Il Movimento degli ombrelli

Cosa sta succedendo a Hong Kong? Una situazione molto complessa di cui non sempre i media internazionali riescono a cogliere i molteplici aspetti
Hong Kong

Ormai siamo abituati ad avere i media internazionali come unica fonte di informazione sulle attuali turbolenze di Hong Kong. Si ha l'impressione che la città sia nel caos, che sia in corso una rivoluzione che assomiglia a quella in Piazza Tienanmen (1989). Ma ci sono alcune cose a cui i media non sono riusciti a prestare attenzione.

Potremmo andare oltre la convinzione che le soluzioni alle sfide di Hong Kong si trovino in una scelta di maggiore o minore democrazia. Anche se ci sono stati alcuni scontri e manifestazioni di forza con 200 mila persone in strada, in confronto con quanto è successo a New York, Ferguson, Londra o Parigi, c’è stata una certa moderazione sia da parte dei manifestanti che della polizia. Questa grande città ha continuato a operare pacificamente e in modo abbastanza efficiente, pur non senza disagi per i suoi cittadini.

La realtà è anche molto più complicata. L’impegno di «un Paese, due sistemi», che la Cina ha intrapreso con il ritorno di Hong Kong come una Speciale Regione Amministrativa, è oggettivamente difficile da gestire. Ora sono passati 17 di quei 50 anni, il periodo transitorio garantito nella Basic Law, la Costituzione di Hong Kong. Nel frattempo la Cina ha affermato di essere sulla via per raggiungere una democrazia con il carattere cinese.

Indubbiamente ora è il momento di sensibilizzare e intensificare la responsabilità collettiva coinvolgendo il governo, in modo che impari a rispondere alla comunità, e che la leadership richiede il dialogo: una strada a doppio senso.

Mentre alcuni manifestanti potrebbero sostenere che i loro diritti siano stati violati da un sistema politico ingiusto, la maggior parte degli abitanti di Hong Kong si trova in una posizione difficile. Molti apprezzano il punto di vista dei giovani che sono diventati leader in un momento in cui i politici non sono stati capaci di prendere decisioni e di schierarsi dalla parte del popolo nei confronti del governo di Beijing. 

Dall’altra parte, la politica elettorale è tutt'altro che l'unica cosa di cui la gente è infelice o preoccupata. La realtà è che l'economia di Hong Kong è basata su due pilastri principali: il settore immobiliare e i servizi finanziari. Le risorse che un tempo esistevano, l'agricoltura, l'industria leggera e tessile, sono state tutte trasferite nell’hinterland cinese. Il solo settore finanziario non è in grado di offrire opportunità di ricchezza a tutti, soprattutto in un'economia così aperta alla concorrenza mondiale.

La speculazione immobiliare provocherà inevitabilmente la crisi immobiliare. Con i prezzi astronomici degli immobili e degli affitti, è probabile che la prossima generazione non sarà in grado di permettersi di vivere nella città in cui è nata.

Mentre i vecchi privilegi di cui godono i cittadini del mondo ricco, Londra, New York, Parigi, Tokyo, Hong Kong inclusa, vengono erosi sia a livello globale che locale, la crescente disuguaglianza ha portato una certa presa di posizione che si è espressa nelle proteste di piazza.

Le questioni che Hong Kong deve affrontare per avere successo nel 21° secolo si estendono ben oltre il suo sistema elettorale. Questo Paese dovrà intraprendere una riforma radicale, costruire un'economia veramente diversificata, preparare le future generazioni ad essere cittadini globali competitivi, capaci di affrontare la sfida dell'immigrazione e dell’integrazione, adattarsi ai cambiamenti climatici, elaborare uno sviluppo sostenibile e così via.

Vi potrebbe essere sempre il pericolo di conseguenze non intenzionali, quando si impone un cambiamento senza una comprensione ampia e approfondita. Non vi sono soluzioni semplici, né si può pensare che il cambiamento possa venire senza il duro lavoro di nuove idee sostenute da un processo di consenso, di ricerca di soluzioni costruttive che comprendano sacrifici personali e comunitari.

 

 

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