La leggerezza mai banale di Canonico

Una serie televisiva ambientata in una parrocchia che attraverso un linguaggio semplice invita lo spettatore a riflettere sulla vita. Il protagonista è don Michele, sacerdote appena tornato da una missione in Sud America.
Fonte: Tv2000

Anche Tv2000 apre alla serialità televisiva: lo fa con un progetto – il primo di questo tipo per l’emittente della Cei – in onda da martedì 14 dicembre tutti i giorni alle 19:30, dal lunedì al venerdì. Sono in tutto venti le puntate (da 20 minuti ciascuna) racchiuse nel titolo Canonico, tutte dirette da Beppe Toia e prodotte dalla casa di produzione Map to the stars.

Il protagonista è Michele La Ginestra nei panni di un sacerdote dinamico e umile, solare e in ascolto, umano tra gli umani: si chiama Don Michele ed è stato missionario in Sud America; prima ancora ha fatto il pilota di aerei e ora è il parroco di una comunità come tante, senza una connotazione geografica particolare, anche se la perpetua (scelta da don Michele perché bisognosa di aiuto, anche se per niente brava a cucinare) ha un colorito accento campano e il vice parroco si definisce di “origine immigrata”. Un segnale chiaro, quest’ultimo – attraverso questa piccola battuta – sia di un buon rapporto di Canonico con l’ironia che con un presente complesso cercato, osservato, affrontato da questa serie delicata ma tutt’altro che superficiale, costruita con una sorta di gradevole morbidezza densa.

Fonte: Tv2000

Si parla di migranti, di rifugiati, di tanti altri temi attuali senza dimenticare i problemi che da sempre avvolgono l’uomo. Lo si fa attraverso le (diverse) storie che una dopo l’altra, puntata dopo puntata, bussano alle porte di questa piccola parrocchia nel verde, si affacciano più o meno timidamente nel suo spazio accogliente non solo visivamente. Si, perché per don Michele dare casa, ospitalità, annullare la parola straniero, accogliere, appunto, è il principio locomotiva, il più importante di tutti, e per questo, da subito, egli decide che le porte della chiesa debbano rimanere – simbolicamente e non solo  – sempre aperte: così è più facile intercettare le persone, ascoltare le loro paure, i loro problemi, persino i loro pregiudizi; provocare quell’incontro fertile qui narrato con una leggerezza mai sinonimo di banalità. Semmai di vita, fatta com’è di diversi momenti da ridere, gioiosi, in mezzo ad altri niente affatto comici.

Tra queste onde, tra le curve del sorriso e della serietà, dove non manca spazio per i sentimenti, si muove Canonico, col suo tepore e suoi colori luminosi, fedele al suo paesaggio astratto funzionale ad abbracciare diverse latitudini, ad essere compatibile con diversi contesti, a parlare di cosa ogni parrocchia è (i problemi, le cose da fare, il quotidiano lavoro di un sacerdote) e di come deve essere per accompagnare, sostenere, nutrire, far crescere davvero le persone. Si sorride in Canonico, ci si rilassa, anche, per la bonarietà dei personaggi, alcuni sottilmente stralunati, ma intanto, dalla sua atmosfera un po’ sospesa si possono raccogliere consigli preziosi e ripassare la bellezza, l’eterna attualità, l’invincibile utilità del cristianesimo. Viene ricordato come le cose importanti si costruiscano attraverso il lavoro insieme e con l’impegno: don Michele parla di “competenza, professionalità e tempo”, come basi per ristrutturare, aggiustare cio che è bello ma che per scarsa manutenzione ha smesso di funzionare bene. La metafora, che passa per la fontana della parrocchia, vuole arrivare alla vita di ognuno di noi e si associa a un’altra, espressa sempre da don Michele, da ex pilota qual è, relativa all’immagine dell’aeroporto come spazio che accoglie il viandante durante il suo viaggio.

Dice tante cose, insomma, questo sacerdote senza superpoteri investigativi ma con una realistica dedizione per la sua missione. Usa parole semplici e tutte convergenti nell’attenzione per il prossimo, per l’altro. Su questo ha le idee chiare, don Michele, che non segue le indagini e non arriva alla verità giudiziaria prima dei carabinieri, ma ama anch’egli, al pari del suo popolare omologo, la bicicletta. E le verità di cui parla, quelle che esprime con colloquiale dolcezza, non sono destinate alla soluzione del giallo, ma ad offrire memoria e indicazione a tutti noi sulle direzioni giuste da prendere. Per questo la semplicità di Canonico è vincente, e l’esperimento di TV 2000, almeno per quanto visto finora, può dirsi pienamente riuscito.

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