«La maternità surrogata offende le donne»

Per i giudici della Corte costituzionale il cosiddetto "utero in affitto" mina nel profondo le relazioni umane e lede la dignità femminile. Per i singoli casi, tuttavia, rimanda al giudizio dei Tribunali minorili.
Un neonato

La maternità surrogata più diffusa è quella alla quale ricorrono coppie eterosessuali utilizzando il seme del padre per fecondare la madre surrogata, che è quindi madre biologica/generante del bambino oltre che sua madre gestionale. In Italia la maternità surrogata è vietata dall’art.12 della legge 40 del 2014, nel quale si legge che il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità costituisce reato. Accade spesso, tuttavia, che coppie italiane ricorrano alla maternità surrogata in altri Paesi nei quali tale pratica è consentita.

I problemi nascono allorchè la coppia, tornata in Italia, si rivolge all’ufficio di stato civile per registrare quel bambino quale proprio figlio. Lo scorso 18 dicembre la Corte Costituzionale si è pronunciata, per la prima volta, sul tema emettendo la sentenza N°272 con la quale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Milano in merito all’articolo 263 del codice civile nella parte in cui stabilisce il divieto assoluto di riconoscere i bambini nati con la maternità surrogata.

La vicenda ha visto protagonista una coppia eterosessuale avvalsasi della pratica della maternità surrogata in India, che aveva portato alla nascita di un bambino concepito con il seme del futuro padre e l’ovulo di una donatrice indiana, appunto.

Il lungo iter giudiziario, seguito alla richiesta di trascrizione del certificato di nascita del figlio in Italia, aveva portato al riconoscimento del padre genetico, ma al disconoscimento della madre, atteso che la stessa non aveva legami biologici con il bambino e che la legge italiana lega la maternità al parto. Avverso tale ultimo provvedimento la donna aveva proposto l’impugnazione che ha portato alla pronuncia della Corte Costituzionale.

La lettura della sentenza in questione evidenzia l’opzione per una valutazione assai prudente da parte dei giudici Costituzionali, i quali affermano che i Tribunali nel decidere su casi consimili a quello oggetto della decisione dovranno sempre valutare, comparativamente, se debba essere data prevalenza all’interesse per la verità ovvero all’interesse del minore.

mappa-della-maternita-surrogata-di-ansa-centimetriIn tal modo non dicono una parola definitiva sul tema se un bambino nato dal ricorso alla maternità surrogata vada sempre tolto ovvero lasciato alla madre che magari lo ha cresciuto, ma non ha legami genetici con lui.

Così facendo rimette ai Tribunali minorili la decisione sui singoli casi loro sottoposti, limitandosi ad impartire una sorta di “raccomandazione” con la quale li invita ad effettuare “un giudizio comparativo tra gli interessi sottesi all’accertamento della verità dello status e le conseguenze che da tale accertamento possano derivare sulla posizione giuridica del minore”.

Tuttavia, in altra parte della sentenza in esame, messi da parte i tecnicismi, leggiamo che, nella valutazione comparativa richiesta ai Tribunali, dovrà rientrare la considerazione negativa che il nostro ordinamento giuridico riserva alla maternità surrogata che “offende, in modo intollerabile, la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.

Un’affermazione forte che sottolinea come la maternità surrogata costituisca un “disvalore” e che tale valutazione non sia patrimonio di una parte dell’opinione pubblica culturalmente orientata, bensì sia condivisa da persone con le più diverse sensibilità come quelle, ad esempio, rappresentate nel variegato universo lgbt.

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