La strada verso Marte

Viene dall'Italia la nuova visione sul futuro dell'avventura nello spazio
Articolo

Un porto spaziale in orbita intorno alla Terra, da cui partire con un’astronave marziana alla conquista del pianeta rosso. Non è la trama dell’ultimo film di fantascienza, ma la lucida visione di una delle menti più brillanti nel campo spaziale europeo, Giovanni Fabrizio Bignami, da un anno a capo della nostra Agenzia spaziale (Asi). Un cervello ritornato in patria, dopo anni di prestigiosi incarichi all’estero. Lo incontro all’uscita del consiglio di amministrazione. Mi saluta e sorridendo mi dice: Sono subito da lei; intanto pensi a qualche domanda intelligente. Per fortuna che non mi scoraggio facilmente. Presidente, dopo un anno quale bilancio? La missione dell’Asi è far volare satelliti, e da quando sono qui ne abbiamo fatti partire tre, tutti italiani: Agile, per lo studio dell’universo alle alte energie, e due della serie Cosmo-Skymed, occhi in grado di scrutare la Terra dallo spazio, giorno e notte, per prevedere frane e alluvioni, coordinare i soccorsi in caso di terremoti e controllare dal cielo le aree di crisi. Insieme ad altri contratti firmati, siamo arrivati a 400 milioni di nuovi ordini per missioni nazionali. Per fine 2008 è previsto anche il primo lancio del nuovissimo missile Vega, vettore ideato in Italia, per portare in orbita un piccolo satellite italiano. Stiamo facendo il nostro dovere. Collaboriamo bene anche a livello internazionale, mi sembra… L’astronauta italiano Nespoli ha recentemente partecipato all’ultima missione dello shuttle. Columbus, il grande laboratorio europeo appena istallato in orbita sulla Stazione spaziale internazionale, ha un importante componente italiano. E non dimentichiamo, tra pochi giorni, la partenza di Atv, primo veicolo automatico europeo per andare sulla stazione spaziale, a cui noi partecipiamo. Infine vorrei segnalare l’iniziativa per creare una rete di Paesi africani interessati allo spazio, per i quali mettere a disposizione i dati dei nostri satelliti, come quelli Cosmo-Skymed. Qualche rimpianto? Non aver completato la ristrutturazione interna dell’agenzia e la sistemazione del personale, a causa anche della caduta del governo, proprio mentre i decreti attuativi erano in corso di stesura. Ma i lavori sono solo sospesi. Nel 2008 l’Asi compie venti anni. Come festeggerete? Faremo convegni e una serie di mostre per il largo pubblico in giro per l’Italia. La storia dell’Asi, tra l’altro, coincide quasi con la mia personale: mi sono laureato nel 1968 con il famoso professor Occhialini, e da allora sono quarant’anni che faccio spazio. Ho seguito l’avventura di Asi fin dall’inizio . Invece il 2009 sarà l’anno internazionale dell’astronomia… Nel 1609 Galileo usò il telescopio per guardare il cielo. Altri lo avevano già fatto, ma lui per la prima volta pubblicò un libro sull’argomento, il Sidereus Nuncius, esprimendosi meglio degli altri e con il massimo dell’efficacia. Era furbo Galileo, aveva capito prima di tutti l’importanza della comunicazione. Sicuramente l’Asi parteciperà a questo anniversario. In questi anni di visioni valide in giro ce ne sono veramente poche. Lei è stato molto coraggioso a proporre la costruzione di una nuova base spaziale in orbita equatoriale, da cui spiccare il balzo verso Marte con equipaggio umano. Le visioni costano poco… Sì, ma detto da lei ha un peso diverso. Prima di venire qui all’Asi sono stato presidente del consiglio scientifico dell’Esa (Agenzia spaziale europea) e in quella veste ho avuto l’incarico di pensare al futuro del piano spaziale europeo. Il libretto che ho scritto – Cosmic Vision – è stato approvato. E non a caso, dopo trent’anni, l’Italia avrà di nuovo la prestigiosa presidenza del Consiglio dei ministri dell’Esa che il 26 novembre prossimo si riunirà per decidere il futuro dello spazio europeo. Detto questo, era un dovere per me proporre una visione precisa per il futuro. L’industria se lo aspetta, così come i politici ed il pubblico. L’idea di portare delle