Leopardi in blog

Loretta Marcon dialoga con i testi del poeta, li attualizza, rende la grande letteratura assimilabile alla nostra epoca digitale.
Giacomo Leopardi

Che ci metto nel mio blog (io che non ho un blog)? Già, perché la potenza tecnologica moltiplica i pieni ma anche i vuoti.

Devo confessare che non smanio dalla voglia di internettarmi, pur considerando la comunicazione elettronica un’ottima possibilità, e a volte (a volte) necessità di sviluppo; ma se qualcuno, come capita, mi ammonisce che altrimenti sono “tagliato fuori”, allora gli racconto la storia vera della tempesta sulla Manica a causa della quale il Times titolò: «II continente isolato».

Tutto ciò per arrivare a dire che Loretta Marcon, studiosa serissima e affabile, dopo libri e articoli e conferenze e interviste di buono e spesso ottimo valore, ha avuto l’ottima idea di mettere Leopardi in blog (leopardispace.spaces.live.com), non solo nel senso di riportare in “post” testi leopardiani, ma, molto più, di dialogare con essi, di attualizzarli, di estenderli in spiegazioni e riflessioni e provocazioni che aprono un nuovo modo di conservare e rendere solubile-assimilabile la grande letteratura a un’epoca che se la dimentica a vantaggio (si fa per dire) della marketing promotion di banalità scritte da ragazzini, spacciate per capolavori e confezionate in bestseller.

Ed è problema di vita o di morte, non uno scherzo, tenendo presente che la cultura è l’uomo stesso, e che senza di essa il tracollo mentale, avvertiva Chesterton già cent’anni fa, è più temibile del tracollo morale.

Così è Leopardi, così la leopardiana Marcon: un profondo continuo interrogarsi e contemplare il mistero senza declassarlo a enigma o peggio a “boh” quotidiano del vivere incolto.

Loretta Marcon fa un ottimo lavoro e ce ne dà anche in parte il risultato “cartaceo”, vivace e svelto ma non affrettato: Leopardi in blog (Cooperativa Universitaria Editrice Università di Padova).

 

Ma si fanno anche grandi scoperte nel blog di Leopardi: spigolando tra lettere, testimonianze, documenti, cronache, viene fuori un Leopardi-per-noi in gran parte sconosciuto o in ombra o sottovalutato anche dagli specialisti, perché messo in rilievo solo dall’amore, per cui Loretta può dire: «Ho sempre fatto una distinzione tra coloro che studiano Leopardi e coloro che lo amano (…). È vero anche che le due cose possono andare insieme ma è la prima motivazione quella che conta».

Non ho lo spazio per dire la mia gratitudine per chi sa come lei far emergere le precise radici e ragioni della poesia umile e quotidiana e campestre degli “idilli”, quelle altrettanto precise dello stile leopardiano, anche attraverso una pagina molto intelligente di Pietro Giordani (1845): «Scrive come se parlasse (…). È un’altezza d’animo che sdegna di frapporsi tra il suo lettore e il suo argomento»; le tante figure e figurine, specie femminili, che attorniano il poeta, e il suo comportamento “aristocratico democratico”. Leopardi, insomma, non viene esaminato con la seriosità del saggio o la rigidezza del compito scolastico; al contrario, vive umanamente, cordialmente pur nella sua malinconia, nelle pieghe nei risvolti nelle controluci dell’esistenza reale, minima, giornaliera, contrappuntato, è vero, dai grandi testi poetici e autobiografici, ma proprio perciò vivo di realtà palpitante, non consumata, anzi protesa a un infinito (lui, il poeta dell’Infinito) aprirsi e riaprirsi di dialoghi, confidenze, abbandoni del cuore.

Loretta Marcon sa come parlare con Leopardi, senza soggezione e senza intellettualistica distanza, perché ha intelligentemente capito che lettori, “contatti” di blog, grandi poeti e loro interpreti sono “connessi” anzitutto dalla più universale necessità, che è il “bisogno d’amore”, che «esce lampante dal “pianeta blog” dove tutti noi scriviamo per raccontare ciò che amiamo senza che qualcuno vicino ci “sopporti”, per esprimere l’anima, per dire il sentire, per parlare dell’immaginario con chi vorremmo sapesse ciò che proviamo».

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