Le ali della ricerca

Il papa, la tecno-scienza e la ricerca di senso. La strana penombra sulla questione delle realtà eterne.
papa gemelli

Probabilmente, i filosofi della scienza più decisi ad ignorare tutto quello che non è direttamente sperimentabile con i sensi, avranno storto il naso davanti al denso discorso che Benedetto XVI ha pronunciato nel corso della sua visita all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma.  Il motivo è che il papa ha avuto il coraggio – forse era l’unico che poteva fare un simile discorso –, di trattare l’uomo come un’unità, indivisibile, fatta di mente e cuore, emozioni e ragionamento, fede e mentalità scientifica.

Invece oggi spesso l’uomo si trova separato in sé stesso, conquistato da una parte dalle eccitanti novità tecnologiche, mentre è incapace, dall’altra, di dare un senso alla propria (breve) vita. «Il nostro è un tempo in cui le scienze sperimentali hanno trasformato la visione del mondo e la stessa auto comprensione dell’uomo» che, «ricco di mezzi ma non altrettanto di fini», rischia di dimenticare «l’orizzonte fondamentale della domanda di senso».

È proprio questo il punto, e alzi la mano chi, comune cittadino o scienziato, ha rinunciato ad interrogarsi sul senso del tutto. «Si può dire che lo stesso impulso alla ricerca scientifica scaturisce dalla nostalgia di Dio che abita il cuore umano: in fondo, l’uomo di scienza tende, anche inconsciamente, a raggiungere quella verità che può dare senso alla vita». 

Una volta, infatti, «la ricerca dell’assoluto comprendeva l’esigenza di approfondire l’intero mondo del sapere», perché «la ricerca scientifica e la domanda di senso zampillano da un’unica sorgente, quel Logos che presiede all’opera della creazione e guida l’intelligenza della storia».

Oggi invece, sulla scia di «una mentalità fondamentalmente tecnopratica», sembra non essere più così. Ma per quanto «appassionata e tenace», la ricerca umana non è capace da sola di trovare un approdo sicuro, non riesce a «chiarire completamente la strana penombra che grava sulla questione delle realtà eterne».

Scienza e fede sono dunque entrambe necessarie, «hanno una reciprocità feconda, quasi una complementare esigenza dell’intelligenza del reale. Ma, paradossalmente, proprio la cultura positivista, escludendo la domanda su Dio dal dibattito scientifico, determina il declino del pensiero e l’indebolimento della capacità di intelligenza del reale».

Vissuta invece correttamente, la ricerca viene illuminata sia dalla scienza che dalla fede, e da queste due «ali» trae impulso e slancio, «senza mai perdere la giusta umiltà, il senso del proprio limite». Anche questo è controcorrente, parlare di “limite” alla tecnologia oggi trionfante.

Benedetto XVI conclude: «In tal modo la ricerca di Dio diventa feconda per l’intelligenza, fermento di cultura, promotrice di vero umanesimo, ricerca che non si arresta alla superficie. Cari amici, lasciatevi sempre guidare dalla sapienza che viene dall’alto, da un sapere illuminato dalla fede, ricordando che la sapienza esige la passione e la fatica della ricerca».

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