La crescita biopsicosociale del bambino

Sono padre di tre figli di età tra 6 mesi e i 5 anni. Recentemente un suo intervento sulla salute del bambino, in cui ho recepito il concetto che la salute fisica e la crescita armoniosa del bambino sono influenzati da un ambiente familiare positivo e da relazioni interpersonali calde. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più sull’argomento. Guido – La Spezia Nell’esperienza vitale dell’uomo vi è u n ‘ i n t e r a z i o n e profonda tra inclinazione genetica ed esperienza ambientale. Che gli stili di vita condizionino la stessa biologia è ampiamente dimostrato. Un esempio tipico sono le cosiddette malattie multifattoriali: patologie che, pur avendo la tendenza a manifestarsi nell’ambito dello stesso nucleo familiare (vi è quindi una predisposizione genetica) si realizzeranno realmente solo se le condizioni esterne lo favoriranno. Così avviene, ad esempio, per alcune forme di diabete (favorito dall’obesità, dagli eccessi alimentari, ecc.. ), di ipertensione (favorite da stress, vita sedentaria, fumo, ecc… ) di patologie polmonari (favorite da inquinamento, fumo, ecc…). Nell’ottica della lettura multifattoriale delle patologie, gli studi più recenti evidenziano come la condizione psicologica dell’individuo e in modo particolare la possibilità di sviluppare relazioni interpersonali valide e gratificanti siano un fattore di salute spesso determinante. Queste scoperte hanno un’implicazione che ci coinvolge tutti: ciascuno di noi è protagonista, oltre che verso la propria salute, anche nel contribuire alla salute di coloro con cui si è in relazione . Un esempio drammatico di questa affermazione è in una patologia che colpiva frequentemente i bambini accuditi in alcuni orfanotrofi dell’ Est europeo. Avveniva infatti che, per tutta una serie di motivi, il neonato orfano veniva di fatto cresciuto in culla, alimentato con un biberon appoggiato al cuscino, cambiato dei panni sporchi quando indispensabile ma quasi mai preso in braccio o coccolato o accarezzato, quindi complessivamente privato di relazioni calde. In questa situazione si osservava una mancata crescita del bambino sia sul piano psichico (con danni nelle funzioni intellettive e motorie, mai più recuperabili ) ma anche su quello fisico (quindi anche in peso, statura, ecc… ). Non vi è quindi salute biologica senza relazione: il bambino ce lo insegna chiaramente e sempre più la scienza ce lo dimostra anche nell’adulto. Ci si introduce così al concetto: io per l’altro e l’altro per me siamo fonte di salute (se c’è amore) o di patologia (se c’è egoismo, disinteresse). E che l’altro sia per me fonte di salute a volte vuol dire che l’altro mi aiuta a crescere, a non ammalarmi o a guarire, ma anche può significare che con l’altro trovo il coraggio di vivere con serenità e come dono la mia malattia incurabile o anche la mia morte. S c o p r i r e l’importanza della relazione per la salute (per il bambino, ma non solo), sottolinea la necessità che si sviluppi la cultura e la pratica di una medicina centrata non sulla patologia ma sulla persona. In questa visione vi è tanto di nuovo: significa affermare che bisogna rivedere la formazione del medico e dei sanitari (ai quali si insegna ad intercettare la patologia ma non a sviluppare salute!), ma anche la strutturazione degli ospedali (l’umanizzazione delle cure non più come optional) e in definitiva l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale.

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