Libano-Italia: un’amicizia non solo commerciale

Una storia di relazioni pacifiche, e di simpatia, fra libanesi e italiani non è quasi mai venuta meno nel corso dei secoli, pur fra gli alti e bassi della storia
A paraglider flies over the coastal town of Jounieh, Lebanon, Friday, Nov. 11, 2016. (AP Photo/Hassan Ammar)

All’inizio dell’VIII secolo a.C. navigatori fenici provenienti dall’attuale Libano fondarono la colonia di Mozia sull’isola di san Pantaleo (Marsala). Nel volgere di pochi decenni i fenici stabilirono basi a Palermo, nel Sulcis, a Cagliari, ecc. Questo è l’inizio dei rapporti che segnarono la conoscenza fra i nostri progenitori italici e gli antenati dei moderni libanesi. I fenici inizialmente vendevano legno, metalli, vetro e porpora, ma col tempo divennero commercianti di tutto e di più. Se si aggiunge l’abilità tecnica di costruire navi solide e fornite di chiglia (in grado di raggiungere l’Inghilterra), di migliorare la funzionalità dell’ancora e del timone, di navigare di notte puntando sulla stella polare, di scrivere diari di bordo con un nuovo sistema semplificato di 22 segni (alfabeto), di superare il baratto di merci utilizzando i metalli preziosi per i pagamenti, si comprende come questo piccolo popolo attraverso il commercio abbia dato un contributo enorme allo sviluppo della civiltà, e questo senza bisogno di fare ricorso ad armi o ideologie.

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La storia di queste relazioni pacifiche, e di simpatia, fra libanesi e italiani non è quasi mai venuta meno nel corso dei secoli, pur fra gli alti e bassi della storia.

Nel medioevo, per esempio, la famiglia genovese degli Embriaci tenne per circa un secolo un fondaco a Byblos (al tempo chiamata Gibelletto, oggi Jbeil), che fu poi trasferito a Cipro dopo la caduta degli stati crociati di Outremer.

 

The sun sets behind the ruins of the ancient port city of Byblos, north of Beirut, Lebanon, Saturday, Oct. 8, 2016. (AP Photo/Hassan Ammar)

Un altro momento importante di relazioni reciproche vi fu a cavallo fra XVI e XVII secolo, al tempo del grande emiro Fakhr al-Dīn II, che unificò il Libano contrastando la signoria formale dell’Impero ottomano. I rapporti con i Medici di Firenze dell’emiro druso (che venne chiamato Faccardino in Italia), furono molto intensi, come testimoniano ancora oggi alcuni palazzi e architetture dello Chouf libanese, nell’entroterra di Sidone, che esprimono un’originale sintesi fra elementi tipici del rinascimento toscano e stile architettonico orientale.

Un momento delicato nei rapporti italo-libanesi vi fu al tempo della Guerra italo-turca per la conquista della Libia. Una frase che è ancora oggi presente fra i modi di dire libanesi e, citata sempre con ironia, è: «È tutta colpa degli italiani». Risale ad un episodio avvenuto nel 1912, quando una squadra navale italiana comparve nel porto di Beirut e cannoneggiò due navi militari turche, affondandole. Nonostante l’ordine di non sparare sulla costa, nel bombardamento persero la vita anche una cinquantina di civili libanesi, che nulla avevano a che fare con le navi turche.

Ci siamo riscattati con le due missioni di pace durante la guerra libanese 1975-1990, con il ruolo avuto dall’Italia per raggiungere l’armistizio del 2006 e la successiva presenza dell’esercito italiano nel Sud del Paese, inserita nella missione di peacekeeping dell’Unifil (Onu).

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Ghada Husseini, giornalista libanese che ha studiato in Italia, costata che «in tanti momenti difficili della storia recente del Libano gli italiani ci sono stati vicini. L’Italia è un Paese occidentale che sentiamo fratello… Il rispetto che sentiamo verso l’Italia non è dettato dalla paura, ma dalla stima e dalla similitudine…».

Per verificare questa vicinanza di fondo è sufficiente fare un giro per le strade di Beirut: i nomi italiani (più o meno inculturati) nelle insegne dei negozi sono così numerosi che per un italiano è impossibile non notarli. I campi più gettonati sono naturalmente quelli dell’abbigliamento femminile e della ristorazione, con la pizza in prima fila. Ma non mancano anche nomi e marchi legati ad ambiti tecnologici e al turismo.

Un ulteriore vantaggio, secondo diversi imprenditori e uomini d’affari libanesi e italiani, potrebbe svilupparsi in campo commerciale: il made in Italy potrebbe trarre non pochi vantaggi da accordi con aziende della numerosissima diaspora libanese nel mondo, che è da sempre in prima linea nel commercio mondiale di prodotti e manufatti di qualità.

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