La mafia uccide d’estate… e non solo

In Sicilia il 40° anniversario della morte di Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, ucciso 40 anni fa. Tra pochi giorni si ricorderà Rocco Chinnici, l’inventore del “pool antimafia” freddato nel 1983.

L’estate siciliana è costellata da date importanti. Quelle della sua memoria recente. Quella della battaglia intrapresa da uomini dello Stato contro la criminalità organizzata. Uomini che sono stati uccisi. Magistrati, poliziotti, carabinieri, ma anche politici e giornalisti. Cosa Nostra ha eliminato chi ha trovato lungo il suo cammino. Chi indagava e cominciava a scoprire pezzi di una realtà: l’organizzazione della mafia, con i suoi apparati, le sue strutture, le ramificazioni nel territorio, le sue alleanze, ma soprattutto i suoi interessi.

boris-giuliano
Boris Giuliano

La storia della Sicilia va di pari passi con la storia di questi uomini. Che hanno costruito indagini importanti, spesso incomplete. Ieri è stato celebrato l’anniversario dell’omicidio di Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, ucciso il 21 luglio 1979. Nella cittadina dov’era nato, Piazza Armerina, in provincia di Enna, è stata intitolata a lui l’Aula consiliare. Quarant’anno dopo la sua morte, a scoprire la lapide sono stati il presidente della regione, Nello Musumeci ed il sindaco, Nino Cammarata. C’erano anche i familiari del poliziotto ucciso e le autorità. Poste Italiane ha emesso uno speciale annullo filatelico.

Cesare Terranova
Cesare Terranova

Il 25 settembre dello stesso anno sarebbe toccato a Cesare Terranova. Era un magistrato, era stato anche parlamentare del PCI per due legislature, dal 1972 al 1979. Poi aveva deciso di tornare al suo lavoro di magistrato. Era stato nominato consigliere presso la Corte di Appello di Palermo in attesa di essere nominato consigliere istruttore. Proprio per questo venne ucciso. I vertici di Cosa Nostra temevano quell’uomo che, da parlamentare, aveva fatto un lavoro certosino nella Commissione Antimafia e che stava per diventare capo dell’Ufficio Istruzione della Procura di Palermo. Tra i suoi killer ci fu anche Leoluca Bagarella.

Rocco Chinnici
Rocco Chinnici

Morto Terranova, Rocco Chinnici venne nominato capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo Venne ucciso il 29 luglio 1983. Fu il creatore del “pool antimafia”, reso celebre dalle indagini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che, dopo di lui, sarà guidato da Antonino Caponnetto. Si deve a lui la costruzione dell’indagine che sfociò poi nell’ormai celebre maxi-processo di Palermo, che si celebrò nell’aula-bunker dell’Ucciardone.

Gaetano Costa
Gaetano Costa

Prima di lui, il 6 agosto 1980, era stato ucciso il procuratore capo, Gaetano Costa. I killer (rimasti ancora sconosciuti) lo freddarono a pochi metri dalla sua abitazione, mentre stava sfogliando dei libri su una bancarella.

Questi giorni di piena estate, dunque, ripropongono, in rapida successione, gli anniversario dell’uccisione di alcuni magistrati ed investigatori. A cavallo degli anni ‘80, la mafia decise di eliminare, uno dietro l’altro gli uomini che riteneva più pericolosi.

Emanuele Basile
Emanuele Basile

E prima ancora era stato ucciso, il 4 maggio 1980, il capitano dei carabinieri Emanuele Basile, comandante della compagnia dei carabinieri di Monreale. Basile stava indagando sull’omicidio di Boris Giuliano ed aveva consegnato a Paolo Borsellino i risultati delle sue indagini.

Mario D'Aleo
Mario D’Aleo

Tre anni dopo, il 13 giugno 1983, sempre a Monreale, verrà ucciso anche il suo successore, colui che aveva preso il suo posto alla guida della compagnia, il capitano Mario D’Aleo. Le vittime furono tre: i killer freddarono anche l’appuntato Giuseppe Bommarito e l’ex autista di Basile, Pietro Morici.

Carlo Alberto Dalla Chiesa
Carlo Alberto Dalla Chiesa

Il 3 settembre è la data che ricorderà, 37 anni dopo, l’omicidio del prefetto di Palermo, già generale dei carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, e della giovane moglie, Emanuela Setti Carraro. Si erano sposati appena 54 giorni prima. Era il 1982. Dalla Chiesa aveva chiesto con insistenza poteri speciali per poter svolgere il suo ruolo in Sicilia. Era già stato in Sicilia da carabiniere, da giovane capitano a Monreale e poi da generale. Conosceva il nemico che doveva combattere. Voleva e chiedeva i mezzi per farlo. Quattro mesi prima, il 30 aprile 1982, era stato ucciso anche il parlamentare del Pci Pio La Torre, segretario del partito nell’isola.

Pio La Torre
Pio La Torre

Solo dopo quelle morti, venne approvata la legge Rognoni – La Torre, che introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis). Prima, nella legislazione italiana, il reato di mafia non esisteva. Ed i magistrati non avevano le misure per combatterla. Per la prima volta, vennero previste anche delle misure patrimoniali (sequestri, confische) per perseguire i patrimoni accumulati in maniera illecita. I patrimoni dei mafiosi. Per la prima volta si cominciò a guardare anche agli appalti, alle alleanze elettorali, alle ricchissime concessioni. A ciò che apparentemente sembrava legale e che invece permetteva gli arricchimenti illegali. La legge porta la data del 13 settembre 1982. Quattro mesi dopo la morte di Pio la Torre. Dieci giorni dopo la morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa che, a lungo, aveva chiesto che quella legge venisse approvata.

Non serve parafrasare il film «La mafia uccide solo d’estate» per ricordare il sacrificio di alcuni fedeli servitori dello Stato, che cercarono di combattere la mafia, forse senza averne i mezzi e senza avere il sostegno pieno di altre parti dello Stato.

L’estate …. ma non solo quella, in Sicilia è costellata di date ed anniversari. Le date, forse, sono solo una fortuita coincidenza. Ma servono a ricordare, anche sotto l’ombrellone, che sul fronte dell’antimafia troppi uomini e donne hanno sacrificato la loro vita. Sono stati uccisi. Ma soprattutto hanno vissuto sapendo che rischiavano di morire ogni giorno. La mafia, in Sicilia, non è stata definitivamente sconfitta. Ha subito colpi pesanti. Si è rigenerata, si è trasformata. Talvolta ha assunto persino il volto dell’antimafia.

Oggi, la battaglia si combatte su altri fronti, senza dimenticare quelli aperti 40 anni fa.

 

 

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