persone su Marte è una visione che può motivare tutti. Come fece Kennedy nel 1961. Cosa andiamo a fare su Marte, a cercare tracce di vita? Anche, ma soprattutto perché è lì, come diceva un famoso alpinista inglese quando gli chiedevano perché tentava di scalare l’Everest. Andiamo su Marte perché è lì che ci aspetta. La conoscenza ha valore di per sé. Per di più adesso siamo capaci anche tecnicamente di realizzare l’impresa. Perciò è inevitabile. Ha già valutato la fattibilità concreta? L’Italia sta facendo da apripista: ha avuto l’idea giusta e ora deve fare lo studio preliminare. L’unico modo realistico per andare su Marte è costruire una nuova astronave, grande come un airbus, dotata di un motore nucleare capace di spingerla alla velocità di 40 chilometri al secondo. In questo modo si potrebbero ridurre al minimo per l’equipaggio i rischi di esposizione ai raggi cosmici. I pezzi per costruire l’astronave, compreso il motore, andrebbero portati sulla nuova stazione spaziale e qui messi insieme in sicurezza. Intorno a questo progetto ho già aggregato Francia e Stati Uniti. I francesi con la loro esperienza sono prontissimi, ma anche gli americani sono interessati: sarebbe un modo utile e sicuro per smaltire il plutonio delle loro bombe. Questo è il tipico progetto su cui Nasa ed Europa potrebbero trovare una strada comune; se poi questa convergenza si trova grazie all’Italia, meglio ancora. spaziali e torniamo sulla Terra. Qual è la sua opinione sulla mancata visita del papa alla Sapienza? Non le sembra un po’ anacronistico quanto successo? Penso che il rettore abbia sbagliato. Non doveva invitarlo all’inaugurazione dell’anno accademico, un’occasione in cui di solito chi parla esprime argomenti in linea con il lavoro dell’ateneo. Se fossi stato presente e il papa per esempio avesse messo in discussione Darwin, mi sarei sentito a disagio ad ascoltare. Allo stesso tempo, però, non avrei nemmeno voluto alzarmi ed andare via. Trovo comunque che si sia fatta una tempesta in un bicchier d’acqua. Se un gruppo di professori scrive al rettore esprimendo una riserva sul suo operato non c’è niente di male, è una normale dinamica all’interno della facoltà. Poi si è voluto a tutti i costi ingigantire il fatto. A quel punto, avrei preferito che il papa fosse andato lo stesso, magari con il ministro Mussi che lo accoglieva all’ingresso ed entrava a braccetto con lui. Ma questo dialogo tra scienza e fede secondo lei serve a qualcosa o è inutile? È assolutamente fondamentale. Credo molto a questo dialogo, prima di tutto per il rispetto che ho dei credenti, poi perché sono amico di tanti personaggi come padre Coyne, gesuita, cosmologo di primo livello, ex direttore della Specola vaticana, che non ha nessuna difficoltà a coniugare la cosmologia di punta con la fede. Conosco anche personalmente mons. Ravasi. Sono molto interessato, tra l’altro, all’impegno in questo campo di gruppi come quello del professor Bertola a Padova. E anche come Accademia dei Lincei mi fa molto piacere dialogare con l’Accademia pontificia. Nessun problema quindi. Anzi, massimo interesse. Non a caso ho rilasciato l’intervista a Città nuova. UNA LUNETTA TRA TERRA E MARTE L’aveva già proposta Werner Von Braun nel 1949: Lunetta, la stazione spaziale costruita tra Terra e Marte, da cui partire per andare sul pianeta rosso. Bignami concretizza questa idea con la tecnologia oggi disponibile. Si tratta di portare in orbita i pezzi della nuova astronave grande come un airbus, usando un veicolo a propulsione chimica tipo shuttle e solo qui, sulla nuova stazione spaziale, montare il tutto, motore nucleare compreso, portando a massa critica il materiale fissile. In modo sicuro, perché al di fuori della Terra. A questo punto il volo verso Marte sarebbe veloce e sicuro per l’equipaggio. La nuova stazione spaziale sarebbe costruita in orbita equatoriale stabile, comoda per essere raggiunta sia dalla base americana di Cape Canaveral, sia da quella europea di Kourou in Guyana.

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