In nome dell’amore

Le storie d’amore non si leggono, si scrivono con la vita.
Illustrazione Famiglia

Tutto vince l’amore. Un maggiore dell’esercito britannico, anche se pensionato, è un uomo tutto d’un pezzo. Non ci piove. Da giovane ho soggiornato nell’immensa casa di campagna d’un militare inglese in pensione, so cosa significa: senso del dovere, severità anche nel bere una tazza di tè sempre fatto come Dio comanda, erba del prato rasata meglio della barba, dignità scolpita nelle vene, nessuna frivolezza, sobrietà, valori solidi come querce. Ma neppure un maggiore inglese è immune dalle frecce dell’arco di Cupido. Che arrivano quasi sempre inaspettate. Un fatto scombussola la tranquillità della sua vita: l’improvvisa morte del fratello. Lui con la morte una certa familiarità ce l’ha, l’ha vista in guerra, e pochi anni prima gli era morta la cara moglie. Eppure questa nuova morte lo spiazza totalmente. S’accorge che la vita è un soffio di vento che passa troppo in fretta, se non ci si dà da fare per acchiapparlo, rischia di sfuggirci. Ma tutto vince l’amore.

 

Il piccolo negozio del suo piccolo e un po’ addormentato paese della campagna inglese è condotto da una donna pachistana. I due si conoscono già da tempo perché lui va lì a fare la spesa. Ora, s’incontrano. Tra loro nasce un affetto profondo, basato sul rispetto e sul piacere di frequentarsi. Anche lei è da poco vedova, entrambi amano la letteratura, e quando s’accorge che la donna pachistana legge Kipling è tutta un’altra cosa. È come se il sole facesse brillare le parole. Scatta l’amore: travolgente, folgorante, perentorio, ma allo stesso tempo tranquillo, come solo sa essere l’amore quando si è non più giovani, ma al secondo giro nella danza dei matrimoni.

 

Proprio allora però iniziano i problemi. La coppia diventa bersaglio dei pettegolezzi della piccola comunità di campagna. «Il maggiore? Alla sua età? Con quella donnicciola straniera? Da poco vedova! Ma sono ridicoli! Imbarazzanti!». Intorno a loro si crea il vuoto. Pure le rispettive famiglie ci mettono del loro: il figlio del maggiore, preoccupato per l’eredità, attacca il padre, gli dà del vecchio rimbambito che s’è bevuto il cervello. Il nipote della donna pachistana, islamico intransigente, vuole relegare la zia alla cura della casa e dei parenti.

 

Il maggiore per tutta la vita s’è sempre adeguato con devozione e prontezza alle tradizioni. Ora si trova di fronte a un bivio: piegarsi al volere di quelli che ha attorno o combattere una nuova battaglia. Quasi certamente l’ultima. Ma questa, in nome dell’amore. Che cosa fa il maggiore? Quello che probabilmente avrebbe fatto ognuno di noi: rizza la schiena, bacia la sua nuova compagna e con lo sguardo fiero e luminoso affronta tutti. Tutto vince l’amore.

La storia che vi ho brevemente raccontato è la trama d’un romanzone di cinquecento pagine che negli Usa ha venduto 1 milione di copie, Una passione tranquilla, di Helen Simonson, al suo primo tentativo letterario.

 

Nel grigiore che a volte accompagna la nostra vita, specie quando non si è più giovani – ma anche i giovani non ne sono affatto immuni – l’amore è l’unica ancora di salvataggio. «Ponimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore», recita una frase del Cantico dei cantici, quel poema che addolcisce di bellezza la Bibbia. Sì, forte come la morte è l’amore. C’è una certa comunanza tra amore e morte. Perché alle volte l’amore può essere negato e la sua bellezza tramutarsi in qualcosa che è assai simile alla morte, se non sfocia addirittura in tragedia.

 

Ogni volta che ho visto Romeo e Giulietta, la stupenda opera di Shakespeare che è un sublime canto all’amore, ne sono sempre uscito con un pensiero. Certo è terribile: alla fine i due muoiono per una serie di meschinità, per aridi pregiudizi, per spietate trappole del destino. Ma pensavo… come sarebbe molto più tragico, più squallido, se Giulietta e Romeo si fossero sposati e poi magari avessero cominciato a litigare, ad annoiarsi l’uno dell’altro, se avessero dovuto frequentare una terapia di coppia, o se avessero vissuto in apparente armonia nascondendo il vuoto che c’è tra di loro e salvando le buone abitudini del vivere borghese. Questa è la cosa peggiore, perché il vuoto, a volte, è purtroppo il cemento che unisce una coppia. La morte, nella tragedia di Shakespeare, mette al sicuro in qualche modo la purezza dell’amore dei due giovani e li consegna per sempre amanti immortali. Perché l’amore è forte come la morte. Ma non è a questi pensieri cupi che ci vogliamo abbandonare quando pensiamo all’amore.

 

Vogliamo pensare alla sua dirompente bellezza, alla sua capacità di sollevare da terra due cuori che sono fatti l’uno per l’altro e di portarli in alto. Alla sua tranquillità, che si manifesta in gesti di quotidiana tenerezza e attenzione reciproca. Cantata così bene da T.S. Elliot nella poesia dedicata a sua moglie: «Alla quale devo la gioia frizzante/ che, al risveglio, fa vibrare i miei sensi/ e il ritmo che governa il riposo durante il sonno/ il respiro all’unisono/ di amanti i cui corpi odorano l’uno dell’altro/ che pensano gli stessi pensieri senza bisogno di parole/ e balbettano lo stesso discorso senza bisogno di significato».

 

Vogliamo pensare all’amore che fa rinascere ed esplodere energie che sembravano inesistenti o nascoste, anche per chi non è più giovane. Vogliamo pensare a chi, nella scoperta del nuovo amore, sente sue le parole del salmo di re Davide: «Egli sazia di beni i tuoi giorni, e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza».

E come aquila rinnovata si alza verso gli spazi tersi d’un nuovo brandello di vita terrena. Forse l’ultimo. Ma insieme a chi la provvidenza gli ha messo accanto. Sì, così. Perché tutto vince l’amore. «Omnia vincit amor»,diceva Virgilio, il poeta latino. Che non era mica l’ultimo arrivato.

 

BOX

Il parere di una coppia di esperti

Esiste l’anima gemella?

 

Raimondo «Quello dell’anima gemella è un mito da sfatare. Non esiste l’anima gemella. A un certo momento della vita di coppia, si finisce sempre con lo scontrarsi con la diversità dell’altro; ma questo non deve spaventare. Ricerche recenti hanno dimostrato che l’86 per cento di coppie che avevano difficoltà di relazione e che, nonostante tutto, sono rimaste insieme, intervistate dopo alcuni anni hanno detto che avevano raggiunto tra loro un equilibrio e un’intesa inaspettata».

 

Maria«Queste ricerche dimostrano che l’incontro profondo e appagante di due cuori ha bisogno di tempo. In fondo tutti i rapporti di coppia possono essere potenzialmente incompatibili perché avvengono tra persone di sesso diverso, provenienti da famiglie diverse, con diverse visioni del mondo. La magia sta nello sviluppare una visione binoculare che permetta di guardare la vita anche attraverso gli occhi del partner».

 

(L’intervista completa a Maria e Raimondo Scotto è reperibile su www.cittanuova.it).

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