La tigre e la neve

Può un uomo saltare da Roma a Baghdad per soccorrere e far uscire dal coma la donna dei suoi sogni, che lui insegue da sempre, anche se non corrisposto? Sì, se l’uomo è il poeta Attilio, innamorato della vita prima e dopo la morte (anche da morto continuerò a guardare la vita), a cui la poesia fornisce l’humus, anzi la voce più intima e universale al tempo stesso.Così Benigni, sulla scia de La vita è bella, confeziona con la sceneggiatura agile di Cerami e la musica malinconica di Piovani una commedia sull’amore come motore dell’esistenza. L’amore che è comunque vincitore, pure in una Baghdad bombardatata (nessun eccidio visibile), pure tra marines traumatizzati, mentre il poeta iracheno Fuad (uno splendido Jean Reno), vittima di un dolore nichilista, la vita se la toglie. Giovandosi di un tono narrativo tra il favolistico e il surreale, Benigni racconta la parabola affidandosi alla sua verve inesauribile che gli permette l’alternanza tra squarci lirici (le notti stellate), intermezzi comici (le lezioni a scuola o i giochi con le figlie), tocchi patetici dove il drammatico si coniuga all’onirico (i viaggi nel deserto, il campo minato) e l’apertura ad un bisogno di fede (il padrenostro recitato ad Allah). Certo, il film soffre di alcune lungaggini, e la recitazione di Nicoletta Braschi forse non è il massimo, ma si perdona volentieri, perché il ritmo tiene bene, cadenzato come i tempi di una sinfonia, dove al vivace si alterna il lento: e in La tigre e la neve i tempi sono quasi sempre ben equilibrati. Il finale, con la tigre a passeggio in una Roma nevosa, è aperto: riuscirà il poeta Attilio (lui che sogna un paradiso con Montale, Ungaretti e company al suo matrimonio con l’Amata, mentre Tom Waits sciorina il suo concerto live) a conquistare la donna per cui ha rischiato tutto? Chissà. Ma la realtà della poesia e dell’amore, questa rimane. Essa salva veramente l’uomo, e non la guerra, che Benigni descrive con tocchi di tragicità delicata (il poeta suicida in un cortile fiorito, la bambina nel porticato) ma implacabile come una condanna. Regia di Roberto Benigni; con R. Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno,Tom.

I più letti della settimana

Osare di essere uno

Chiara D’Urbano nella APP di CN

Focolari: resoconto abusi 2023

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons