Il fantasma della pandemia

Non passa giorno ormai, da diverse settimane a questa parte, senza che su quotidiani e periodici di ogni tipo, nonché in televisione, compaiano lunghi servizi o brevi note sull’influenza aviaria. Noi stessi vi abbiamo dedicato la rubrica di educazione sanitaria sul n. 20. L’allarme è serio e, a dire degli esperti, è reale anche il pericolo. Più difficile quantificarlo con esattezza e prevedere i tempi. Indubitabile è l’affare che ne sta derivando per le multinazionali farmaceutiche. E tuttavia non si possono biasimare le autorità sanitarie internazionali e quelle del nostro paese, per come stanno affrontando l’emergenza con serietà. Milioni di dosi di vaccino sono già state prenotate, anche se ancora non si è certi di conoscere il vaccino giusto. Anzi, sembra proprio che si dovrà attendere il manifestarsi di focolai epidemici di una certa consistenza per poter procedere con sicurezza nella produzione dell’antidoto. Per ora pare assodato che, finché l’epidemia resta circoscritta ai volatili, sono questi i suoi propagatori, cioè gli uccelli e, nella fattispecie, i migratori. Per quanto ci riguarda, si tratta di quelli che dalla Siberia attraversano la parte occidentale dell’Asia e l’Europa diretti in Africa. Ed è proprio qui, dove maggiormente difettano le strutture sanitarie e molte popolazioni vivono a stretto contatto con gli animali, che il rischio di pandemia sarà più serio. A questo punto diventeranno più credibili certe previsioni finora ritenute infondate e allarmistiche che parlano di milioni di morti, come avvenne nel secolo scorso per l’epidemia di spagnola. Ancora una volta, dunque, è sulla solidarietà che si dovrà contare per fornire anche quelle popolazioni dell’indispensabile vaccino, come già si sta facendo per i paesi europei, garantendo così anche noi del pericolo di un contagio di ritorno. Ma perché ciò sia possibile, se ne dovranno fare carico gli organismi sovranazionali e si dovranno ottenere i farmaci al puro prezzo di costo, senza caricarlo cioè delle spese sostenute per la ricerca, già abbondantemente coperte dai vaccini che saranno stati venduti in Europa e negli Stati Uniti. In Asia intanto, da dove il virus H5N1 si è diffuso, sono stati sacrificati milioni di volatili di allevamento per arrestare l’espandersi del contagio. E contemporaneamente l’importazione della carne di pollo proveniente da quei paesi e diretta in Europa è stata vietata. Anche in Italia il mercato del pollame è crollato per la comprensibile diffidenza dei consumatori, nonostante le assicurazioni delle autorità sanitarie siano per ora del tutto tranquillizzanti. Sembrano invece più serie le precauzioni da adottare nei confronti della selvaggina. Ed è ai migratori, simpatici e fugaci visitatori del nostro paese, per i quali lo Stivale rappresenta soltanto un comodo ponte attraverso il Mediterraneo per raggiungere l’Africa, che abbiamo dedicato la seconda parte di questo servizio. Il monitoraggio dei migratori Ceppi virali dell’influenza nei polli sono endemici in Italia, cioè presenti stabilmente da epoche remote. Si tratta naturalmente di forme meno virulente e non del famigerato H5N1. Neppure tale forma però, ma relativamente ai paesi asiatici, rappresenta una novità. Dal 1997 questo virus è rinvenuto negli allevamenti del sud-est di quel continente. Quindi, è in quelle aree che se ne registra la presenza costante, tra l’altro in allevamenti di polli con condizioni igieniche assolutamente fuori norma. Purtroppo in quei paesi animali domestici convivono spesso con specie selvatiche, come alcune anatre. Da qui la possibile trasmissione e il trasporto nei viaggi migratori. Ma qual è la situazione attuale? La domanda l’abbiamo girata al dott. Fernando Spina responsabile del Centro nazionale di inanellamento dell’Infs (Istituto nazionale per la fauna selvatica) forse la persona che meglio di ogni altro sulla fauna selvatica ha il polso della situazione in Italia e non solo. Esiste in Europa una sorveglianza sugli aspetti sanitari del caso specifico. Per l’Italia il centro di zooprofilassi dell’Università di Padova sta coordinando il monitoraggio assieme al ministero della Salute e all’Infs. Al momento in Italia sono stati fatti circa un migliaio di campionamenti ed è stato trovato un solo caso con presenza di H5N1 ma a bassa patogenicità. Non vi è quindi pericolo? Per il momento no. Bisogna sottolineare che le persone infettate erano addetti ad allevamenti di animali domestici del sud-est asiatico, quindi vi è stato passaggio da animale a uomo in condizioni estremamente favorevoli al contagio. Inoltre occorre, per avere trasmissione da uomo a uomo, che il virus all’interno di un terzo ospite con bagaglio genetico non distante, come quello del suino, viri cioè acquisti la predisposizione per la trasmissione, cosa che per il momento non è segnalata. Vi sono provvedimenti in atto? Al momento è stato vietato l’uso dei richiami vivi per le attività venatorie, onde evitare che uccelli selvatici in cattività, tenuti a volte vicino ad animali domestici, diventino veicoli di trasmissione. Vorrei infine sottolineare che il virus è nato e si è evoluto in animali domestici. I migratori non sono il flagello potenziale pronto a scaricarlo ovunque. Gli uccelli migratori, come succede da millenni, assolvono semplicemente il compito che la natura ha loro affidato, e purtroppo stanno subendo impatti con condizioni estreme di cattiva igiene dell’uomo, che li hanno coinvolti in questa visione negativa. I grandi migratori Gli studi sulle migrazioni degli uccelli effettuati con sistemi di marcaggio (applicazione di anelli), o più di recente anche con radiocollari seguiti via satellite, hanno permesso di raccogliere una quantità enorme di conoscenze sulle varie abitudini. Una buona parte di specie europee migrano, cioè si spostano, in genere per raggiungere luoghi di nidificazione a primavera e ritornare nei territori più miti di svernamento nella stagione fredda. Dalla nostra penisola le migrazioni da sud verso nord cominciano di preferenza a febbraio per concludersi nella seconda metà di maggio. Le varie popolazioni hanno, proprio in questa stagione, una rotta decisa sud-nord per raggiungere dai territori mediterranei, o sud-sahariani oppure per i migratori di grande raggio come i rondoni, dall’Africa australe, l’Europa. La fretta di arrivare, che li fa percorrere traiettorie dirette, è data dal chi prima arriva meglio alloggia, cioè occupa gli ambienti migliori sia per disponibilità di cibo che per valenza di habitat. La migrazione autunnale è più lenta o a tappe. I primi in genere sono i giovani, che, per alcune specie, già dalla seconda metà di luglio, iniziano il viaggio. Le partenze vanno quindi da questo mese alla seconda metà di novembre. Le rotte sono più lunghe con traiettoria da nord-est verso sud-ovest. Ecco che sulla nostra penisola transitano quindi uccelli provenienti dalla Scandinavia, dai paesi baltici, dalla Polonia, Rep. Ceca, Ungheria, Slovenia ecc. mentre i nati in Olanda, Germania o Inghilterra passano in genere in grandi quantità a Gibilterra. Ciò lo si è appurato con le catture degli individui inanellati nei territori di origine e ripresi in questi periodi nella nostra penisola. .

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