Le perplessità di Mattarella

Il presidente della Repubblica ha firmato il decreto sicurezza bis, ma con alcuni rilievi importanti. L'isolamento dell'Italia, a livello internazionale, ma anche a livello morale

Il presidente Mattarella ha promulgato la legge. Il Decreto sicurezza bis è legge dello Stato. Definitivamente. In molti si aspettavano una scelta diversa del Capo dello Stato, invocando la presunta incostituzionalità della legge. Essa violerebbe l’articolo 10 della Costituzione (quella che sancisce i diritti dello straniero, specie se perseguitato in patria) e l’articolo 117, che individua i limiti della potestà legislativa del nostro Paese, che sono quelli «dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali».

Sergio Mattarella avrebbe potuto scegliere di non promulgare la legge e rimandarla alle Camere, chiedendo e suggerendo alcune modifiche. Sulla base dei poteri che la Costituzione assegna al capo dello Stato avrebbe potuto farlo. Ha scelto una strada diversa: ha promulgato la legge, controfirmandola, ma ha fatto anche due pesanti rilievi. Ha scritto una lettera, rivolta al presidente del consiglio Giuseppe Conte ed ai presidenti di Camera e Senato, segnalando «due profili che suscitano rilevanti perplessità» e rimettendoli alla valutazione del Parlamento e del Governo.

Una formula che non individua, per i due organi dello Stato, nessun obbligo. Di questi tempi è difficile prevedere che l’invito del presidente della Repubblica venga accolto. Tanto più ora che, con tutta probabilità, governo e parlamento si avviano a vivere i loro ultimi giorni di vita e non avrebbero neppure il tempo e la possibilità di farlo.

Toccherà quindi al prossimo governo ed al prossimo parlamento intervenire, se vorranno farlo. Nel frattempo sarà proprio Mattarella a guidare questi giorni difficili che sanciscono la fine dell’esperienza politica giallo-verde e che mai come adesso consegnano al voto un paese dilaniato dalle paure, dalle fobie dei migranti, un paese con lo sguardo puntato contro un nemico immaginario e che distoglie lo sguardo dai problemi reali: quelli della politica economica, della crescita, delle tasse e di scelte che permettano una reale equità fiscale, delle politiche della scuola e del lavoro, della necessità di colmare il divario di sviluppo e di opportunità tra nord e sud, un divario che si allarga sempre di più.

Ma tutto questo, drammaticamente, esce dall’agenda del governo e del parlamento, esce dall’agenda della priorità dell’italiano medio, con tutta probabilità uscirà anche dai temi pregnanti della prossima campagna elettorale.

Ma quali sono le perplessità che Mattarella ha messo nero su bianco nella missiva per Conte, Fico e Casellati? La prima riguarda le sanzioni per chi salva i migranti. Anche se il decreto afferma che i migranti possono essere salvati, in verità esso consente solo di issarli a bordo della nave, ma non permette di condurli definitivamente in salvo in un porto sicuro (come prevedono i trattati internazionali e le leggi del mare). La multa fino ad un milione appare sproporzionata e, per di più, rispetto alla prima versione del decreto, non c’è nessun riferimento alla reiterazione della condotta.

Mattarella invita poi a tener conto dei trattati internazionali, che vanno rispettati. Sono dieci ed il nostro Paese li ha sottoscritti tutti. Non può non rispettarli: la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), la Convenzione europea sui diritti dell’uomo (1950), la Convenzione sullo Statuto dei rifugiati (1951), la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (1979), la Convenzione Onu sul diritto del mare (1982), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000).

Se il parlamento concluderà anzitempo il suo mandato nessuno potrà intervenire per correggere queste norme così come aveva chiesto il Capo dello Stato. Probabilmente non sarebbe avvenuto nulla lo stesso.

Ma la legge appena varata aprirà la stura ad una serie di ricorsi, già annunciati. Ci saranno, probabilmente, dei pronunciamenti della Corte Costituzionale. Passeranno ancora mesi, forse anni, prima di poter mettere di nuovo mano a norme che isolano sempre di più il nostro Paese dal contesto internazionale. Prima di poter nuovamente guardare con occhio diverso a chi sceglie il mare ed i rischi del mare per sfuggire alle persecuzioni in patria o per cercare un futuro migliore per se e per la propria famiglia.

I problemi irrisolti partono da lontano e non sono figli delle scelte di questo governo. Né solo dei vari governi italiani che si sono succeduti alla guida del paese. Il riparto delle responsabilità di porterebbe lontano, verso una storia che non è stata ancora scritta.

Ma oggi i problemi irrisolti rischiano di aggravarsi e di portare con se un costo pesante in termini di vite umane. Non sappiamo quante persone muoiono in mare ormai nel silenzio, perché i naufragi fanno sempre meno notizia. Non sappiamo quante persone muoiono mentre attraversano il deserto o nei campi profughi della Libia. Forse non lo sapremo mai. E questo può essere quanto meno consolatorio per la nostra coscienza.

E portano con se anche un bagaglio pesante perché l’Italia è sempre più isolata nel contesto internazionale. I nazionalismi avanzano, ma non hanno vinto in Europa. E la posizione dell’Italia rischia di essere oltranzista oltre ogni misura. Nella nuova Europa ci sarà poco spazio per chi tende ad isolarsi. Forse anche la scelta e la nomina del nuovo commissario europeo, pur così complicata, potrebbe avere delle conseguenze. Siamo un Paese con una crisi di governo, alla vigilia del voto. Perché assegnare un dicastero “pesante” ad un Paese del genere?

 

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