La biologia (artificiale) del futuro

Inserita in una cellula una sequenza di geni programmata al computer. Prospettive straordinarie e qualche preoccupazione.
Craig Venter

Alla fine la notizia attesa, o temuta a seconda dei punti di vista, è arrivata. Craig Venter, il geniale e spregiudicato imprenditore “scienziato” milionario, ha ancora una volta bruciato sul tempo i ricercatori di tutto il mondo. Con la tenacia e l’inventiva che lo contraddistinguono, dopo anni di tentativi è riuscito a togliere da una cellula il Dna, cioè la sequenza di geni che ne controlla le attività, scomporlo nei suoi componenti elementari, rimontarlo, come con un Lego, in una sequenza diversa modellata al computer, aggiungendo anche qualcosa di nuovo, e infine reinserirlo al suo posto. La cellula ha quindi iniziato ad eseguire le istruzioni del nuovo Dna, riproducendosi normalmente.

Un grande risultato: finora, con la cosiddetta ingegneria genetica, si cercava faticosamente e con scarsi risultati di sostituire un singolo gene per volta nel Dna di una cellula, con tutte le limitazioni date dalla struttura pre-esistente. Qui si cambia completamente approccio, si parte da zero. Venter si è chiesto infatti quali fossero i geni indispensabili per la vita di una cellula, la struttura minima. Una volta identificata questa sequenza di base, ha cominciato ad aggiungere altri geni, a sua scelta, per ottenere questo o quel risultato. Per far vedere che ne era capace, nell’esperimento presentato sulla rivista internazionale Science, ha aggiunto un gene che colora la cellula di blu.

In pratica, Venter ha messo a punto un metodo per sintetizzare oggi cellule, domani microrganismi, dopodomani alghe, capaci di eseguire compiti predefiniti, come per esempio ripulire il mare dal petrolio, produrre farmaci e così via. Una microscopica fabbrica altamente efficiente e replicabile a volontà con spesa minima. Il sogno di qualsiasi imprenditore e una grande risorsa a disposizione dell’umanità, speriamo. Tra l’altro, per evitare contaminazioni involontarie nell’ambiente, Venter ha tolto alla cellula i geni che la rendevano capace di sopravvivere al di fuori del laboratorio.

 

Naturalmente questo è solo il primo piccolo (enorme) passo, da confermare. La possibilità di crescere poi nelle dimensioni degli organismi artificiali costruiti dall’uomo è ancora tutta da dimostrare: già la singola cellula è estremamente complessa, e ne capiamo solo una piccola parte, figuriamoci gli organismi di livello superiore. Ma la scienza, e ancor più la tecnologia, hanno sempre progredito per tentativi ed errori, quindi la strada è ormai aperta.

Mentre aspettiamo le conferme, è abbastanza inutile discutere se Venter abbia o no “creato” nuova vita. Sicuramente l’imprenditore americano ha manipolato la vita, mettendo a punto la tecnica per ottenere organismi artificiali ingegnerizzati tramite modellazione al computer. L’ha fatto usando bioinformatica e biologia sintetica, le due discipline di punta oggi nella ricerca, ma chiuso nel segreto del suo laboratorio, senza l’apertura che normalmente contraddistingue la ricerca di base nel mondo scientifico. E già questo pone, fin dall’inizio, interrogativi concreti sul futuro.

Quello che dovremmo discutere pubblicamente, quindi, sono i possibili utilizzi di questa tecnica: per esempio ripulire l’atmosfera dalla CO2 in eccesso, produrre metano, filtrare e trasformare in combustibile i rifiuti. Ma anche costruire vaccini sicuri. O progettare microbi artificiali capaci di eseguire compiti complessi nel nostro corpo. Ci sono naturalmente anche i possibili usi negativi, come organismi artificiali per usi militari, o strambi aggregati cellulari rilasciati nell’ambiente, senza controllo, dal pazzoide di turno. O brevetti che escludano dai vantaggi i Paesi in via di sviluppo.

Come per qualsiasi altra attività dell’uomo, anche questa andrà regolamentata con saggezza e buon senso, in modo da poter beneficiare, tutti, dei suoi effetti positivi, riducendo al minimo quelli negativi.

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