In pellegrinaggio con due valigie

Ogni chiamata di Dio ad una vita interamente donata a Lui è unica. La Sua voce può farsi sentire in ogni momento, ad ogni età, attraverso strade e percorsi esistenziali diversi e sempre originali. È quanto emerge dai settanta brevi racconti di religiosi e religiose di ogni ordine e congregazione raccolti nel volume Amare è dare tutto. Testimonianze. Edito in nove lingue, è pubblicato in italiano da Città Nuova. 
Amare è dare tutto_testimonianze_Città Nuova

A diciotto anni, in seguito a una prova pesante a livello familiare, mi sono allontanata da Dio fino a perdere la fede.

 

Ho vissuto appieno, ma quello che ho ricevuto in cambio è stato un grande vuoto dentro di me. A venticinque anni mi sono posta delle domande sul significato della mia esistenza. In quel periodo, lavoravo in farmacia. Durante la consegna dei medicinali a una comunità, incontravo ogni settimana una suora. Aveva un particolare dono di accoglienza e ascolto. La sua serenità e la sua pace interiore mi spingevano a interrogarmi su me stessa.

 

Alla ragazza molto sofisticata che ero, parlava semplicemente del Signore, invitandomi a dei ritiri spirituali e io prendevo gentilmente i volantini, senza mai andarci. Pian piano, però, il mio cuore ricominciava ad aprirsi.

 

È così che sono partita con mia madre per un pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Avevo due valigie: una con i vestiti sobri per il pellegrinaggio, l’altra per uscire a divertirmi! È stato allora, durante una veglia, che sono stata sommersa dall’Amore di Dio. Mi sono improvvisamente sentita amata e perdonata. Quel 15 luglio del 1998 ho provato sulla mia pelle la Sua Misericordia. La rotta della mia vita si è invertita: Dio vi ha fatto ritorno!

Che benedizione!

Faustine

 

Il mio risveglio a una relazione viva con Gesù è avvenuto attraverso incontri successivi, il primo dei quali si è verificato dopo il liceo con un compagno di corso protestante che non si vergognava della sua fede. Sapevamo tutti che leggeva la Bibbia. La sua testimonianza mi ha spinto a riprendere in mano qualcosa che mi avevano regalato quando avevo dodici anni.

 

All’epoca, era appena uscita la traduzione ecumenica della lettera di San Paolo ai Romani. L’ho letta con interesse, senza rendermi conto che stavo cominciando dal testo più difficile. A vent’anni, nella cappellania universitaria, mi sono chiesto: « Se il Signore ti chiamasse a diventare prete, come reagiresti? ». Ero sicuramente disposto ad andare a messa ogni giorno. Era la vigilia del maggio del ’68. Le scienze sociali rimettevano completamente in discussione la fede. Cercavo risposte ed ero consapevole che per averle avrei dovuto fare violenza su me stesso per uscire dalla mia zona di conforto, dalla mia tranquillità… Era una morte « sui generis » per la quale non riuscivo a decidermi.

 

L’adorazione eucaristica praticata assieme ai ragazzi che frequentavano la Basilica del Sacro Cuore di Montmartre mi ha aperto a Dio, a me stesso e agli altri. Gesù, vivo nel Santissimo Sacramento, è diventato il centro della mia vita, per non dire la ragione stessa della mia vita. I giovani che frequentavo erano divorati dalla fiamma dell’apostolato. In questo clima di grande fervore, ho ritrovato la mia vocazione infantile, senza pensare troppo alla vita religiosa. Ero certo che la mia vocazione non fosse un fuoco di paglia. Ma che direzione prendere per rispondere all’appello del Signore? Un collega di lavoro mi ha fatto conoscere i carmelitani. Non ci avrei mai pensato da solo, ma la vita religiosa mi è parsa una buona scelta per realizzare la mia vocazione di parroco.

 

Infatti i carmelitani, pur essendo contemplativi, esercitano anche un apostolato. Non è stato facile cominciare un noviziato a trentatré anni. Ma grazie alla pazienza dei miei educatori, nell’anniversario del battesimo di Sant’Agostino ho pronunciato i miei voti solenni. Era la vigilia della domenica della Misericordia.

François

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