Il mondo ha bisogno di Dio

Presentato ieri il messaggio del papa su "Libertà religiosa, via per la pace".
papa

Si apre con un pensiero alla «cara terra dell’Iraq» il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace che si celebra il 1° gennaio 2011 ed ha quest’anno per tema: «Libertà religiosa, via per la pace». L’Iraq, dunque, nel cuore del Papa. Il Paese che «nel suo cammino verso l’auspicata stabilità e riconciliazione continua ad essere scenario di violenze e attentati». Era il 31 ottobre quando in un «vile attacco« contro la Cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso” a Baghdad, furono uccisi più di cinquanta fedeli.

 

«Risulta doloroso – commenta oggi il Papa – constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale». La “geografia” delle persecuzioni a causa della fede religiosa è ampia. Si va dal Maghreb all’Africa sud Sahariana, ad alcuni paesi dell’Asia. Hanno i volti di Asia Bibi e di tanti, tantissimi altri. E’ vero che secondo fonti governative ed internazionali il 75 per cento delle persecuzioni religiose commesse nel mondo interessano i cristiani. Lo scrive anche il Papa: «I cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede».

 

Ma ieri in conferenza stampa, mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha detto chiaramente che ciò non significa che la Chiesa cattolica si schiera solo in difesa dei cristiani. C’è cioè nel messaggio di Benedetto XVI una “visione universalistica” della libertà religiosa, una difesa di questo diritto ovunque esso viene discriminato, e quindi uno schieramento a favore di tutti i perseguitati a causa della loro fede, siano essi «ebrei, musulmani, sikh, tibetani, cristiani».

 

Nel Messaggio, c’è poi un altro passaggio di denuncia. Il Papa fa notare anche in altre regioni del mondo, in particolare in Europa, zvi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi». È uscito proprio in questi giorni un Rapporto sulle discriminazioni dei cristiani in Europa redatto da un Osservatorio viennese e presentato ad un meeting dell’Osce. Anche il cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ieri ricordava ai giornalisti il caso Lautsi giunto dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo relativo all’affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, e il tentativo di impedire sempre a livello Europeo il diritto all’obiezione di coscienza a quei medici che non vogliono interrompere le gravidanze.

 

Un giornalista francese dell’agenzia I-media ha chiesto a questo punto se non fosse azzardato il parallelo tra le persecuzioni vere e proprie di cui sono vittime i cristiani in Medio Oriente e le discriminazioni dovute al laicismo vissute sempre dai cristiani nei Paesi Occidentali. A rispondere è stato Tommaso Di Ruzzo, dello stesso dicastero vaticano: «Certamente può scandalizzare un paragone tra gli effetti del laicismo secolarizzato rispetto alla libertà religiosa e gli effetti del fondamentalismo religioso che in alcune regioni del mondo mette a rischio la vita stessa di un credente. Ma se ci chiediamo più in generale qual è il valore in gioco in entrambe le situazioni e affermiamo che il valore in gioco è la dignità della persona e la sua capacità di giungere a Dio, ci rendiamo conto che con effetti e drammaticità diverse è lo stesso valore ad essere offeso».

 

Tutto il messaggio del Papa è attraversato quest’anno da una considerazione di fondo imprescindibile che dà senso nuovo a quanto viene detto e denunciato. Che va oltre il rispetto alle carte dei diritti dell’uomo. «Il mondo – scrive Benedetto XVI – ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori etici e spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un contributo prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale giusto e pacifico, a livello nazionale e internazionale». Discriminare da questo processo e addirittura peseguitare chi è portatore di una luce di fede nel mondo, significa togliere un’anima al futuro.  

 

 

 

 

 

 

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