La gioia del Vangelo

La lettera del Papa è un dono alla Chiesa e ai cristiani dove si aprono orizzonti spirituali e sociali nel nome della buona novella, dove casa, accoglienza, annuncio e ferite diventano parole e azioni di una evangelizzazione nuova
Udienza di papa Francesco

Papa Francesco ci sorprende con questa esortazione apostolica, dove indica le linee essenziali di questo pontificato. Innanzi tutto il titolo. Nel tempo dell’amarezza, della stanchezza, dell’approccio burocratico alla vita religiosa Evangelii gaudium pone con forza la gioia del Vangelo come il mistero del cuore e della vita di coloro che si incontrano con Gesù. Già la Gaudium et spes parlava delle gioie, delle speranze, delle angosce e delle tristezze degli uomini, ma qui c’è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana.

Il papa richiama i fedeli, compreso se stesso, al rinnovamento spirituale, alla conversione pastorale, all’essere agìti da Dio e non attori di quarta fila e ha una parola per tutti, perchè tutti incontrino Gesù.

L’esortazione apostolica ordinariamente è una sintesi dei sinodi e questa doveva riguardare quello sulla nuova evangelizzazione ma Francesco va oltre e traccia il suo programma apostolico dedicando i primi quindici articoli ad una meditazione sul mistero della gioia nell’antico e nel nuovo testamento. In un tempo difficile cambia registro. Critica i cristiani, «che sembrano avere uno stile di quaresima senza pasqua» e afferma con nettezza che «poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi come una segreta e ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie». Ecco il nuovo orizzonte spirituale che il vescovo di Roma chiede alla sua chiesa. Dunque non una nuova evangelizzazione ma un’evangelizzazione sempre nuova, scandita dall’incontro con  Gesù  risorto, con la sua gioia e la sua tenerezza.

Egli provoca i credenti ad essere chiesa in uscita, una «chiesa che esca ad annunciare il vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni; senza indugio,senza repulsione,senza paura. La gioia del Vangelo per tutto il popolo non può escludere nessuno» (23).

Ecco, poi, i verbi di questa chiesa dell’annuncio e dell’incontro: prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare. Sono tutti verbi di movimento. «La comunità evangelizzatrice immette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo» (24).

Il papa, parlando in prima persona, dice: «sogno una scelta missionaria, capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari ,il linguaggio e ogni struttura  ecclesiale  diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale. (…) La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino sempre più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia».

La conversione e il rinnovamento toccano la parrocchia, ma anche i movimenti e le nuove comunità: ognuno con la sua missione, il suo carisma, la sua vocazione. Papa Francesco chiede ai movimenti una maggiore integrazione con le parrocchie, in modo che tutti possano partecipare alla pastorale della chiesa locale. Il centro è il vangelo che tutti alimenta e tutti rinnova, sotto la guida del vescovo.

L’articolo 32 appare sorprendente. Papa Francesco scrive: «Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare ad una conversione del papato. A me spetta, come vescovo di Roma rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele  al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali della evangelizzazione. Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della chiesa universale hanno bisogno  di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale».

Qui si apre tutto il capitolo del governo della chiesa, delle conferenze episcopali, dei sinodi consultivi e deliberativi. Il papa in questo intende rifiutare il detto comune: «si è sempre fatto così». È difficile valutare quello che intende fare nel breve e medio periodo, ma la questione della riforma della Curia e della Chiesa è posto in tutta la sua forza..

In questa ricerca di essenzialità sul vangelo,viene ripreso il criterio della gerarchia delle verità. Papa Francesco fa sua la distinzione di papa Giovanni tra la «sostanza e la  maniera di formulare  la sua espressione». «La sfida dell’inculturazione del vangelo passa da qui, evitando i fissismi dei profeti di sventura, tesi a condannare il passato e negandosi cosi il discernimento spirituale del presente».

Egli prefigura, poi, una chiesa dal cuore aperto: «La chiesa in uscita è una chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo  senza una direzione e senza un senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà  per guardare gli occhi e ascoltare, rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figliolo prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà» (47). Al contrario «di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la chiesa non è una dogana, è la casa paterna, dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».

Questa è la parte più teologica e spirituale del testo, dove l’impronta del papa è di tutta evidenza nello stile e nel linguaggio spirituale. Poi c’è una parte sulle grandi sfide economiche, finanziarie e culturali, dove vengono squadernate le questioni che interpellano il futuro del mondo e al tempo stesso si tocca il tema della mondanità della chiesa, tipico del pensiero di Francesco dove si rifiuta nuovamente l’accidia,la paura il pessimismo, il chiacchiericcio polemico e sterile

Nel terzo capitolo si tocca l’annuncio del vangelo, dove c’è una parte non breve dedicata all’omelia e dunque al rapporto del vescovo, del prete, del cristiano con la liturgia e con la parola di Dio. E’ la pratica quotidiana di papa Francesco a santa Marta. Nell’esortazione apostolica non da lezioni dall’alto su come fare l’omelia, ma racconta il suo percorso quotidiano di vescovo, chiamato a spezzare la parola con il suo popolo e i suoi figli: non una dottrina, ma la storia di ogni giorno e di tutti i giorni davanti a Dio e ai fratelli.

La dimensione sociale dell’evangelizzazione occupa il quarto capitolo. Si toccano due temi: i poveri e la pace. Il primo soprattutto è toccato con grandissima forza spirituale e messianica e porta a compimento le parole di Roncalli: «in faccia ai paesi sottosviluppati la chiesa è e vuole essere la chiesa di tutti e in particolare la chiesa dei poveri».

Con questa esortazione papa Francesco ha fatto un grande regalo alla sua chiesa: l’ha chiamata a seguirlo sulle vie del vangelo che poi sono quelle della storia di una umanità sofferente e affaticata.

Non ha parlato secondo principi e dottrine,  ma con le parole semplici delle scritture,che sono le parole della misericordia della conversione e del perdono. Il vangelo e nient’altro dunque, dove i nostri pesi di pigrizia, di ricerca del potere, di esibizione religiosa sono messi in evidenza, ma non diventano schiaccianti. Questa è la sua ricetta  per sé e per tutti. Lungo questa via, se saremo obbedienti alla Parola e alla storia, i poveri ci riconosceranno e verranno a casa nostra come casa loro.

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