Le difficili sfide del nuovo papa

Francesco saprà guidare la Chiesa affrontando i problemi esistenti e lavorando per la pace in tutto il mondo? Seguirà le indicazioni del Concilio Vaticano II e preferirà la collegialità nel governo della Chiesa per maggiormente decentrare? Un approfondimento dal nostro corrispondente da Buenos Aires
Papa Francesco a Santa Maria Maggiore

Non avremmo mai immaginato che la Chiesa potesse offrirci tante sorprese: dapprima la rinuncia di Benedetto XVI e poi l'elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio, ora papa Francesco.

Sapevamo che l'ex cardinale era un elettore di peso nel conclave, però, ad eccezione di qualche vaticanista italiano, nessuno lo immaginava come possibile pontefice. All'emozione nata dall'orgoglio nazionale si è dunque sommata la gioia di vederlo apparire sul balcone della basilica di San Pietro, vestito di bianco e con un sorriso accennato, mentre parlava in italiano come nuovo vescovo di Roma. Ha trasmesso, ancora una volta, la sicurezza di chi è consapevole del ruolo che occupa, sebbene, come ha detto, i suoi fratelli cardinali sono andati a cercare il nuovo papa «quasi alla fine del mondo».

Il pontefice ha gradito la calda accoglienza della folla che lo attendeva, ha ricordato con evidente apprezzamento il suo predecessore ed ha chiesto di percorrere insieme al popolo «questo cammino della Chiesa di Roma». Un «cammino di fratellanza, amore, fiducia tra noi».

Prima di impartire la benedizione Urbi et orbi, ha chiesto alla gente, come è sua abitudine, di pregare per lui, di chiedere «al Signore la benedizione per il suo vescovo».

Ha avuto parole molto calorose per la sua nuova diocesi, questa Roma che lo ha accolto con empatia, ed ha sottolineato la sua condizione di pastore. Dichiarazioni che sono anche un segnale ecumenico per le altre Chieste cristiane. Agli occhi del mondo si è presentato con insolita semplicità.

Questo nuovo papa, il primo del nostro continente, è anche il primo gesuita che occupa le cattedra di Pietro. Il nome scelto costituisce soprattutto un segno: ha scelto quello di una delle più grandi figure della storia della Chiesa, il santo di Assisi, che abbracciò la povertà con cuore innamorato e predicò instancabilmente la pace. Il più vicino a Cristo, come indicato nella liturgia. L'uomo a cui Gesù Cristo chiese di ricostruire la sua Chiesa. Uno che, come voleva Chesterton, ha fatto fare un salto di qualità alla storia dell'umanità. Un nome, dunque, che è un programma tanto ambizioso quanto affascinante, tanto impossibile quanto necessario.

Giotto dipinse san Francesco mentre sosteneva la Chiesa in momenti molto più difficili di quello attuale. La forza di questo santo è radicata nella sua dedizione infinita e nella sua fragilità pienamente affidata al Signore.  

Quale sarà il compito di papa Francesco? Molto probabilmente dovrà affrontare con fermezza e autorità il tanto auspicato rinnovamento della Curia romana, del governo centrale della Chiesa, molto spesso vista più come un impedimento burocratico che come un ponte tra le chiese locali e il Vaticano.

Per il momento, Jorge Mario Bergoglio è un uomo che ha guidato una diocesi complessa e importante come quella di Buenos Aires, che per due mandati ha guidato la Conferenza episcopale, che non ha nascosto le divergenze con il governo argentino e la sua costante preoccupazione per i più poveri, il suo continuo appoggio ai sacerdoti impegnati nelle attività sociali e la sua attenzione ai ragazzi di strada come alle vittime della droga e agli anziani, a chi è solo o ammalato, a chi non ha una casa, ai disoccupati.

Al tempo stesso, insieme ad una severa austerità, ha dimostrato di essere un interlocutore molto apprezzato nell'ambito religioso. La sua amicizia con il rabbino Abraham Skorka è stata una delle caratteristiche più importanti della sua vocazione al dialogo e all'incontro affettuoso.

