Insieme per la vita e per un domani di pace

Sono passate ormai alcune settimane dal controverso discorso di papa Benedetto XVI all’università di Ratisbona, giorni nei quali si è alzato un polverone mediatico di grandi proporzioni, con evidenti intenti strumentali, ma anche con sincera preoccupazione per i facili fraintendimenti delle parole del papa. L’incidente, per così dire, si va ridimensionando.Ma c’era da recuperare uno spazio per il dialogo che pare compromesso, ed ecco l’incontro a Castelgandolfo del pontefice con 22 rappresentanti diplomatici dei Paesi di religione prevalentemente musulmana, nonché di 17 esponenti dell’Islam italiano. Forse formalmente un po’ tesi all’inizio, gli invitati musulmani sono stati subito coinvolti dalla accoglienza affabile del papa che, fuori dal protocollo, si è fatto loro incontro per stringere la mano a ciascuno. Il dialogo riparte da qui, con spontaneità e chiarezza, perché il dialogo interreligioso e interculturale – ha affermato il papa – costituisce una necessità per costruire insieme il mondo di pace e di fraternità ardentemente auspicato da tutti gli uomini di buona volontà. E ha continuato sottolineando quanto sia necessario che, fedeli agli insegnamenti delle loro rispettive tradizioni religiose, cristiani e musulmani imparino a lavorare insieme, come già avviene in diverse comuni esperienze, per evitare ogni forma di intolleranza ed opporsi a ogni manifestazione di violenza. Citando poi Giovanni Paolo II nel discorso ai giovani di Casablanca, in Marocco, ha rivendicato la reciprocità, soprattutto per quanto riguarda le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa, favorendo con ciò la pace e l’intesa tra i popoli. I commenti fatti alla stampa dai presenti sono assai positivi e ancor più lo sono quelli di tanti autorevoli commentatori del mondo islamico, anche se si debbono riscontrare voci discordanti. Intervistato da la Repubblica, Tariq Ramadan, considerato da tanti l’intellettuale islamico più influente d’Europa, polemizza con chi ha tentato di profittare del caso per trasformarlo in uno scontro di civiltà che non esiste se non nei desideri di politici e opinionisti in malafede. Certi governi – chiarisce – strumentalizzano episodi del genere per lasciare sfogare frustrazioni popolari sincere, ma accumulate per tutt’altri motivi (…) e danno l’impressione che nell’Islam non si dibatta, ma si dia in escandescenze passando subito alle minacce. Dunque bisognerebbe parlare di un felice incidente, e molti già lo fanno, riconoscendo che la inderogabilità del dialogo viene da tante parti riproposta e già va percorrendo nuove strade. Discorsi di carattere religioso, o anche soltanto squisitamente culturali, si possono avviare, ben più fascinosi che le recenti polemiche; e già si stanno avviando, nei confronti dell’Europa in particolare, ma anche degli altri continenti. L’incidente di Ratisbona, si è sentito dire, può trasformarsi in un’occasione perché anche l’Europa riconosca il contributo del razionalismo islamico alla propria identità. L’Islam non è solo sabbia, petrolio e fanatismo, come taluni vorrebbero far credere. Esiste davvero, dunque, un Islam che non fa paura, come ha testimoniato, anche di recente, e più volte, con interviste e reportage questa rivista. Forse la sua voce è timida, ma non è certo aiutato ad esprimersi da prove di forza. Del resto, l’invito del papa, ben al di sopra delle polemiche, è stato quello di sentirsi insieme chiamati a difendere la vita e a costruire un domani di pace.

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