temevano, non si è verificata, anche se la situazione in alcune grandi città, come Bassora, è grave. Anche perché, a causa della mancanza di sicurezza sufficiente, gli organismi di soccorso non sono stati in grado di raggiungere la maggior parte dei bisognosi. “Riguardo alla guerra, i vescovi statunitensi hanno detto: “Dobbiamo considerare la vita e il sostentamento dei cittadini iracheni alla stregua di quelli delle nostre famiglie e dei nostri cittadini”. Va riconosciuto lo sforzo, da parte della coalizione, di evitare di prendere come bersaglio i cittadini e le infrastrutture civili. Naturalmente le migliori armi e le migliori intenzioni non possono prevenire il fatto che, anche a lungo termine, i cittadini iracheni soffriranno sproporzionatamente a causa della guerra. Purtroppo, pure l’uso, da parte del regime iracheno, di scudi umani e di altre tattiche illegittime nella lotta all’interno delle città, le rappresaglie e le mobilitazioni e l’esposizione forzata alle bombe, hanno costituito un pesante fardello sulle spalle della popolazione civile”. A causa di questa guerra, un sentimento anti-americano cresce non solo nel mondo arabo ma anche in molti altri paesi. Cosa ne pensa? “Come il Vaticano, anche i vescovi statunitensi sono sempre stati convinti che una guerra con l’Iraq – e specialmente questa, percepita da molti in Medio Oriente e in tutto il mondo come una “guerra statunitense” – avrebbe avuto la conseguenza, seppur non voluta, di esacerbare le tensioni nel Medio Oriente, alimentando l’estremismo anti-americano ed anti-occidentale, oltre che il terrorismo. Dovrà passare molto tempo prima di conoscere quanto tale timore sia giustificato. “Gli Stati Uniti possono aiutare a ridurre questi effetti negativi mantenendo l’impegno, a lungo termine, di lavorare assieme alle Nazioni Unite e agli altri paesi per ricostruire un Iraq democratico, libero e pacificato. Gli Stati Uniti dovranno anche fare molto di più per giungere a una equa soluzione dell’altro conflitto che sta alimentando un forte sentimento anti-americano e una crescita dell’estremismo, e cioè il conflitto israelo-palestinese “. Come vede il dopoguerra? “La eticità del successo non dipenderà solo dal come la guerra è stata vinta, ma anche da come la pace sarà ottenuta. Il successo militare deve essere seguito da un serio sforzo, a lungo termine, per costruire una pace giusta in Iraq e nella regione. Ora che è finita la guerra, probabilmente vi saranno pressioni verso gli Stati Uniti perché accantonino l’ambizione di portare pace e libertà in Iraq, e perché ne escano al più presto. È stato il caso dell’Afghanistan. Possiamo e dobbiamo fare meglio in Iraq. Con la fine di un regime repressivo e di un embargo debilitante, gli Stati Uniti, lavorando di concerto con le Nazioni Unite e con la comunità internazionale, avranno la responsabilità e l’opportunità di aiutare gli iracheni a godere di quella pace, di quella prosperità e di quella libertà che non hanno conosciuto da almeno una generazione. Non dobbiamo lasciar cadere questa opportunità “.

I più letti della settimana

Osare di essere uno

Chiara D’Urbano nella APP di CN

Focolari: resoconto abusi 2023

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons