Inflazione da avidità?

La scienza economica è un terreno di competizione fra idee diverse. Per combattere il rischio della recessione che colpisce i più poveri non bastano le antiche ricette monetariste. Tracce di un dibattito in corso
Inflazione. Foto La Presse

Lo sperimentiamo quando andiamo a fare la spesa: dopo oltre mezzo secolo, è tornata l’inflazione. I più anziani di noi ricordano i turbolenti anni ’70 del secolo scorso, quando l’inflazione a due cifre venne combattuta con politiche monetarie molto aggressive – la ricetta Volcker – tanto da provocare una violenta recessione dell’economia mondiale, con costi sociali enormi.

Ora ci troviamo con una situazione oggettivamente meno drammatica, per la quale viene riproposto lo stesso rimedio: le banche centrali, l’americana FED e l’europea BCE che, come bravi pompieri cercano di  mettere sotto controllo la fiammata dei prezzi raffreddando l’intera economia con l’aumento dei tassi di interesse, con il rischio di contribuire alla recessione come paventa la Commissione Europea.

D’altro canto la stabilità dei prezzi è il mandato unico della Banca centrale europea che risente, nei suoi presupposti fondativi, di quella tragedia collettiva che è stata l’iperinflazione della Repubblica di Weimar. Nel 1923 un abnorme aumento dei prezzi costringeva i tedeschi ad acquistare beni di prima necessità come il pane con borse piene di banconote.

Fin dalle origini, la scienza economica è un terreno di competizione fra idee diverse, di dibattito fra gli studiosi sul rapporto fra attività economica, prezzi e politiche pubbliche.

E l’inflazione in particolare è un tema sul quale gli economisti si accapigliano da almeno un secolo. Motivo principale del contendere è la natura dell’inflazione – fenomeno solo monetario o anche altro?-, che ha poi come conseguenza quali siano gli strumenti migliori per gestirla.

Fra i numerosi studi di fresca pubblicazione, quello di Francesco SaracenoOltre le banche centrali, Inflazione, disuguaglianze e politiche economiche  Luiss University press appare interessante nella ricostruzione e nell’analisi dei grandi episodi inflazionistici del passato recente  e della loro gestione, in particolare tre: il trentennio della “Grande Moderazione”, dagli anni ’70 alla crisi finanziaria del 2007, il periodo successivo che arriva fino al 2021 ed infine il tempo presente.

L’obiettivo dichiarato dello studioso è dimostrare come una sorta di trappola ideologica abbia guidato le scelte di gestione dell’inflazione nei diversi periodi. In particolare si riferisce alla determinante influenza del pensiero di Milton Friedman nella scelta delle ricette per combattere l’inflazione, o forse è meglio dire dell’unica ricetta, la stretta monetaria.

È ampiamente condiviso che tre siano le possibili determinanti dell’inflazione.

La prima si riferisce alla domanda di beni e servizi quando l’offerta, per varie ragioni, non riesce ad adeguarsi. Lo abbiamo sperimentato con la ripresa economica dopo la pandemia.

La seconda è l’inflazione da offerta, che dipende da un aumento dei costi di produzione che le aziende riescono, per il loro potere di mercato a trasferire ai consumatori. Può essere interessante notare che, in base ad uno studio del Fondo Monetario Internazionale (*), l’aumento dell’inflazione nella zona Euro nell’ultimo anno è spiegata per il 45% proprio da questa dinamica, tanto da far parlare di “greedflation”, ovvero di inflazione da avidità perfino all’autorevole Wall Street Journal.

Infine, la terza componente, è l’inflazione da aspettative. Se gli operatori economici, imprese e lavoratori, si aspettano una variazione dei prezzi cercheranno di anticiparla nei contratti che li riguardano. La spirale salari-prezzi degli anni ’70 ne è l’esempio paradigmatico: ad ogni aumento di prezzi scattava la scala mobile che aumentava i salari con una rincorsa senza fine.

La prevedibilità dell’inflazione è diventata nel tempo il perno su cui si giocano le politiche macroeconomiche, e proprio per garantire questa prevedibilità l’inflazione va messa sotto controllo a qualsiasi prezzo, anche a costo di sacrificare l’occupazione.

Secondo Friedman ed i suoi seguaci è solo la moneta a determinare l’inflazione e pertanto basta regolarne il flusso in funzione dell’effettiva attività economica, ovvero il PIL potenziale (la famosa regola di Taylor).

Come ha funzionato questo approccio nel tempo? Certamente abbiamo avuto un lungo periodo di bassa inflazione e crescita stabile, la “grande moderazione”, nel quale tuttavia il sistema finanziario si è infragilito, prova ne sia la devastante crisi finanziaria del 2007.

Con la pandemia sono tornate le politiche fiscali, tramite pacchetti di interventi al di qua, Next Generation Eu, e di là dell’oceano, l’enorme pacchetto di stimoli di Biden.

Ma sull’inflazione si continua ad usare la stessa ricetta: i banchieri centrali secondo il credo monetarista, gestiscono il fenomeno a livello di domanda e offerta globale, poiché hanno scelto come assunto la capacità dei mercati di ritornare in equilibrio. Assunto smentito dalla realtà.

A ben vedere, per quanto possano esservi fattori macroeconomici e strutturali (pensiamo alla guerra) incidenti, l’inflazione è un fenomeno microeconomico, perché per ogni mercato vi sono tassi di inflazione diversi, ed ogni Paese ha proprie specificità.

A partire da questa costatazione Saraceno propone di usare strumenti diversi per gestire il fenomeno inflazionistico, consapevoli che la politica monetaria ha sempre conseguenze politiche: quindi, se è doveroso combattere l’inflazione, una vera e propria “tassa” che incide proporzionalmente sui più poveri, è altrettanto evidente che questo non dovrebbe essere fatto penalizzando l’intero sistema economico.

Nel dibattito pubblico si torna a parlare di vigilanza sui prezzi e di extraprofitti, segnale che un cambiamento è in atto, come pure un’auspicabile riformulazione del patto di stabilità europeo ed un allargamento del mandato della Banca centrale europea che, come la Fed americana, contempli la crescita economica insieme con la stabilità dei prezzi.

 

 

(*) Hansen, N.-J, Toscani, F.G., e Zhou, J. (2023), “Euro Area Inflation after pandemic and energy shock: Import prices, profits and wages, Imf Working Papers 23/231

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