Il delicato lavoro nei seggi elettorali

Il racconto di una giovane neolaureata, impegnata come segretaria in un seggio romano, con gli scarsi rimborsi, il poco sonno, i complessi verbali da redarre, i voti da conteggiare e gli elettori da accogliere
Scrutatore timbra una scheda elettorale

Le consultazioni elettorali che hanno interessato il nostro Paese in questo ultimo periodo – l’elezione del sindaco di Roma proprio in queste ore sta tenendo col fiato sospeso i cittadini della Capitale – sono spesso un’occasione preziosa di lavoro per molti giovani, chiamati a prestare servizio nei seggi elettorali. Barbara, neolaureata in cerca di occupazione, è stata impegnata nella sede elettorale del X municipio di Roma, e tra una scheda e l’altra, ci ha raccontato la sua esperienza durante le ultime consultazioni per le elezioni politiche.

«Il lavoro per le elezioni di fine febbraio scorso è stato duro e impegnativo: quattro giornate piene come segretaria di seggio a Quarto Miglio. Trenta ore di lavoro per una retribuzione di 170 euro. Non oso fare il calcolo della retribuzione oraria. Devo però riconoscere che è stata meno traumatica di altre. Anche lo scrutinio per le elezioni regionali è stato meno impegnativo del previsto e le preferenze, le liste provinciali e i voti disgiunti non hanno creato particolari difficoltà. Poi durante lo spoglio non ci sono state contestazioni che procurassero un arresto dei conteggi. Di solito è quello che rallenta molte sezioni: bastano due rappresentanti di lista che si impuntano su un voto e si fa mattina.

«La barriera rimangono i verbali, un dedalo da cui è difficile uscire, soprattutto di lunedì pomeriggio-sera, quando si è in piedi dalle 5 e 30 di mattina. Ma con un po' di pazienza si riesce anche con quello. Il contatto col cittadino non è sempre facile e molte volte si devono mettere in campo tutte le proprie risorse: la pazienza, l’ascolto, la disponibilità. È una scuola di socializzazione che ti fa sentire parte di una comunità che cerca di autodeterminarsi. Soprattutto quando si cerca di spiegare a un vecchietto irascibile che non può entrare in cabina con sua moglie per aiutarla a votare, a meno che non abbia un certificato medico. Oppure quando qualcuno si ostina a presentare la patente scaduta nonostante abbia la carta di identità con sé.

«Stessa cosa vale per i colleghi scrutatori. Se capita qualcuno poco sveglio, che dà le schede per votare a chiunque si presenti in sezione, senza controllare l'iscrizione sulle liste, oppure si ostina a consegnare la scheda per il Senato a minori di 25 anni, allora si può anche sbattere la testa al muro. La retribuzione è minima, il lavoro massiccio, ma è un’attività che nel complesso non mi dispiace. Il neo di tutta questa operazione è che molto spesso le persone che lavorano ai seggi non hanno una concreta necessità. Io sono disoccupata, faccio qualche piccolo  lavoro di traduzione, spesso sottopagato. Per me il seggio è un’occasione per guadagnare qualcosa, in attesa di trovare un lavoro vero. E lo stesso vale per tanti altri ragazzi e ragazze.

«Per questo motivo – conclude Barbara – credo che al seggio dovrebbero lavorare studenti, disoccupati e precari, nessuno che abbia un lavoro con contratto fisso e a tempo indeterminato. Nessuno che prenda un doppio stipendio. L'esperienza rimane comunque divertente: gli scrutatori legano e fanno gruppo, condividono e si scambiano opinioni. Io personalmente ho legato molto con la presidente di seggio, conosciuta durante il referendum del 2011. È stata lei a contattarmi quest'anno per farle da segretaria. È nata una bella amicizia anche al di fuori del contesto lavorativo, come molto spesso accade quando si condividono esperienze particolarmente impegnative».

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