Il viaggio

Può sembrare difficile pensare ai viaggi e alle vacanze di questi tempi in cui il terrorismo prende di mira soprattutto le persone in movimento. Ma le vacanze sono diventate una necessità imposta dal ritmo frenetico che abbiamo impresso alla nostra vita. Per riprendere fiato, occorre sapersi fermare, riposare, distrarsi. E allora, anche se non proprio del tutto a cuor leggero, si va. Le statistiche ci confortano, perché i maggiori rischi di subire un danno sono ancora quelli che corriamo in autostrada per colpa nostra. Insomma, dipenderà in gran parte da noi ritornare sani, riposati e, possibilmente contenti. Ognuno, in fondo, pensa o almeno spera di sapersi gestire al meglio. Per questo vediamo con quanta intraprendenza ci si getta nell’avventura vacanze intasando le stazioni e gli aeroporti, sfidando la canicola negli estenuanti incolonnamenti autostradali nei quali inevitabilmente incapperemo. In fondo è diventata anche questa una componente che caratterizza il nostro modo di vivere e che ci accompagna non solo nelle vacanze, ma durante tutto l’anno in ogni weekend, oltre che nei nostri spostamenti di lavoro. Ho provato a ricordare quante volte io mi sia messo sulla strada delle vacanze, ma ho perso subito il conto. Eppure, qualcosa questo esercizio ha fruttato. Sarà che questi ultimi mesi costellati di ricorrenti anniversari rinfrescano la memoria anche dei fatti più remoti, sarà la vista di tutta questa gente che saluta e parte, il fatto si è che ho recuperato, nello scomparto più recondito che custodisce il mio archivio dei ricordi, i fotogrammi della mia prima partenza per le vacanze. Fu nell’estate del ’45, a guerra finita. E avvenne sul cassone traballante di un camioncino dove fummo sistemati noi bambini, seduti su una pila di materassi fra cassette di provviste, pentole e quant’altro, com’era d’uso allora per chi sfollava. Ma non eravamo profughi, andavamo semplicemente in vacanza. Così almeno ci dissero.A parte il fatto che ai frutteti di casa sostituimmo come teatro dei nostri giochi i castagneti annosi di montagna, molto più suggestivi, il ritmo delle nostre giornate, ordinato teutonicamente da una severa governante fra gioco, studio e riposo, non cambiò molto. Vacanze spartane, come sarebbero state da allora sempre quelle della mia generazione. Con pochi soldi in tasca.Ma vacanze vere, creative. Oggi le chiameresti intelligenti, perché, pur senza pretendere di inventare qualcosa, ci trovavamo quasi sempre un passo avanti a ciò che di lì a poco sarebbe diventato costume per chi non voleva assoggettarsi alle mode massificanti della balneazione. Vacanze in movimento, anzitutto. Sia che si facesse tappa in una canonica delle Dolomiti, sia che si trovasse rifugio in una miniera, fra i ghiacciai della Val d’Aosta. Zaino e sacco a pelo erano i nostri compagni fedeli; una canadese e, più tardi, anche corda e piccozza. Le amicizie strette con quella corda quando affidi la tua vita al compagno di scalata sono le più durevoli. Dormivamo per terra negli alberghi della gioventù per conoscere l’Europa appena uscita in macerie dalla guerra. E, pur con qualche batticuore, non era impossibile visitare quella parte di essa che stava al di là della Cortina di ferro. Anzi, era proprio lì che l’avventura diventava più vera, come è per tutte le cose proibite. Conoscere la gente, in fondo, è sempre stata la parte più attraente del viaggio: fosse l’incontro casuale con un intellettuale che, sentendoci parlare italiano, ci accostava furtivo in una birreria di Praga; o accogliere l’invito ad un pasto frugale di contadini nella Grecia dei colonnelli; o accettare l’ospitalità di pastori di renne nella Carelia finnica. Intendiamoci, anche se ci siamo trovati a battere certe piste ancora deserte, non eravamo tuttavia soli. L’autostop era praticato largamente, e ci si scambiavano utili informazioni e impressioni. Soprattutto nei paesi nordici, molti giovani al termine di un corso di studi prendevano un anno sabbatico per viaggiare zaino in spalla. Una particolare ammirazione, nonché una certa invidia, provavo allora per quei coraggiosi che affrontavano in bicicletta il giro del mondo.Oggi queste formicuzze intelligenti ci sono ancora, ma perse come sono nell’alluvione del turismo di massa dei viaggi organizzati tutto compreso, stenti a individuarle. Non dimentichiamo poi il nuovo boom delle vacanze utili a sé stessi, ma soprattutto agli altri. Non pensavo, allora, che il viaggio sarebbe diventato a un certo punto una componente del mio lavoro. Ma quando esso si materializzò nel giornalismo, sia pure con modalità diverse, ripresi a girare il mondo. Continuare a incontrare la gente, stabilire rapporti veri, scoprire ciò che non è evidente in superficie; e poi l’aspetto più impegnativo: parlarne. Certo, arrivare in aereo in un paese lontano, non è come raggiungerlo via terra o via mare, giorno dopo giorno, assimilando lungo il percorso gli infiniti passaggi che spiegano l’evolversi della storia, il mutare dell’habitat e delle culture, in ultima analisi della gente che incontrerai. Quando ho potuto, ho continuato a centellinarlo così il percorso. E ne è valsa la pena. Ma tant’è. La globalizzazione ci costringerà presto a cercare tutto ciò nelle biblioteche. Fa parte ormai del nostro quotidiano incontrare nelle città d’arte, e non solo, nugoli di pensionati che, almeno una volta nella vita, il grande viaggio vogliono concederselo. Servirsi delle agenzie turistiche è diventata quasi una necessità. Certo fa parte del nuovo costume di vacanze che il consumismo ha imposto. Ma non è più la stessa cosa, perché manca l’alea dell’imprevisto, tutto è già descritto prima, garantito nei particolari, addirittura coperto da polizze assicurative. Quanto a me, mi sono accorto da tempo che le cose più belle, quelle che una volta credevo esistessero solo fuori delle mie mura, e il più lontano possibile da casa, posso trovarle anche dietro l’angolo. Il mondo è pieno di viaggi che non farò, ma credo di aver capito ormai che ogni giorno mi aspetta un nuovo viaggio su misura per me. Purché me ne accorga. Questa mattina, intanto, ho fatto per l’ennesima volta le valigie.

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