Le suore sono tornate a Maalula

Riaperto il monastero siriano di Mar Teqla in una delle cittadine più colpite dai jihadisti e dalla risposta dei governativi. Un segno di ritorno alla normalità, in un Paese però ancora estremamente instabile.  

«Le suore sono tornate al monastero e stanno lì ora… Grazie alla ripresa della vita monastica, anche 290 famiglie sono tornate a Maalula». Lo ha annunciato il 18 gennaio scorso il patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Giovanni X Yazigi. Prima della guerra a Maalula vivevano 5 mila persone e i cristiani erano più di 3.500. Dal 2011 oltre la metà erano sfollati e dopo la battaglia del 2013-2014 solo una decina di famiglie erano rimaste fra le macerie.

Le suore ortodosse del convento di Santa Tecla si erano rifugiate a Damasco 5 anni fa, nel 2014, dopo la liberazione dalla prigionia di 13 di loro, cadute (insieme a tre donne del villaggio) nelle mani dei jihadisti di Jabhat al-Nusra, l’allora sezione siriana di al-Qaeda (oggi Hayat Tahrir al-Sham), che le avevano prese in ostaggio. Saranno liberate solo qualche mese più tardi, in uno scambio con 153 detenute musulmane.

Tutto era iniziato fra il 21 e il 28 ottobre 2013, quando Maalula era stata occupata da una banda di jihadisti che aveva ucciso decine di civili (tre di loro hanno testimoniato con la vita la loro fede cristiana). Cacciati dai governativi a fine ottobre, i miliziani di al-Nusra erano però tornati in forze il 3 dicembre successivo, installandosi per quasi un anno sul costone sopra il villaggio, devastando e distruggendo ogni cosa e uccidendo quasi 200 civili, finché erano stati di nuovo messi in fuga dai governativi, non senza pesanti bombardamenti che avevano colpito tutto e tutti senza fare troppe distinzioni fra le postazioni jihadiste e il villaggio con i suoi abitanti.

Il 5 dicembre 2014, il fondatore dell’ong Perigeo, Gianluca Frinchillucci, raccontò così la situazione di Maalula: «Oggi questo villaggio è ridotto in macerie, le antiche icone che ornavano le chiese sono state rubate o bruciate, i santuari e le chiese distrutte, le immagini sacre vandalizzate e la stessa parte più antica del villaggio bombardata e messa a fuoco. L’altare è stato salvato, ma persino le reliquie di santa Tecla sono andate in buona parte perdute».

Maalula è un piccolo villaggio a circa 50 km a nord-est di Damasco, a 1.500 metri di altitudine ai piedi della montagna del Kalamoun e a pochi chilometri in linea d’aria dal confine libanese. È un posto molto speciale per i cristiani, a motivo di due luoghi che affondano le loro origini nei primi secoli del cristianesimo: la cappella con le reliquie di Mar Taqla (Santa Tecla) e il santuario di Mar Sarkis wa Bakhos (San Sergio e Bacco). Ma anche per un altro motivo: gli abitanti parlano fra loro, oltre all’arabo, anche l’antico aramaico occidentale, la lingua dei siriani prima della conquista islamica (634-638 d.C.) e molto probabilmente la lingua che parlava Gesù.

Tecla visse nel I secolo d.C. e fu, nella tradizione apocrifa, discepola di San Paolo. Era figlia di un nobile pagano di Iconio e, secondo un racconto agiografico molto amato in Siria, dopo essere sopravvissuta a vari tentativi di ucciderla per la sua fede cristiana, trovò riparo tra le montagne del Kalamoun per sfuggire ai soldati mandati da suo padre ad arrestarla. Tecla si salvò perché, dopo aver pregato, nella roccia si aprì un varco che le permise di nascondersi. Secondo questa tradizione, Tecla visse poi fra queste montagne e morì a Maalula diversi anni dopo: la sua tomba si troverebbe nella cappella a lei dedicata, custodita nel convento ortodosso di Mar Taqla, meta di pellegrinaggio non solo dei cristiani, ma anche di numerosi musulmani, come accade in molti luoghi sacri in Siria e Libano.

Sergio e Bacco erano invece soldati romani che divennero cristiani e vissero alla fine del III secolo alla corte di Massimino Daia, uno dei tetrarchi della riforma di Diocleziano. Vennero martirizzati secondo la tradizione nel 305. La particolarità del santuario a loro dedicato a Maalula è quella di conservare alcune parti risalenti forse agli inizi del IV secolo, pochi anni dopo il loro martirio e pochissimi dopo l’editto costantiniano (del 313) che concedeva ai cristiani la libertà di seguire la propria fede.

Secondo alcuni studiosi, il primitivo santuario di Maalula venne costruito addirittura negli anni 20 del IV secolo sui resti di un tempio pagano, ed era già noto ai padri del primo Concilio ecumenico, quello di Nicea del 325. In questo caso sarebbe il santuario cristiano più antico della storia. Il santuario di San Sergio e Bacco a Maalula è oggi affidato a dei monaci melchiti (greco-cattolici), come quelli che a Roma sono presenti a Santa Maria in Cosmedin, la basilica della famosa Bocca della Verità.

 

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