La Santa Sede e l’Asia

Nel prossimo giugno entrerà ufficialmente in vigore il nuovo ordinamento della Curia Romana, secondo la Costituzione apostolica “Praedicate evangelium”, pubblicata da papa Francesco lo scorso mese di marzo. All’interno di questa importante riforma la presenza di vescovi asiatici è molto significativa.
Papa Francesco con mons. Lazarus You Heung-sik (AP Photo/Gregorio Borgia)

Nella complessa riforma che l’attuale pontefice è riuscito a varare, dopo quasi nove anni di intenso lavoro, non ci saranno solo novità di spirito e di struttura, ma anche di geopolitica. Una delle note più significative è che, nel lungo – e non facile – processo di riforma ed internalizzazione della Curia, stia emergendo una presenza importante e nuova di diverse realtà ecclesiali, in particolare di quella asiatica.

È noto che, fra gli aspetti più significativi che il centro della cattolicità dovrà realizzare, ci sono tutti quelli che più stanno a cuore all’attuale papa: una indubbia e crescente enfasi sull’evangelizzazione, un’impostazione più chiaramente missionaria della Curia, una chiara prospettiva del suo servizio al Papa, un’auspicata crescente collaborazione degli ambienti curiali con le conferenze episcopali nazionali. E questo affinché il centro del cosmo cattolico possa essere sempre più a servizio del Papa, della Chiesa e del mondo.

A questioni di carattere più spirituale se ne aggiungo alcune, non meno importanti, di natura strutturale. Per esempio, entreranno a far parte a pieno titolo del mondo vaticano organismi economici, già comunque voluti da papa Francesco. Soprattutto, ci sarà la possibilità che tutti i battezzati, quindi anche laici e, dunque, anche donne, possanno avere ruoli di responsabilità diretta nei vari Dicasteri. Scompaiono, poi, le Congregazioni e i Pontifici Consigli, e tutte le varie realtà Vaticane avranno il titolo di ‘unità curiali’.

All’interno di questa importante riforma può essere interessante notare come la presenza del continente asiatico – dove i cattolici toccano solo il 2% della popolazione complessiva – sia significativa. Il Cardinale Louis Antonio Tagle, già Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, considerata fino ad oggi la più importante realtà della Curia Romana dopo la Segreteria di Stato, rimarrà al suo posto, che comprenderà però anche quello che fino ad oggi era il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. È vero che nasce con questa riforma anche il Dicastero specifico per l’evangelizzazione, che resta sotto l’autorità diretta del Papa, ma Tagle, filippino di origine cinese, sarà, senza dubbio, una delle figure di riferimento dell’ambiente curiale, sia per l’età ancora giovane in termini di diplomazia vaticana, ma anche per la sua preparazione teologica e la sua nota grande capacità di stabilire rapporti di dialogo e amicizia.

Altro asiatico chiamato ad un compito curiale è il coreano – non ancora cardinale – You Heung-sik, già vescovo di Daejeon, chiamato recentemente a presiedere quella che fino ad ora era chiamata la Congregazione per il clero. Questo significa che tutti i sacerdoti diocesani e i seminaristi del mondo verranno animati dalla vivacità di questo vescovo, che, poco dopo l’elezione di Bergoglio, invitò il nuovo papa alla Giornata della Gioventù asiatica che si teneva nella sua diocesi nella Corea del Sud. Il vescovo sud-coreano rappresenta una Chiesa molto viva che, dopo le Filippine, può vantare la più alta concentrazione di cristiani (e cattolici) del continente asiatico. Sebbene la crescita del numero dei cattolici in Corea sia in forte rallentamento, la chiesa del Paese dell’Estremo Oriente ha rappresentato per anni, e continua a rappresentare tutt’oggi, uno degli esempi di crescita e vitalità più significativi nell’orbe cattolico. Tuttavia, la nomina di Mons. You Heung-sik è arrivata a sorpresa per molti, e, come ha raccontato lui stesso ai fedeli della sua diocesi,  il papa – di fronte alla sua titubanza per la nuova nomina – ha voluto sottolineare l’importanza di avere in quel ruolo un vescovo proveniente dall’Asia. E pochi mesi dopo, il 9 ottobre, aveva voluto che portasse la sua testimonianza in Vaticano all’apertura del percorso sinodale.

Una terza personalità asiatica in una posizione di rilevanza all’interno del Vaticano è il segretario dell’attuale Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cingalese mons. Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage. Originario della martoriata isola dell’Oceano Indiano – per 25 anni teatro di una guerra di inaudita violenza fra guerriglieri tamil ed esercito regolare ed ora colpita da una crisi economica senza precedenti – mons. Indunil, non ancora vescovo, da anni lavora attivamente nel campo del dialogo interreligioso, in particolare in quello buddhista-cristiano. È stato ordinato nella diocesi di Badulla ed ha insegnato per vari anni nelle Università Pontificie. Proprio in questi giorni, insieme al card. Miguelangel Ayuso Guixot, presidente dell’organo vaticano per il dialogo con fedeli di diverse religioni, ha redatto ed inviato ai buddhisti il messaggio che ogni anno il Pontificio Consiglio scrive per porgere gli auguri del Papa in occasione del Vesak, la festa più importante del calendario buddhista.

Il testo, dopo aver fatto cenno alla fase assai critica che l’umanità sta attraversando, sottolinea come i “segnali di solidarietà in risposta alle tragedie” – pandemia, conflitti, emergenza economica ed ambientale – non assicurino ancora soluzioni durature. «L’ansiosa ricerca della ricchezza materiale – commentano il presidente e il segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso – e l’abbandono dei valori spirituali ha portato a un declino morale generalizzato nella società». I due esponenti vaticani incoraggiano, quindi, buddhisti e cristiani a lasciarsi motivare dal senso di responsabilità religioso e morale per sostenere l’umanità nella sua ricerca di riconciliazione e resilienza.

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