Liberi sui pali

Teatro

Cosa ci fanno due strambi personaggi con due ombrelli, appollaiati ciascuno in cima a un palo, immobili? Sono intenti a dire parole apparentemente senza senso, ma in realtà rivelatrici, via via, di verità profonde. Straniati guardano il mondo dall’alto. Si sforzano di continuare a vedere ciò che tanti occhi fingono di non vedere più. Vi si sono rifugiati in cerca di salvezza per sfuggire all’alzarsi del puzzolente mare di fango che sempre più ci circonda. Dal loro osservatorio guardano il mondo pieno di egoismo e intolleranza. E parlano. Scrutano e denunciano. Raccontano il malessere e lo scontento, il vuoto, il disagio, le piccole e grandi ingiustizie del nostro tempo malato.

Quella di Spiro Scimone e Francesco Sframeli – autori cult in Europa, nonché registi e interpreti acclamati – è una scrittura surreale, ironica, quotidiana. Parte da Beckett e arriva a Pinter, per sfociare in un personalissimo stile che nasce dall’uso dialettale del siciliano presente soprattutto nei primi spettacoli. In Pali, tutto in italiano, il linguaggio acquista una musicalità nel rincorrersi delle parole lanciate, riprese e ripetute dall’altro.

La scena, coloratissima, sembra un piccolo Golgota sullo sfondo di un quadro di Magritte con suggestioni fumettistiche di Altan. Vi campeggiano tre pali – «Scomodi ma poi ci si abitua», dirà uno dei personaggi –, di cui due occupati dai due stiliti di nome Senzamani e Bruciata. Quello in mezzo, vuoto, verrà condiviso solo verso la fine da due altrettanto bizzarri musicisti beckettiani, il Nero e l’Altro. Sopraggiunti a rallegrare quella terra di nessuno, con il loro clownesco candore, via via anch’essi si convinceranno infine della necessità di salire in alto. Il primo suona il tamburo e gli piace lavare i propri panni e quelli degli altri; il secondo suona la tromba e racconta sempre la stessa insignificante barzelletta, perché è contento quando gli altri ridono.

La visione figurativa della scena rimanda all’icona dei due ladroni del Vangelo. Ma anche al palo dei martiri. E la preghiera che, a intervalli, uno dei due pronuncia verso un padre celeste, evoca necessariamente un riferimento religioso. Tra le molte invocazioni una chiede che quel mare di fango che sembra crescere per sommergerci, si trasformi in mare vero. Per potersi così salvare tutti.

Quei piloni sembrano rappresentare l’unico luogo libero della mente dove poter veramente pensare e dire, spazio della coscienza e oasi di umanità. I due autori messinesi affondano così il bisturi, con mano leggera ma consapevole, nella carne del nostro «cattivo tempo». Offrendoci barlumi di speranza.

 

Al Teatro Valle nell’ambito della monografia dedicata a Scimone e Sframeli. In tournèe.

 

 

Bolle di sapone show

 

Giunge in Italia il nuovo spettacolo del “virtuoso delle bolle”. Per oltre due decadi Fan Yang ha esplorato l’affascinante e sconosciuto mondo delle bolle di sapone combinando arte, scienza e intrattenimento. Con le sue ingegnose creazioni, che hanno girato il mondo, ha dato vita ad una forma di entertainment assolutamente unica. Il suo Mega Bubble Show sarà all’Auditorium Massimo di Roma dal 2 al 10/1/10.

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