I pericoli della Balena Blu

Fa clamore un "gioco" estremo partito dalla Russia - di cui qualcuno mette in dubbio l'esistenza - che si concluderebbe col suicidio dei giovani partecipanti. Un'occasione per riflettere su come "allenare lo sguardo" verso i giovani e creare nuove relazioni tra questi e gli adulti
Una (reale) balena blu

Oggi pensavo di fare le mie attività così come previsto da progetto, ma sono stata accolta da una classe (ragazzi di 14 anni) con domande angoscianti. «Conosce il gioco blue whale?»

Il gioco dei suicidi partito dalla Russia sembra stia girando il mondo fino all’Italia. Si chiama “Blue Whale”, “Balena Blu” si tratta di un “gioco” online nato qualche anno fa su Vkontakte – social network diffuso in Russia – da un’idea degli amministratori del gruppo “f57”, attualmente in carcere con l’accusa di istigazione al suicidio. Il gioco non ha nessuna connessione con le balene, se non per il fatto che prende il nome dallo strano fenomeno che porta alcune balene a spiaggiarsi da sole per poi morire.

Una ragazza mi dice: «Una mia amica ci ha provato…in Italia ne sono morti 3». «Ma come è pensabile che qualcuno ti fa uccidere e ti costringa a tagliarti e fare tutte quelle cose». Un’altra arrabbiata mi dice: «Ma come è possibile che un uomo si inventi una cosa così brutta?». Ancora un’altra voce che arriva come un pugno allo stomaco: «Ho paura che qualcuno mi costringa a farlo!» E poi, «mio fratello che è piccolo potrebbe cascarci».

Queste alcune delle riflessioni e paure di adolescenti che non riescono a darsi pace. Una mancanza di senso di fronte a tale orrore tocca tutti i ragazzi, anche quelli che apparentemente si ritirano nel loro angolo e non vogliono scocciature sentono che quell’argomento li coinvolge; ragazzi come loro volati dai tetti nel vuoto. Accanto alla loro indignazione, alla paura c’era anche tanta curiosità: «Vorrei provarlo…e poi posso interrompere?». I curatori del gioco li obbligano a inviare le prove via video e foto dei 50 esercizi tra cui tagli nel corpo, visione di film horror nel cuore della notte, fino all’ultima prova: lanciarsi dal tetto del palazzo più alto della città.

Sappiamo bene che internet è pieno di opportunità di qualsiasi genere. Come adulti siamo in dovere di supervisionare le attività dei ragazzi senza invadenza, ma con attenzione. Sembra che una tecnica sia quella degli hashtag: i ragazzi che hanno accesso ai social network utilizzano una serie di hashtag come “balena blu”, “mare di balene”, “f57”, “voglio giocare”, “svegliami alle 4:20”, che consentono di essere individuati dagli organizzatori del gioco, i quali a volte adescano personalmente i potenziali giocatori. Quindi questo può essere un primo segnale d’allarme.

Anche quando sembra impossibile, la balena blu in un momento di fragilità può diventare amica dei nostri ragazzi. Il protocollo del gioco è un vero proprio allenamento all’autodistruttività attraverso strumenti e messaggi manipolativi. Filipp Budejkin, arrestato lo scorso novembre, ha affermato di avere creato il gioco della Balena Blu per separare la “gente normale” da coloro che ha definito “immeritevoli rifiuti biologici”. Questa purificazione della specie mi fa sorgere ricordi storici: cambiano gli strumenti, ma l’obiettivo è similare. Non ci addentriamo in questo momento sulle cause che possano generare questo tipo di creatività negli autori del gioco, che possono andare dalla psicopatologia alla malvagità, ad una cultura nichilista, ma la cosa su cui vorrei porre l’attenzione sono i ragazzi.

Come adulti possiamo generare contesti di prevenzione, relazioni e “tempi” che abbiano una funzione protettiva. Possiamo osservare i loro comportamenti in modo amorevole e non indagatorio, guardare sotto le felpe o le fasciature delle braccia cosa si nasconde, ma soprattutto far sentire che c’è qualcuno su cui possono contare. Nelle classi, spesso, alla domanda se hanno una persona adulta di riferimento di cui si fidano, purtroppo non sempre dai ragazzi si ottengono risposte positive. In adolescenza quando il volume della musica aumenta, le porte si sbattono, le rinunce a qualsiasi impegno scolastico o sportivo si moltiplicano non possiamo darci per vinti. Non possiamo aspettare che l’adolescenza passi, perché non ci fa comodo, ci stressa, ci fa scatenare un enorme disorientamento. Possiamo scoprire cosa c’è dietro quell’opposizione, cosa si nasconde in quello sguardo spento e arrabbiato, quali sono quelle passioni dimenticate o quei valori che ancora toccano le corde della coscienza in costruzione.

Alleniamo lo sguardo, fermiamoci e guardiamo negli occhi, facciamo sentire il calore umano che non si dimentica. A volte noi adulti siamo tentati di scappare dal quel sentirci “inadeguati” e “rifiutati”.

Anche quando sembra che nulla stia cambiando, se manteniamo la nostra attenzione su di loro valorizzandoli si sentiranno “visti”, se scorgeranno che qualcuno crede in loro, qualcosa cambia. Una responsabilità che sento molto forte è non solo condannare chi uccide, non solo proteggere i ragazzi e tenerli se necessario sotto controllo, ma anche portare una cultura della “vita”.

Mi piacerebbe lanciare un nuovo gioco online per i teenager. Le prime prove possono essere:

– mettiti nei panni dei tuoi compagni di scuola, scegline uno e prova a renderlo felice con un gesto concreto;

– individua tre persone adulte particolarmente importanti, di cui ti fidi e comunicalo con un whatsapp.

Per le prossime 48 prove dovrete aspettare, le creerò insieme a loro!

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons