La Macedonia è greca?

Manifestazioni ad Atene e a Salonicco contro il tentativo di accordo sul nome del Paese confinante. I greci, infatti, non accettano che lo Stato balcanico, già membro della ex Jugoslavia, si chiami come la regione ellenica posta proprio al confine. La gente teme rivendicazioni territoriali, mentre Stati Uniti e Unione europea sollecitano un accordo tra i due Paesi.

L’iniziale ottimismo su un’intesa tra l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e la Grecia dopo 26 anni di contenzioso sul nome dello Stato che ha come capitale Skopie, è stato “cancellato” dalle grandi manifestazioni di Salonicco e Atene che non erano guidate dai nazionalisti, ma completamente spontanee.

Alla manifestazione ha partecipato gente di tutti i partiti, di tutte le età e con un unico motto: «La Macedonia è greca». Sotto questo slogan, è apparsa evidente la scarsa fiducia che i greci hanno nei politici che hanno commesso degli errori in passato e che ora non credono che il governo Syriza sia capace di risolvere il nodo politico.

Prima della manifestazione di Salonicco sembrava che tutto andasse liscio e che ci fosse un accordo tra quasi tutti i partiti su una soluzione-compromesso circa la questione del nome. Il nuovo governo della Fyrom (Former Yugoslav Republic of Macedonia, sigla con cui viene anche chiamata la Repubblica di Macedonia) sembrava avanzare nuove aperture, almeno a parole. Le pressioni verso tutti e due i Paesi, provenienti dagli Stati Uniti, sono forti, visto il desiderio degli Usa di far aderire la Fyrom alla Nato entro giugno. La manifestazione spontanea di Salonicco ha tuttavia cambiato completamentele cose, e ha fatto sì che i partiti cambiassero le loro posizioni, ovviamente per motivi e considerazioni elettorali.

La manifestazione di Atene, avvenuta una settimana dopo quella di Salonicco e ugualmente spontanea, ha provocato maggior disagio ai partiti e al governo. Ormai è chiaro che la popolazione non vuole un compromesso sul nome, non solo e non tanto per il nome in sé, ma per la paura di pretese territoriali da parte della Fyrom, come in effetti richiede la costituzione del Paese. Una soluzione chiara, secondo i greci, richiederebbe non solo un compromesso sul nome, ma una revisione della costituzione del Paese limitrofo, il che appare molto difficile da realizzare, anche perché il governo Zaev, al potere a Skopje, non ha i numeri per un cambiamento del genere.

A Skopje si parla in effetti della necessità di un referendum per cambiarla. Anche ad Atene la situazione è assai complicata, perché ormai più partiti sono contrari a un’intesa, come contraria è pure la Chiesa greco ortodossa. Per il premier Tsipras la situazione è ancora più imbarazzante, visto che dovrebbe convincere Panos Kammenos, l’indispensabile partner di minoranza, che si oppone all’accordo.

Vari analisti vedono nella reazione della gente una profonda sfiducia verso tutti i politici e verso il governo, nel senso che non credono che il Premier possa negoziare e concludere un accordo senza onerosi compromessi. Intanto gli Stati Uniti aumentano le pressioni sui due Paesi al fine di includere la Fyrom nella Nato, mentre la Ue aumenta lo sforzo diplomatico per portarla nella Ue (finora la Grecia ha bloccato tutte e due le adesioni)… Il dossier non ha soluzioni semplici.

 

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