La montagna è una scelta

Paolo Cognetti, con Le otto montagne (Einaudi), ha stravinto il premio Strega. Incontrandolo, leggendolo, scoprendolo tra le righe si capisce che lassù davvero è il suo “regno”

Di lui avevo letto Il ragazzo selvatico (Terre di mezzo Editore), un racconto nel quale faceva coincidere la sua storia. Storia di un giovane che cerca di scoprire quale uomo diventare.

E per scoprirlo, era andato a vivere in solitudine sulle montagne della Valle d’Aosta, in una baita ben oltre i duemila metri. E quelle montagne Paolo Cognetti non le ha più abbandonate. Se ne è innamorato. La sua capacità di raccontare sorprende, cattura subito il lettore per la sua sensibilità, la sua schiettezza, così in tutti i romanzi che ha scritto. Tanto che se inizi un suo libro va a finire che lo posi solo a fine lettura. Paolo potrebbe sembrare l’uomo ribelle e in certo modo lo è anche, ma è anche tutt’altro. In montagna ci è andato perché se ne era innamorato da piccolo, quando lo portavano i suoi. E poi ci è tornato da solo per viverci: «La montagna per me significa tante cose, tra cui l’infanzia, la libertà, il risveglio del corpo, la possibilità di rapporti onesti, ma potrei dire semplicemente che è il luogo in cui sto bene, il mio mondo», mi disse alcuni anni fa. «La mia esperienza in montagna coincide con qualcosa di epocale: l’idea che la vita sia costruirsi una famiglia, una casa, una carriera è entrata in crisi con la mia generazione. La città è lo specchio di quel sogno diventato fallimento. E allora per tanti sta diventando un’urgenza: che ci stiamo a fare in città? Il paesaggio non è forma, è sostanza: entra nelle relazioni. C’è bisogno di semplificare per essere felici, di vivere con poco per essere liberi. C’è anche un lato economico: in città stai sempre con  il portafoglio in mano. Anche in montagna i soldi servono, ma non sono lo strumento delle tue giornate». Cognetti, 39 anni, gli ultimi 8 vissuti in Val d’Ayas, in una baita. Lui milanese ha fatto questa scelta e incontrandolo, leggendolo, scoprendolo tra le righe si capisce che lassù davvero è il suo “regno”. Il posto giusto per il Paolo creativo, non sottomesso, non conformista. Pensatore e sognatore della libertà, perché a Paolo piace la libertà vera come andare a cercare qualche filo d’erba tra i sassi. Ora con Le otto montagne (Einaudi), ha stravinto il premio Strega, perché ha pure vinto lo Strega Giovani.

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