La politica estera di Sarkozy

 Il presidente francese sta giocando a fare il cowboy? Questa  la domanda che sorge spontanea in seguito agli interventi militari in Costa d’Avorio e Libia

Da qualche mese, il presidente della Repubblica sembra dire che la causa di tutti i mali del Paese è l’immigrazione e il non rispetto delle leggi sulla laicità dello Stato. Per comprendere le attuali manovre della politica estera francese è necessario evidenziare alcuni aspetti della politica interna, in particolar modo alla luce delle elezioni presidenziali del prossimo anno.

 

Un recente sondaggio sostiene che circa i tre quarti dei francesi non hanno più fiducia in Sarkozy. Questo però non implica che non lo voteranno più: lo stesso sondaggio, infatti, afferma anche che i francesi approvano l’iniziativa militare in Libia e Costa d’Avorio sotto il mandato dell’Onu. E tutto ciò non è contraddittorio.

 

In occasione delle elezioni presidenziali del 2007, Sarkozy volle dimostrare la sua apertura con la nomina di ministri provenienti dai ranghi della sinistra e del centro. Col passare dei rimpasti, però, questi ultimi sono via via scomparsi. L’ultimo della lista è il popolare Jean-Louis Borlo, che ha trascinato il suo movimento politico dei radicali di destra fuori dal partito presidenziale. Sarà stata l’ascesa nei sondaggi della nuova presidente del fronte nazionale, Marine Le Pen, a spingere il presidente della Repubblica ad una virata, fino a sfiorare le tesi della destra estrema?

 

Il precedente ministro degli interni era noto per questo tipo di discorsi, che gli sono valsi due convocazioni in tribunale. Il nuovo ministro fa ancora di meglio, proponendo di gettare a mare gli immigrati tunisini. Lo scorso luglio Sarkozy, facendo riferimento ad identità e sicurezza, aveva parlato dell’espulsione dei rom in un modo che fece indignare numerose associazioni e Chiese. A ciò si aggiunsero alcune gaffes compiute da un ministro prima di andare a trascorrere le vacanze in Tunisia, agli inizi degli avvenimenti che poi l’hanno sconvolta, e un governo stranamente silenzioso davanti alle rivolte egiziane. Ci sarebbe da chiedersi se questi errori di giudizio abbiano pesato sull’intervento in Libia.

 

A tutto ciò si aggiunge il dibattito sulla laicità che, malgrado il parere sfavorevole di numerosi membri, il partito presidenziale ha avviato la settimana scorsa. Ma il problema più pressante per i francesi è la precarietà, non l’Islam: le donne che portano il velo integrale sono poco più di 2 mila su 62 milioni di abitanti. Questo dibattito, di scarso rilievo secondo gli esperti, ha spinto i responsabili della Chiesa cattolica, della federazione Protestante, delle Chiese Ortodosse, in accordo con quelli ebraici, musulmani e buddisti, a pubblicare un comunicato comune esprimendo la loro inquietudine su questa polemica, che ha il solo scopo di dividere i francesi. Già da parecchi mesi anche associazioni laiche come le Secours Catholique (Caritas), la Cimade (protestante) e altre ancora si oppongono a discorsi di questo tipo.

 

Infine Sarkozy, che alcuni giornali stranieri soprannominano “l’americano”, a causa della sua ammirazione per George Bush, è fortemente criticato anche all’interno del suo partito. Nelle situazioni difficili la politica internazionale qualche volta l’ha salvato, ma adesso c’è da chiedersi se l’intervento delle truppe francesi in Libia faccia parte di un piano di questo tipo. Bisogna anche notare che quest’ultimo intervento non ha niente a che vedere con quello nella Costa d’Avorio, dove la forza Licorne è presente al fianco del contingente Onu dal 2002. La “polizia internazionale” è ancora troppo legata alla buona volontà degli stati membri e alla loro politica interna. Nonché alle elezioni presidenziali: ma questa è un’altra storia.

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