Il progetto Fiat e l’uscita da Confindustria

Intervista con Bruno Vitali, segretario nazionale Fim Cisl sulle ultime vicende che riguardano il gruppo torinese
Bruno Vitali Fim Cisl

La decisione della Fiat di uscire da Confindustria è una notizia attesa da tempo, che sta tuttavia suscitando contemporaneamente grandi entusiasmi e notevoli preoccupazioni. Da sempre, infatti, occuparsi di Fiat vuol dire comprendere l’assestamento dei poteri reali in Italia. Bruno Vitali è il responsabile nazionale settore auto dei metalmeccanici della Cisl. Ieri, 6 ottobre, è stato impegnato in una lunga assemblea a Termini Imerese, con i lavoratori siciliani che hanno visto dirottare la produzione della Y10 dal loro stabilimento a quello polacco, sempre della Fiat. Una fabbrica al bivio tra chiusura certa a fine anno e nuovi piani di sviluppo con un altro soggetto, la molisana Dr Motors in collegamento con un produttore di auto cinese. Stati di sospensione e di tensione che sono il pane quotidiano per un sindacalista che rappresenta una sigla “contrattualista e riformista”nell’ambito di organizzazioni dei lavoratori che appaiono spesso divise al loro interno.  

 

L’addio della Fiat a Confindustria era stato annunciato da tempo nonostante l’articolo 8 della finanziaria fatto apposta per rendere inattaccabili gli accordi Fiat di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. E ora come pensate di poter rapportarvi con la multinazionale dell’auto che dopo lo stabilimento auto di Termini Imerese chiude anche la Irisbus? Quale spazio per un sindacato diviso al suo interno ?

 

«Si tratta ora di fare un contratto di primo livello per tutto il gruppo Fiat che sostituisca il contratto nazionale metalmeccanico. Lo schema è già definito dagli accordi di Mirafiori e Pomigliano; accordi che allargano le flessibilità ma aumentano i trattamenti economici dei lavoratori. La paga base è più alta, l’inquadramento professionale è migliore così come migliori sono i trattamenti per le lunghe malattie, le paghe sui turni e sugli straordinari. Su Termini Imerese è in corso un difficile confronto ai tavoli del governo per reindustrializzare l’area e ricollocare tutti i lavoratori. Qui il sindacato è unito per ridare speranza e futuro produttivo al sito siciliano. Su Irisbus la Fiat ha fatto un colpo di mano ed ha annunciato la cessione dello stabilimento. Ad oggi non c’è ancora una soluzione valida, e così la Fiat ha avviato le procedure che preludono al licenziamento di tutti i dipendenti dell’Irisbus. La tensione è altissima e lo scontro sembra inevitabile; ma il sindacato è unito.

 

«Come si vede c’è unità d’azione nella gestione delle forti crisi, e c’e diversità di strategie nel rilanciare il lavoro. In realtà in Fiat la coalizione dei sindacati contrattualisti e riformisti è maggioritaria mentre la Fiom che ha scelto la via conflittuale è divisa al suo interno, essendoci una minoranza che fa capo al segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Noi, insieme agli altri sindacati contrattualisti proseguiremo con concretezza per riportare il lavoro in Fiat e possibilmente migliorare stipendi e condizioni di lavoro, senza ledere diritti come invece si è cercato di far credere con montagne di bugie. La Fiom dovrà decidere se ritornare nel gioco contrattuale (come ha già fatto in alcune situazioni) oppure no, dipende solo da lei».

 

Marchionne sembra che abbia cambiato ancora il progetto. A Mirafiori, dopo che le monovolume sono ormai assicurate allo stabilimento serbo, ha deciso che saranno prodotte dei Suv dal 2013. E ci sono novità anche per le Maserati. Avete avuto come sindacato l’illustrazione compiuta del piano Fabbrica Italia ?

 

«Il progetto Fabbrica Italia è stato presentato ai sindacati il 21 aprile del 2010 e fa parte del piano quinquennale 2010-2014, un centinaio di pagine reperibili sul sito Fiat. L’unica cosa che non compare in quel piano è la locazione dei nuovi modelli in quanto oggetto di discussione con i sindacati. Il piano Fabbrica Italia è tuttora oggetto di confronto con i vertici aziendali in relazione all’uscita dei nuovi modelli.

 

«Volendo essere precisi la monovolume L0 in un primo tempo era destinata a Melfi e non a Mirafiori. Successivamente è stata assegnata allo stabilimento serbo in quanto a Mirafiori è stato destinato il Suv Jeep ed Alfa. Il piano per Mirafiori è stato ritardato ma non modificato. È notoria la diffusione dei Suv sul mercato europeo ed italiano in particolare. Una quota in costante crescita e che è coperta totalmente dai costruttori stranieri. La Fiat si inserisce dunque in questo segmento di mercato con vetture ad alto margine di guadagno; ciò può consentire ai sindacati di rivendicare maggior salario, così da avvicinare i bassi stipendi italiani a quelli, più alti, degli operai tedeschi. La Maserati invece, col nuovo modello, proverà a far concorrenza alle vendutissime Bmw e Audi di grossa taglia.

 

«Per il resto Fiat è già leader europeo nelle vetture a basso consumo e meno inquinanti. Il problema sarebbe semmai, quello di attuare politiche in Europa che disincentivino l’uso dei SUV o delle vetture di grossa cilindrata più inquinanti. Un tentativo fu fatto un paio d’anni fa ma si scontrò con la forte opposizione del governo tedesco e non se ne fece nulla».

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