Il sinodo ambrosiano

L’anno prossimo le 1.107 parrocchie della diocesi più grande d’Europa per numero di fedeli rifletteranno insieme su come aggiornare la pastorale. La sfida del mix di nazionalità, lingue e culture diverse che compongono il popolo cattolico

Quello indetto per l’anno 2018 sarà nella storia della Diocesi ambrosiana il 48.mo Sinodo: l’ultimo venne indetto dall’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini, durò due anni, dal ’93 al ’95 ed è quello in vigore ancora oggi e normativo per la Chiesa di Milano. Nel nuovo anno la chiesa di Milano cercherà di riflettere sull’esperienza delle 1.107 parrocchie della diocesi, la cui realtà è molto mutata in questi decenni anche per la presenza di cattolici provenienti da nazionalità, lingue e culture diverse che però abitano la stessa comunità, sotto lo stesso campanile.

Obiettivo è evitare due rischi, l’uno speculare all’altro: da un lato, che i cristiani migranti, una volta giunti a Milano, debbano pregare e celebrare solo tra di loro, per gruppi etnici o linguistici; dall’altro, che siano i cristiani “stranieri” a doversi adeguare al modo di essere chiesa preesistente. La domanda ideale che tutti – milanesi da più generazioni e “nuovi ambrosiani” – dovranno porsi è: «Come cambiare per essere anche oggi, insieme, discepoli del Signore e Chiesa delle genti?».

“Chiesa dalle genti, responsabilità e prospettive. Linee diocesane per la pastorale”, è il titolo del cammino sinodale che sarà presentato alla diocesi dall’arcivescovo il 14 gennaio 2018, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Dal quel momento partirà la fase dell’ascolto durante la quale i sacerdoti e i fedeli porteranno la propria riflessione nei Consigli pastorali decanali e parrocchiali. Al termine di questa fase che si concluderà a Pasqua, la Commissione raccoglierà i contributi nello “strumento di lavoro”. Sulla base di questo documento i Consigli pastorale e presbiteriale delineeranno le proposizioni, vale a dire le norme giuridiche, che saranno promulgate dall’arcivescovo.

I lavori si concluderanno sabato 3 novembre 2018, vigilia della festa liturgica in onore di San Carlo Borromeo, pastore della chiesa ambrosiana che indisse i primi 11 sinodi diocesani. Con una popolazione di oltre 5,4 milioni di abitanti, 1107 parrocchie, con circa 2000 preti, circa 800 religiosi, mentre più di 6.000 sono le religiose, l’arcidiocesi di Milano oltre che per storia, estensione e struttura ecclesiale è tra le più importanti del mondo e la prima in Europa per numero di cattolici. Ha una estensione su un territorio di 4.234 kmq e comprende le province di Milano, Varese e Lecco, Monza-Brianza, parte di quella di Como e alcuni comuni delle province di Bergamo e Pavia.

Gli stranieri presenti nella città metropolitana superano il mezzo milione. Sono cifre che certamente hanno indotto il nuovo arcivescovo ad indire un Sinodo con “l’esigenza di aggiornare l’azione pastorale alla luce dei cambiamenti sociali prodotti all’interno della stesse parrocchie dell’arcidiocesi”. Un percorso di studio, riflessione e decisione per definire le modalità attraverso le quali annunciare adeguatamente il Vangelo, celebrare i sacramenti, vivere l’esperienza della carità nelle parrocchie ambrosiane, tutte sempre più multietniche.

È quanto chiede monsignor Delpini, alla Chiesa, per aggiornare l’azione pastorale alla luce dei cambiamenti sociali prodotti all’interno delle stesse parrocchie della vasta diocesi ambrosiana dai flussi migratori. È l’esempio di una chiesa in uscita, in ascolto per dar dare vita a una pastorale condivisa in modo che cristiani italiani e stranieri possano vivere insieme la loro comune fede. «L’esito sarà una Chiesa maggiormente consapevole della propria cattolicità, impegnata a tradurre questa consapevolezza in scelte pastorali condivise e capillari sul territorio diocesano – sottolinea il presidente della commissione di coordinamento, monsignor Luca Bressan –. Una Chiesa delle genti, che con la propria vita quotidiana saprà trasmettere serenità e capacità di futuro anche al resto del corpo sociale. Avremo infatti strumenti per leggere e abitare con maggiore spessore e profondità quella situazione sociale e culturale molto complessa che spesso definiamo in modo già linguisticamente riduttivo come “fenomeno delle migrazioni”».

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