Il Mercuriale

Scriveva Pavel Florenskij, dal lager, che per il dono della grandezza è l’uomo che deve pagare con il proprio sangue, anche se nessun uomo famoso ha potuto dare tutto ciò di cui era capace, perché ne è stato volutamente impedito da tutti coloro che lo circondavano. A meno che il nostro angelo custode non decida un giorno di portarci in uno stato di grazia tale da farci sperimentare la vera giustizia, la castità, la bontà e la sapienza. È quello che in certo modo accade al protagonista de Il Mercuriale, l’ultimo romanzo di Pasquale Maffeo. Il novantenne principe don Gaspare Pignatelli, conosciuto da tutti come Il Mercuriale, aveva lanciato per tutta la sua vita dall’alto della sua olimpica e inviolabile corruttibilità dardi nell’orecchio dell’uomo, perché nel venire al mondo aveva ricevuto il dono d’una dote inconosciuta, la mostruosa virtù di subitamente intendere, discernere e divinare, un’avida curiosità della mente che lo aveva spinto e inoltrato nello scibile delle scienze e della sapienza. Ora, con l’avanzar degli anni, s’era abbastanza quietato ed attendeva con serenità il momento del commiato. Intanto che l’Albina, ottuagenaria fantesca, in una sortita fuor di programma viene investita da un centauro, ecco apparire nelle sue stanze don Placido Acquaviva, liutaio e musico pontificio, accorso provvidenzialmente ad assistere il vecchio principe nelle avventurose schermaglie di pensiero e azione che di lì a poco avrebbero invaso il nudo palcoscenico della sua esistenza. Prima un attentato terroristico proprio sotto le mura del palazzo, subito dopo minacce e colpi di pistola, infine la scoperta di un uomo mezzo morto sul balcone. Soccorrerlo o consegnarlo alla giustizia? Il Pignatelli s’impone alla fantesca impaurita: La giustizia, mia cara, è verità. Verità di ciò che è eterno. La menzogna inventò la legge per mascherare le sue iniquità e sottrarsi al giudizio… Nessuno potrà chiamarsi fuori, nessuno, finché un uomo avrà bisogno di un uomo per non morire. Risvegliatosi dal torpore, l’uomo si palesa: è il professore giapponese Kimai, esperto in clonazione, scampato miracolosamente all’attentato. I giornali riportano la notizia, tutta Roma è in subbuglio, ma nelle quiete stanze di don Pignatelli, si dialoga sul senso della scienza di cui Kimai è portatore. Lì dove il professore si erge contro l’ignoranza: Non c’è uomo, e con l’uomo non c’è bestia, che già non abbia i giorni contati e regolati dalla ricerca in atto… Noi indaghiamo, scomponiamo, ricomponiamo in esiti risolutivi che dilatano all’infinito gli orizzonti, il principe, assistito dal serafico Acquaviva, si leva in difesa dell’esistente: Mai udita più solenne minchioneria… Nascite e forme sono intrinseche all’esistente… A nessuno è dato attingere l’inattingibile. La cellula che si vorrà clonare non è opera di un Kimai, ecco il punto. Il principe, scosso dagli eventi, si ridesta; l’umanità è alle strette: bisogna scoprire donde nasca quel desiderio di investigazione pericolosa di cui il professor Kimai è invaghito. La storia si dipana tra rutilanti trovate e esilaranti sortite che vedono il principe librarsi in aria ed irrompere nelle stanze di austeri ed importanti personaggi. Don Placido, invisibile compagno, gli è accanto per riportarlo all’occorrenza fuori degli intrighi di palazzo. Roma è coinvolta dalle incursioni del Pignatelli: ma solo il ponderabile ha senso, l’imponderabile è sottocultura e va discriminato. Il principe è un sov-versivo incauto e stravagante. Svelato il mistero che circonda la ricerca del professor Kinai, il Pignatelli potrà chiudere gli occhi dissetato, nel plauso di quei pochi che hanno avuto la ventura di essergli accanto. Attraverso i numerosi personaggi- maschere e un linguaggio scoppiettante ed iperbolico – il romanzo ben si presterebbe ad una trasposizione teatrale -, Maffeo, scrittore dalla vena comica e surreale, dipana la sua favola tra lucida e drammatica realtà e fiammante fantasia, trasportandoci con incalzanti dialoghi nei labirinti del pensiero e della Storia, lì dove si annida la presenza del male e la speranza del bene. PASQUALE MAFFEO, poeta, narratore, drammaturgo, nasce a Capaccio (Paestum) nel 1933. Ha insegnato nei licei e scrive per la terza pagina di numerosi quotidiani. La sua opera porta dentro e fuori metafora, in una scrittura tesa e alta, inquietudini, passioni e tensioni del nostro tempo. Fra i libri di poesie: Il cercatore luminoso, Nella rosa del mondo, Dal deserto. I suoi romanzi più famosi: L’angelo bizantino, Prete salvatico, Nipoti di Pulcinella. Autore anche di biografie: Salvator Rosa com’era, Giorgio La Pira, Federico Tozzi. Da anglista ha tradotto W. Collins, W. Blake, J. Keats, C. Dichens, A. French.

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