La grande fuga dalle prigioni

Il grande carcere Makala, il più vasto e sovraffollato della capitale Kinshasa, è stato attaccato la settimana scorsa da un gruppo armato i cui membri rivendicano di essere partigiani di un « guru » incarcerato qualche mese fa.

Alcuni membri della setta separatista cristiana Bundu dia KongoRegno del Congo» in kikongo, o BDK) mercoledì 17 maggio hanno attaccato il carcere il cui il loro capo, il parlamentare e profeta autoproclamato Ne Muanda Nsemi, era stato recluso. Secondo quanto annunciato da un portavoce del governo, hanno liberato lui e una cinquantina di altri detenuti.

Ma il bilancio sarebbe ancora più grave. Secondo alcune fonti, i detenuti che mancano all’appello a Makala sarebbero 3300 su 8 mila. A tale cifra bisogna aggiungere le donne e i minorenni. «Su 155 detenute, 151 sono evase. E su 302 minori, mercoledì sera non ne rimanevano che 165».

I ribelli, armati pesantemente, hanno attaccato Makala alle 3 del mattino. I guardiani non hanno potuto fare nulla, e molti sono rimasti uccisi. Il commando «ha aperto le celle di undici padiglioni della prigione», ci ha confermato u testimone, e bande intere di detenuti si sono subito dati alla fuga.

Diversi settori sensibili della prigione sono stati incendiati, come l’ufficio di polizia, quello del direttore, nonché tutti i veicoli parcheggiati all’interno.

All’indomani dell’attacco, a Kinshasa regnava l’inquietudine. Tra le migliaia di evasi ci sono infatti autentici criminali, e giovani molto violenti. Di fronte a questa situazione, il portavoce della polizia ha pubblicato un comunicato in cui si affermava, senza grande precisione, che «molte persone pericolose e autori di crimini aberranti si sono volatilizzati nella foresta».

Il capo del BDK, fondato negli anni Ottanta, era stato arrestato nel marzo scorso in seguito a violenti scontri tra i suoi sostenitori e le forze di sicurezza. Originario del Congo centrale e deputato di Kinshasa, Ne Muanda Nsemi aveva lanciato via internet un appello all’insurrezione contro il potere di Joseph Kabila, di cui nega la nazionalità congolese. Era stato perseguito insieme ad altri per «offesa contro il Capo dello Stato, incitazione all’odio tribale, provocazione alla disobbedienza civile». Era in attesa del processo.

Da qualche mese, numerosi focolai di violenza destabilizzano il Paese. Nel Kasaï, al centro della Repubblica, Kinshasa combatte la ribellione Kamwina Nsapu. Secondo il regime, da settembre almeno 400 persone sarebbero rimaste uccise, di cui 67 tra poliziotti e militari.

Bundu Dia Kongo si batte per la restaurazione del regno Kongo, che ha avuto il suo apogeo nel XVI° secolo e la cui autorità di estendeva sull’attuale Congo centrale e alcuni territori oggi appartenenti all’Angola, al Congo Brazzaville e al Gabon.

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