L’Assemblea dei giovani dei Focolari

Una consultazione mondiale, 6 giorni intensi di confronto, un documento finale.

194 ragazzi e ragazze, provenienti da 66 nazioni. Due lingue ufficiali: inglese e italiano. Traduzione simultanea per altre 6 lingue. Sei giorni di confronto intenso, sulla base di un documento preparato nei mesi scorsi attraverso una consultazione capillare tra migliaia di giovani nel mondo. Obiettivo: rafforzare i legami tra le varie realtà giovanili dei Focolari, dialogare su identità e protagonismo, elaborare un documento finale da presentare agli adulti del Movimento.

Con queste premesse, il vero significato dell’Assemblea dei giovani dei Focolari non si trova semplicemente nella lettura del documento finale. La soddisfazione di un confronto andato a buon fine, lo sforzo di abbattere le barriere linguistiche e culturali, la sensazione a volte di non essere capiti fino in fondo nelle proprie motivazioni, le relazioni costruite… tutto questo non è possibile metterlo nero su bianco.

Per questo motivo, la lettura del documento finale davanti a Maria Voce, Jesús Morán (presidente e co-presidente dei Focolari) e i responsabili del Movimento nel mondo è stata accompagnata da una profonda comunione da parte dei ragazzi e delle ragazze, per spiegare la vita e le dinamiche alla base delle riflessioni e delle proposte nate intorno alle 4 tematiche di confronto dell’Assemblea: identità, formazione e accompagnamento, “in uscita”, ruolo-protagonismo dei giovani dell’Opera di Maria.

Il dibattito attorno ai tavoli, divisi per temi e lingua, ha andamenti differenti. Emergono problematiche relative ad alcune zone del mondo totalmente o parzialmente estranee ad altri giovani, che nella loro cultura vivono condizioni assai diverse. Il tema riguardante “l’identità”, ad esempio, è molto dibattuto, fa accendere gli animi, mette a dura prova i traduttori che si sforzano di tenere il passo di conversazioni sempre più concitate e accese. In particolare due ragazzi, uno di religione protestante e l’altro indù, se da una parte testimoniano la potenza del messaggio dell’unità, che arriva a parlare a convinzioni di fede così lontane fra loro, dall’altra rappresentano un segno vivo di quanto l’unità si costruisca lentamente, a volte con fatica.

Avere un’identità forte significa non temere di andare incontro al diverso, ma conoscerlo fino in fondo, per uscire rafforzati dal confronto, come afferma uno degli esperti invitati all’assemblea, Vincenzo Di Pilato, docente presso l’università Sophia. Sulla stessa lunghezza d’onda, sul tema “formazione e accompagnamento”, lo psichiatra Roberto Almada invita i giovani ad analizzare se stessi partendo dalle proprie ferite. Suor Alessandra Smerilli, parlando della vocazione missionaria (“in uscita”) dei giovani, invita a camminare e ascoltare chi è smarrito, non avendo paura di andare controcorrente e abbracciando quelle che il papa definisce le “periferie esistenziali” dell’umanità.

In merito invece a “ruolo e protagonismo dei giovani” nella vita ideale, il professor Jonathan Michelon propone un modello di leadership basato su relazione e spirito di servizio.
Il secondo impegnativo momento di confronto arriva ai “tavoli della fiducia”, dove quanto elaborato e discusso nei piccoli gruppi, viene “affidato” a dei portavoce, i quali sintetizzano e organizzano una bozza di documento unico da portare in plenaria. Pasti rimandati per finire la revisione della bozza, dibattiti accesi attorno ai tavoli per cercare di far rientrare nel documento in maniera integrale e coerente le esigenze di tutti i giovani di diversa vocazione e appartenenza religiosa, una redazione instancabile che fino a notte fonda continua a tradurre in tutte le lingue il documento che dovrà essere presentato il giorno dopo. Tutto per realizzare il sogno della fratellanza universale, che parte dal sentire come propri i bisogni dell’altro.

Il giorno di approvazione del documento finale è difficile da dimenticare. La presidente Maria Voce ci invita a «fare nostre le difficoltà» di relazione e di confronto, per superarle insieme. Per Jesús Morán «l’Unità è superiore al conflitto (…) che non va nascosto o messo da parte». Infatti può diventare generativo e portare 194 ragazzi e ragazze, di ogni latitudine, credo religioso e vocazione a impegnarsi quotidianamente nella costruzione di un mondo unito. Il documento finale, quindi, è solo l’inizio di un processo e «solo la vita ci dirà quanto sia da migliorare».

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