La mappatura planetaria dell’acqua

Perché questa risorsa importantissima, assieme al petrolio, è al centro delle strategie del potere economico? Intervista a Gianni Tarquini, curatore dello studio “La guerra del’acqua e del petrolio”
Amazzonia

Di geopolitica dell’acqua hanno parlato per molto tempo, restando inascoltati, i movimenti “altermondialisti” soprattutto dal Sud del Mondo, quelli cioè che hanno immaginato un nuovo mondo possibile e diverso, lontano da ogni logica di accaparramento. Gianni Tarquini è il curatore di un testo, “La guerra dell'acqua e del petrolio”, che affronta la grande questione delle risorse naturali, «guarda al futuro prossimo del nostro pianeta, indagando sugli elementi chiave che sono già oggi alla base dei conflitti e dello scontro per conservare o guadagnarsi l’egemonia».

Tra i fondatori della onlus Terre Madri, Tarquini ha coordinato nel 2007 la carovana giornalistica di inviati speciali nella “Missione di verifica su ambiente, salute e diritti umani in Ecuador”. Dal 2010 è uno dei componenti del cda del Coordinamento iniziative popolari di solidarietà internazionale. Gli poniamo perciò alcune domande per dare voce al suo parere “militante” sulla questione dell’acqua come bene comune.

Strategicamente la penuria di acqua dolce è un problema destinato ad esplodere prima dell'esaurimento del petrolio. Nel libro si parla di mappatura planetaria ad opera di Paesi egemonici. Quali sono questi Paesi e cosa dicono le mappe dell'acqua? Quali i punti più critici?
«Esistono documenti ufficiali della maggior potenza mondiali, gli Stati Uniti, che dichiarano esplicitamente che l’acqua dolce da bene percepito come rinnovabile e inesauribile è ormai da alcuni anni da considerare scarso e quindi altamente strategico. In una relazione segreta del 2004, resa nota dal The Guardian, il consigliere del Pentagono Andrew Marshall avvertiva sui pericoli legati al cambiamento climatico sottolineando in particolare la scarsezza dell’acqua potabile e la necessità che gli Stati Uniti agissero per appropriarsi di questo bene nei luoghi di maggior presenza e il più in fretta possibile. Già in precedenza abbiamo riscontri importanti: nel 2003 la rivista Fortune, uno dei totem del business mondiale, scriveva: “L’acqua promette di essere nel secolo XXI ciò fu il petrolio nel XX”. Nel 2000 l’allora vicepresidente della Banca mondiale Ismael Sarageldin dichiarava che “le guerre del secolo che sta iniziando saranno per l’acqua”.

L’Omc, l’Organizzazione mondiale del commercio, attraverso l’"Accordo generale sul commercio in servizi”, introdusse l’obbligo per tutti i paesi membri di aprire alla privatizzazione i settori dei servizi, includendo naturalmente l’accesso all’acqua. Erano i primi passi per cercare di mettere sotto controllo le più importanti riserve idriche del pianeta, intervenendo, attraverso azioni parallele, con progetti scientifici mirati al controllo del bene, con l’acquisto delle concessioni sulla distribuzione, il trattamento e l’immagazzinamento da parte delle multinazionali – sottratti al controllo statale attraverso privatizzazioni e liberalizzazioni-, e, nei casi più delicati, con il dispiegamento di forze militari, o con la destabilizzazione, nelle aree di particolare rilievo strategico».

Su quali basi si possono fare certe affermazioni ?
«I dati acquisiti sono frutto di studi e mappature realizzate da missioni scientifiche e, in maniera specifica, da missioni militari, per quanto riguarda l’America latina principalmente statunitensi, che insieme alla snervante e continua ricerca di fonti energetiche necessarie ad alimentare la macchina industriale e militare della prima potenza mondiale, hanno individuato i punti di accesso e di fragilità, e acquisito dati spesso non resi pubblici, sulle quantità di acqua dolce presente nel continente e nel pianeta. Proprio in base ai dati acquisiti ci sono le dichiarazioni della Cia, l’intelligence degli Usa, che stima nel 2015 l’anno in cui l’accesso all’acqua sarà la maggior causa di conflitti internazionali che coincidono con le stime più recenti che parlano 3,5 miliardi di persone con scarsità nell’accesso all’acqua nel 2025 e il conseguente riattivarsi di operazioni militari nelle aree ricche di fonti energetiche e di riserve idriche.

Uno studio del 2011 del Comando Sud dell’esercito nordamericano (Ussouthcom) sottolinea l’importanza strategica dei Paesi dell’America latina. Abbiamo qui il 26 per cento dell’intera copertura forestale mondiale; se prendiamo in considerazione l’intero continente americano, le stime parlano del 47 per cento di tutte le riserve di acqua potabile (con il 12 per cento della popolazione), mentre nella sola area sud abbiamo bacini tra i più importanti al mondo, l’Orinoco, il Rio de la Plata, il Rio delle Amazzoni, l’acquifero Guaranì, che insieme generano circa un quarto di tutta l’acqua e la prima riserva biotica del pianeta. E proprio in queste aree si concentra l’interesse sulle risorse idriche. La Banca mondiale finanzia nella zona transfrontaliera dell’acquifero Guaranì il “Progetto di protezione ambientale e sviluppo sostenibile” facendone una zona di "interesse" internazionale, la stessa zona è però additata come sede dei più pericolosi traffici illegali e di basi terroristiche legate ad Al Qaeda, facendola diventare un luogo altamente rischioso e facilmente destabilizzabile. In Paraguay, lo Stato più fragile della regione, gli Stati uniti hanno forzato per avere una rilevante presenza militare e per riattivare la base di Mariscal Estigarribia, da dove il controllo dell’acquifero sarebbe semplice, insieme al controllo degli importanti giacimenti di gas del sud della Bolivia».

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