India: Festa della Repubblica con incidenti

Alcune migliaia di contadini hanno fatto irruzione alla manifestazione per la Festa nazionale della Repubblica Indiana, a Nuova Dehli. Protestavano contro le leggi agrarie recentemente imposte dal Governo, e sospese dalla Corte Suprema. Gli scontri con la polizia ha provocato un morto e numerosi feriti.
(AP Photo/Rafiq Maqbool)

Doveva essere, come ogni anno, una giornata di festa nazionale. Il 26 gennaio, infatti, l’India celebra la sua Festa della Repubblica (Republic Day). Sono momenti molto cari a tutti gli indiani, che ne vanno orgogliosi e partecipano sia alle manifestazioni ufficiali a Delhi come a quelle delle diverse parti dell’India con grande entusiasmo e senso patriottico. Il 26 gennaio 2021 ricorreva il 72° anniversario della Repubblica dell’India e, nonostante il Covid, era stata prevista la solita parata militare e carri in rappresentanza di tutti gli stati dell’India, che sfilano ogni anno sul regale Raj Path, la grande arteria che porta dal monumento al milite ignoto fino a Rashtrapati Bhavan, dove risiede il Presidente della Repubblica.

La manifestazione è tradizionalmente trasmessa in diretta per varie ore dalle reti televisive nazionali e private. Probabilmente, la Festa della Repubblica 2021 sarà, invece, ricordata con vergogna e dolore. Nonostante tutte le misure di sicurezza che vengono messe in atto ogni anno nei giorni precedenti e in quelli successivi a questa celebrazione, Nuova Delhi è stata teatro di scontri fra la polizia contadini che manifestavano contro le nuove leggi agricole approvate dal governo Modi.

Il bilancio è tragico: un manifestante è morto e diversi sono rimasti feriti. In effetti, era prevista una manifestazione, ma dopo la conclusione della parata ufficiale. Invece, in mattinata, alcune migliaia di agricoltori, che da due mesi sono accampati alla periferia della capitale, hanno invaso il centro della metropoli a bordo dei propri trattori. Erano quasi tutti del Punjab e dell’Haryana, i due stati vicini a Nuova Delhi, ed hanno letteralmente preso d’assalto le vie della città.

Dopo la decisione della Corte Suprema, che il 12 gennaio aveva sospeso l’applicazione del nuovo provvedimento sull’agricoltura (vedi articolo pubblicato su Cn online), la polizia e l’autorità giudiziaria avevano autorizzato il corteo dei coltivatori diretti, delimitando il tragitto lungo un percorso prestabilito in modo che evitasse il centro di Delhi. In questo modo il governo sperava, da un lato, di non urtare oltre la sensibilità dei dimostranti accampati alla periferia della capitale e, dall’altro, di evitare che interferissero con l’evento nazionale sempre di grande rilevanza pubblica.

Molti dimostranti hanno forzato invece i blocchi delle forze dell’ordine e si sono avventurati fino allo storico complesso del Red Fort, il Forte Rosso, nella vecchia Delhi. Si tratta di uno dei monumenti simbolo del Paese. Da qui J. Nehru dichiarò l’indipendenza dell’India.

La polizia è intervenuta con gas lacrimogeni e cariche con i lathi, i bastoni di cui è armata. Per legge, infatti, la polizia indiana non porta armi da fuoco o da taglio. Lo stesso si è verificato in altre aree del centro cittadino. Alcuni dimostranti sono riusciti a scalare le torri del Red Fort dove hanno poi issato le bandiere che esprimevano le rispettive appartenenze sindacali o di protesta.

Intanto, negli ultimi tempi, tutta la metropoli ha sofferto per via degli accampamenti dei contadini che, sebbene ai limiti della capitale, hanno creato non poche difficoltà al traffico già problematico nella metropoli e, in particolare, a quello in entrata e in uscita. Non era mai successo che la Festa della Repubblica o la Giornata dell’Indipendenza (15 agosto) fossero disturbate da manifestazioni di questo tipo. Il governo indiano aveva sempre fatto in modo, sia pure con massicci e a volte soffocanti dispiegamenti di forze dell’ordine, di evitare qualsiasi problema.

Ma, in generale, nessuno avrebbe mai osato pensare di macchiare un momento di orgoglio nazionale con incidenti di questo tipo. Le varie forze politiche, anche quelle dell’opposizione, si sono affrettate a condannare quanto accaduto in quanto la violenza non è mai la chiave per risolvere i contenziosi, si afferma da più parti. Tuttavia, quanto accaduto oggi mostra come, nonostante il governo Modi sembri avere un assoluto controllo politico del Paese, esistano nel profondo fratture che non si possono ignorare.

La stragrande maggioranza dell’India, infatti, vive in zone rurali e il malcontento per le decisioni unilaterali sulle politiche agricole si stanno diffondendo in tutto il Paese.

Inoltre, nei giorni scorsi, il premier Modi si è reso protagonista di un altro gesto controverso. Si è recato, infatti, a Kolkata (l’antica Calcutta, capitale dello stato del West Bengal) per celebrare il 125mo anniversario della nascita di Netaji Subhas Chandra Bose, il personaggio forse più controverso della lotta per l’indipendenza indiana, morto in modo misterioso in un incidente aereo durante la Seconda Guerra mondiale.

Bose era molto vicino a idee fasciste e naziste e nel suo impegno con altri eroi nazionali indiani si distingueva per le sue posizioni non solo indipendentiste, ma per il suo nazionalismo militante e pronto a giustificare militarismo e violenza. Intendeva liberare l’India dalla colonizzazione britannica con l’aiuto della Germania nazista e del Giappone. Per questo, allo scoppio della guerra, aveva visitato sia la Germania che l’Unione Sovietica e, successivamente, il Giappone con lo scopo di trovare appoggi per la sua politica di guerra aperta alla Corona Britannica durante il secondo conflitto mondiale.

Bose, anche dopo la morte è rimasto un personaggio misterioso che molti storici hanno invano cercato di decifrare. Modi ha celebrato la sua figura e ha proclamato il 23 gennaio, giorno della nascita di Bose come ‘giornata del coraggio nazionale’ (Parkram Diwas). L’iniziativa di Modi non ha fatto altro che rafforzare l’idea del nazionalismo fanatico e fondamentalista che il suo governo rappresenta.

Inoltre, durante le celebrazioni un gruppo di fondamentalisti ha intonato inni nazionalisti impedendo alla Primo Ministro del Bengala, Mamata Banerjee, almeno per alcuni minuti, di prendere la parola. Nessuno si è scusato con la popolarissima leonessa del Bengala, come la Banerjee è chiamata dai suoi sostenitori.

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