Il ritorno di Roberto Chiappa

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Ad un giovane che comincia a praticare dello sport dico sempre che i Giochi olimpici sono la cosa più importante per un atleta. Si possono disputare trenta Mondiali della propria specialità, ma se non si partecipa ad una Olimpiade non si assapora quello che è sicuramente il momento più bello per uno sportivo. Roberto Chiappa oggi ha 34 anni. Ha alle spalle una carriera ricca di soddisfazioni, ha vinto medaglie mondiali, coppe del mondo, una pioggia di titoli italiani (ben 41). E se è vero che alla sua età trovare gli stimoli per andare a caccia di nuovi successi è difficile, è altrettanto vero che per una Olimpiade si può fare un’eccezione… Che Roberto Chiappa avesse del talento per fare dello sport lo si era capito molto presto. E subito sono arrivate le prime vittorie, i primi risultati importanti tra cui spiccano il titolo mondiale nella velocità a livello juniores e la prima partecipazione olimpica, a Barcellona ’92, chiusa con un brillante quarto posto. Per me, non ancora diciannovenne, prendere parte ad una manifestazione così importante era una cosa inaspettata. Io facevo il ciclismo per gioco, e non capivo ancora che cosa poteva rappresentare una Olimpiade nella carriera di uno sportivo. Dopo Barcellona, Chiappa si è affermato nel tempo come velocista di assoluto livello internazionale. Ho vinto il titolo mondiale del tandem nel 1993 e negli anni seguenti ho sempre conquistato buoni piazzamenti ai Mondiali e ottenuto successi in diverse gare di Coppa del mondo. Ma il suo sogno è stato sempre quello di conquistare una medaglia olimpica. A Barcellona ci sono andato vicino. Ad Atlanta, nel ’96, tutti si aspettavano molto da me, e forse questo mi ha caricato di una eccessiva pressione e non sono riuscito a ben figurare (nono, ndr). Quattro anni dopo, a Sidney, sono arrivato al momento delle gare in una condizione non ottimale e mi sono piazzato settimo. Così, guardavo ad Atene 2004 come alla mia grande occasione… . Invece, dopo i Mondiali del 2002, Roberto Chiappa è stato inaspettatamente escluso dalla nazionale per motivi che lui stesso fa ancora fatica a comprendere del tutto: Tramite i giornali sono venuto a sapere che l’allora dirigenza federale non intendeva più investire nella pista. Un duro colpo da superare, tanto è vero che l’atleta umbro è stato sulla soglia del ritiro: C’era delusione, ovviamente. Dopo i risultati che avevo ottenuto in passato ritrovarmi a gareggiare solo ai campionati italiani o comunque in gare di secondo piano non mi dava più gli stimoli necessari per continuare. Malgrado tutto, Chiappa non si è perso d’animo, e grazie al sostegno della famiglia e al fondamentale supporto della Forestale, il suo gruppo sportivo, ha potuto fare ancora il professionista. Così, per quasi quattro anni, il nostro atleta ha guardato i campioni dello sprint mondiale sfi- darsi tra di loro negli appuntamenti che contano. Ma ha saputo attendere, fino a che non si è presentata una nuova occasione: Quando nel 2006 la nuova dirigenza della federazione mi ha chiesto di tornare, io mi sono rimesso in discussione. In questi due anni ho dovuto levare un poco di ruggine, ma alla fine ho dimostrato di essere ancora competitivo tanto da qualificarmi per le prossime Olimpiadi. Fra poco, a fine marzo, ci saranno i Mondiali di Manchester. Poi Roberto Chiappa potrà concentrarsi interamente su una nuova esperienza olimpica, dove, vivendo a contatto con gli atleti di tutte le altre discipline, puoi percepire sulla pelle il vero spirito dello sport. In entrambe le manifestazioni parteciperà alle prove di keirin e di velocità. Il keirin è una disciplina molto pericolosa. Ci sono 7-8 corridori in pista che vanno a 70-75 all’ora. Ci sono frequenti contatti, cadute; bisogna avere l’istinto giusto per capire quando e come buttarsi in una volata. È una specialità dove non sempre vince il più forte perché conta molto la tattica. La velocità è diversa, è uno scontro a due, dove emerge di più la forza e dove normalmente vince il corridore più in condizione. Per Chiappa il 2008 potrebbe essere l’ultima stagione agonistica, almeno a livello internazionale: Proprio così. Per rimanere competitivo sono costretto ad andare spesso all’estero per allenarmi e per trovare situazioni agonistiche di un certo livello. Adesso, ad esempio, andrò prima in Grecia, poi per un lungo periodo negli Stati Uniti. Questo comporta grandi sacrifici, non solo per me ma anche per la mia famiglia. Per provare a disputare al meglio un’ultima Olimpiade lo posso fare, ma poi basta, perché la famiglia è molto più importante rispetto a voler proseguire a tutti i costi una carriera ciclistica che mi ha già regalato tante soddisfazioni . Prima di smettere però, con un pizzico di fortuna, Roberto potrebbe mettersi al collo quella medaglia olimpica che insegue da una vita, e che ad un certo punto sembrava non poter più provare a raggiungere.

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