La magia dello Schiaccianoci all’Opera di Roma

Di nuovo in scena “Lo schiaccianoci” di Giuliano Peparini, produzione di vanto dell’Opera di Roma, che lo scorso dicembre ha fatto registrare un grande successo di pubblico e di critica, col teatro sempre esaurito.

Naturale che tornasse in scena anche quest’anno, destinato com’è a diventare un cult natalizio del teatro capitolino. Lo “Schiaccianoci” musicato da Ciajkovskij, ispirato a un bellissimo (e sottilmente torbido) racconto di E.T.A. Hoffmann, nato sulle scene a San Pietroburgo nel 1892 dalla coppia Petipa-Ivanov, è, lo sappiamo, il balletto natalizio per eccellenza, che fa sognare grandi e piccoli.

Quell’impianto scenografico governato dall’emblematico albero natalizio, l’invasione dei giocattoli animati, l’irrompere selvaggio dell’esercito di topi, il bislacco schiaccianoci che si trasforma in principe, l’incanto dei valzer incalzati da incarnazioni di fiori e fiocchi di neve, l’avventura onirica e iniziatica della fanciulla Clara vagante (come Alice) negli intrichi di un sogno popolato da incontri fatati, amorevoli o mostruosi, sono tutte costanti di un archetipo intramontabile. E sono gli stessi ingredienti della versione coreografica di Peparini all’Opera di Roma.

Tra i titoli più rivisitati del repertorio classico, questa ennesima variazione sul tema del coreografo romano, concepito come un viaggio iniziatico della protagonista verso l’età adulta, coi turbamenti adolescenziali dell’innamoramento, ha il suo punto di forza anzitutto nel bellissimo, colorato e cinematografico impianto scenico di videoproiezioni a tutto campo che creano e movimentano luoghi e ambienti. Si passa dall’aristocratica casa dell’inizio dove banchettano uomini e donne importanti, all’innamoramento di Marie col principe sognato, ovvero il nipote del padrino Drosselmeyer, e la fuga sull’ascensore virtuale che li conduce sui tetti di Parigi dove la coppia scoprirà l’altra faccia del loro mondo edulcorato nelle anguste soffitte delle umili cameriere, per poi fuggire inseguiti da miriadi di topi cinematografici capeggiati da due bad boys, due breackers di hip-hop.

 

Il sogno di Marie inizierà da una stanza da letto dentro un enorme cubo fulcro dell’azione, per passare a un salotto decòr dove la coppia assisterà alle danze del divertissement del secondo atto con donne vestite da toreri per la danza spagnola, altre col burqa per quella araba, una Regina delle Nevi molto sexy, giardinieri e bouquet per il Valzer dei Fiori, e cuochi in guanti da boxe modello Hell’s Kitchen. Peparini imprime alla sua colorata coreografia velocità e movimento, facendo danzare tutti e molto, mantenendo quel linguaggio classico della sua formazione, spruzzato di moderno.

Mescola diversi stili, e ci regala un romantico Grand Pas de deux finale – come pure quello appassionato della fine del primo atto che ricorda “Romeo e Giulietta” – grazie alla magnifica coppia Rebecca Bianchi e Michele Satriano. Da ricordare anche Alessio Rezza, nel ruolo del capriccioso e pestifero Francois, fratello di Marie; e Claudio Cocino nei panni di Drosselmeyer, vero e proprio deus ex machina delle avventure oniriche della protagonista.

Direttore David Coleman, scene Lucia D’Angelo e Cristina Querzola, costumi Frédéric Olivier, videografica Gilles Papain, luci Jean- Michel Désiré.

 

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons