La scuola col fiocco azzurro

Tutto ebbe inizio lo scorso anno scolastico all’Istituto Maria Bambina di Trento, nella seconda elementare frequentata da Valentina, una bambina dolcissima, sempre disponibile e per ciò amata dai compagni. Nessuno più di lei sapeva mettere entusiasmo in ciò che faceva, senza far mai pesare sugli altri la sua fatica di vivere. Perché Valentina aveva sin dalla nascita problemi molto seri di salute. Perciò le costava parecchio correre, saltare, giocare a nascondino o a guardie e ladri. Dopo l’ennesimo ricovero in ospedale, la maestra, con gli occhi colmi di lacrime, spiegò ai bambini che Valentina non sarebbe più tornata a scuola. Si fece un grande silenzio nell’aula. Tutti capirono. Benché non fosse stata pronunciata, la parola morte riguardava in quel momento una loro compagna, una della loro stessa età, con cui sino a qualche giorno prima avevano riso, scherzato, pianto, in una parola, vissuto, condividendo le loro prime esperienze di scolari. Lo sapevano, certo, che quando si diventa vecchi si muore.Ma quella volta era diverso. Come aiutare quei bambini a superare il difficile momento del dopo Valentina?. Genitori ed insegnanti si ritrovarono più volte per cercare una soluzione. Si fece strada l’idea di coinvolgere la classe in un progetto comune. Facile a dirsi, ma cosa fare con bambini così piccoli? Una mamma, Anna Casagrande, accennò al progetto Gemma, una delle iniziative del Movimento per la vita. Consisteva nell’offrire aiuto a una mamma in attesa e con difficoltà economiche mediante un contributo mensile da versarle per 18 mesi. Non si trattava di una grossa cifra, voleva essere soprattutto il segno della solidarietà e vicinanza a questa mamma. Gli adottanti, inoltre, potevano essere persone singole, o anche gruppi. Quindi anche una classe, o un’intera scuola, erano idonee ad assumersi l’impegno di questo particolare tipo di adozione prenatale a distanza. L’idea piacque. Si susseguirono gli incontri, anche con i genitori e gli insegnanti delle altre classi che vollero aderire all’azione. Ai bambini fu spiegato, con parole adatte, il significato del progetto, le difficoltà che hanno alcune mamme a far nascere il loro bambino. La loro adesione superò ogni aspettativa. Su un grande cartellone, accanto alla foto di Valentina vollero che fosse scritto: La nostra scuola aspetta un bambino. Iniziò l’attesa. Gli scolari trentini iniziarono col depositare ciascuno un euro nell’apposita cassettina custodita in classe. Era questo il loro impegno mensile per 18 mesi. Ma non mancava giorno che i bambini mettessero qualche monetina in più, frutto delle loro piccole rinunce: al giornaletto, alle figurine, a qualche merendina non proprio necessaria. La fantasia dei bambini, si sa, è grande, anche nell’escogitare atti di generosità. Dopo tre mesi, dalla clinica Mangiagalli di Milano fu affidata loro una giovane di 21 anni in attesa. Saputa la notizia, i bambini intensificarono il loro compito di affidatari, facendo a gara nel versare il loro contributo. Qualcuno chiedeva a nonni e zii di ricevere, al posto dei regali per il compleanno, i soldi da depositare nella cassettina, che di giorno in giorno diventava più pesante. Si concluse l’anno scolastico. Giunse l’estate. Finalmente, il 9 agosto scorso, ecco la notizia tanto attesa: era nato Alessandro, un bel bambino di 3,8 kg! In settembre, all’inizio del nuovo anno scolastico, spiccava sulla porta d’ingresso della scuola un grande fiocco azzurro con il suo nome. I bambini continuarono nel loro impegno per Alessandro, che aveva bisogno di tante cose per crescere sano e forte. Intanto si avvicinava il tempo di preparazione al Natale, e la signora Casagrande, referente del progetto, provò a chiedere ai responsabili del Mangiagalli se era possibile far pervenire alla mamma di Alessandro le letterine dei bambini della scuola. Inaspettatamente, il permesso fu accordato. Ma nemmeno loro si aspettavano di vedersi recapitare un plico con ben 125 letterine spontanee, vive, e piene di affetto e di fiducia nel futuro. La signora Casagrande, dal canto suo, ritenne che fosse giunto il momento di scrivere alla mamma di Alessandro, per farle conoscere l’origine di un’iniziativa che aveva appassionato e coinvolto o bambini di una scuola verso una mamma sconosciuta. Le raccontai – dice – di Valentina. Assieme agli altri bambini della sua scuola, anche lei aveva dato dal cielo il suo contributo per aiutarla. Volevo dirle che suo figlio non era nato per caso, o per sbaglio, ma che aveva ricevuto già tanto amore prima ancora che nascesse. Rispedimmo il tutto a Milano. Qualche giorno dopo, i responsabili ci telefonarono stupiti: era la prima volta che capitava un fatto così sorprendente. Di lì a poco, giunse alla scuola una lettera, con una serie di foto di Alessandro. La mamma rispondeva, dicendo di essere rimasta sorpresa che tante mamme e tanti bambini pensassero a loro. Ma la storia non finisce qui. Anzi, in un certo senso, riparte. I bambini, ci raccontano ancora, sono felici. Valentina è presente nella loro vita, eccome! Ma non lascia un vuoto. Ora tutte le loro energie sono rivolte al piccolo Alessandro. Un giorno, non si sa bene come, spunta un’idea: perché non incontrare Alessandro davvero, e non solo per telefono? La signora Casagrande non si sottrae nemmeno questa volta, pur essendo consapevole delle tante difficoltà che si frappongono in situazioni del genere a questo desiderio espresso dai bambini. Loro però sono così fiduciosi… Si infittiscono i contatti telefonici tra la scuola di Trento e la Mangiagalli di Milano. Si prolungano le attese burocratiche, soprattutto quelle riguardanti la privacy. Ma, infine, tutto si appiana e finalmente viene fissata la data in cui Alessandro potrà finalmente venire a Trento con la sua mamma. Ricordo quel mattino – dice Anna Casagrande – in cui andai a prenderli all’uscita dell’autostrada: d’incanto, queste persone sconosciute, mamma, bambino e nonni, le sentii familiari. Incontenibile e contagiosa la gioia di poter finalmente vedere il piccolo Alessandro. Per i bambini, accarezzare, ammirare quel magnifico bambino che li guardava placido in braccio alla mamma era la prova concreta che quanto avevano sognato e realizzato nei mesi precedenti non era fantasia. Era realtà, più bella ancora di qualsiasi bella favola. Più bella, perché sofferta. Perciò vera.

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