L’Europa che manca

Se qualcuno può coltivare dubbi sull’appartenenza della Turchia alla geografia europea, tali perplessità non possono certo applicarsi ai Balcani. C’è una singolare differenza di approccio nella prospettiva europea dei Balcani rispetto a quella adottata, negli anni Novanta, nei riguardi dei Paesi che emergevano da 50 anni di guerra fredda e di divisione dell’Europa. Si parlò giustamente, allora, riferendosi all’allargamento ad Est, di riunificazione dell’Europa. Perché oggi non dovrebbe essere altrimenti per i Balcani? Anche in questo caso si tratta di saldare una frattura storica, anzi di superare una doppia linea di faglia: una esterna tra Est ed Ovest, che spingeva la divisione in blocchi sino al confine orientale dell’Italia; una interna, dovuta all’implosione della ex-Jugoslavia, con gli opposti atteggiamenti di eccesso di esitazione o eccesso di precipitazione dell’Europa rispetto ad una tragedia purtroppo largamente prevedibile ed annunciata. Lo snodo nel quale ora ci troviamo, e cioè la decisione sullo status finale del Kossovo – il cui sbocco non può che essere, come suggerito nel pacchetto Ahtisaari, quello di una forma di indipendenza sotto supervisione internazionale – non è certo paragonabile alla crisi determinatasi con la disgregazione della ex-Jugoslavia. Tuttavia si tratta di un passaggio complesso e delicato, non esente da rischi. Da una parte, occorre evitare che la comunità internazionale, e soprattutto l’Europa, si divida rispetto ad una questione che è principalmente europea. Sarebbe inoltre assai poco saggio giungere in Consiglio di sicurezza con posizioni differenziate o, peggio, contrapposte. Occorre anzitutto tener conto della storia recente della regione, che ha visto grandi sconvolgimenti, rispetto ai quali un Paese cruciale come la Serbia rimane ancora oggi estremamente sensibile. È perciò importante che giungano segnali di incitamento a voltare pagina, ed in questo senso la recente decisione della Commissione di riprendere il negoziato con Belgrado sull’accordo di stabilizzazione ed associazione vada salutato come un passo avanti. Non meno importante di quella europea è la direttrice euro- atlantica per la Serbia, avviata con la decisione assunta dalla Nato al vertice di Riga di associare Belgrado alla Partnership for Peace. Ad Ankara come a Belgrado è in gioco dunque un’idea più compiuta d’Europa, un’Europa che ancora manca e che possiamo contribuire a dipanare. Un’Europa politicamente lungimirante, non solo nel suo interesse, ma di quello dell’intera comunità internazionale.

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