Adesso papa Francesco dovrà affrontare un problema centrale per la Chiesa universale: coniugare la sua tradizione millenaria con le nuove generazioni e l'attuale sensibilità culturale.

Bergoglio è più un uomo d'azione che un intellettuale, è una persona con una marcata percezione politica e una profonda sensibilità sociale. Unisce al tempo stesso l'ortodossia dottrinaria e morale con una vera dedizione per i più sofferenti. L'estrema semplicità dei suoi costumi è nota. A Buenos Aires era normale vederlo per strada, in viaggio nella metro o sull'autobus, mentre accompagnava i suoi sacerdoti nei vari quartieri della città e, preferibilmente, nei bassifondi.

Non è facile sapere cosa pensa questo intelligente gesuita (è stato superiore in Argentina della Compagnia di Gesù), amante del silenzio e parco nelle sue espressioni, amato dalla gente e temuto dai potenti con cui si è confrontato. Conosceremo il suo "programma di governo" facendo attenzione ai suoi gesti, ai suoi tempi, alle sue decisioni. Non è un uomo di palazzo, questo tecnico chimico del quartiere Flores, però conosce le strategie più sottili dei circoli decisionali e i giochi politici.

Papa Francesco proviene da una famiglia di lavoratori e si è sempre occupato del suo clero con un profondo senso paterno. In gioventù era un lettore appassionato, soprattutto di autori latino-americani, poi il difficile compito pastorale ha assorbito tutto il suo tempo, portandolo ad una donazione di sé senza riserve.

Guidare la Chiesa sarà certamente un compito importantissimo e complesso. Avrà bisogno di un gruppo di lavoro che sarà determinante nel momento di dare indicazioni ed esigere disciplina. Prima o poi, del resto, dovrà provvedere ad un serio rinnovamento della curia.

Allo stesso tempo, dovrà conoscere le differenti realtà in cui la Chiesa agisce nel mondo: culture, continenti, scenari politici molto vari e complessi. Sarà fondamentale l'elezione del nuovo segretario di Stato e, con il passar del tempo, dei nuovi vescovi in tutto il mondo (tra gli altri, anche del suo successore a Buenos Aires).

Papa Francesco saprà affrontare la sfida delle nuove generazioni, i problemi teologici e di dottrina morale, l'apatia dell'Occidente di fronte ad una Chiesa che si presenta antica e, di conseguenza, poco attraente? Potrà portare il suo messaggio di pace e di giustizia sociale fino agli ultimi confini del mondo? Seguirà le indicazioni del Concilio Vaticano II e preferirà la collegialità nel governo della Chiesa?

Si tratta di domande tanto profonde quanto decisive. Probabilmente, fedele al suo stile, il pontefice farà le sue scelte politiche senza troppo rumore, agendo con i fatti, esigendo coerenza e disciplina. La soluzione forse sarà quella di trovare nuove forme di governo nella Chiesa che permettano azioni coordinate e congiunte e chiaramente decentralizzate.

Il collegio dei cardinali ha giocato una carta sorprendente. Evidentemente avrà trovato in Jorge Mario Bergoglio una risposta dello Spirito all'attuale momento della Chiesa. C'era bisogno di un sacerdote pastore, vicino alla gente, al di fuori delle logiche della curia romana, amico di Benedetto XVI, insomma qualcuno che potesse rappresentare, allo stesso tempo, continuità e cambiamento, in linea con Joseph Ratzinger.

Inoltre, la rinuncia di Benedetto XVI permette di pensare senza ansia che potrà essere possibile avere pontificati più brevi anche in futuro. In questo caso, non sarebbe troppo azzardato pensare che Francesco possa affrontare la sua missione e, in capo a qualche anno, compiuto il compito che si è preposto, decidere di seguire i passi del papa tedesco.

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