Il coraggio della pace

È iniziato a Barcellona il 12° meeting per la riconciliazione tra i popoli, su iniziativa della Comunità di sant’Egidio. Tema: «Vivere insieme in un tempo di crisi. Famiglia di popoli, famiglia di Dio».
Incontro per la pace Barcellona

È il giorno degli abbracci fraterni e delle strette di mano sincere. Tra Roma e Mosca, tra Israele e Palestina. Possono sembrare gesti retorici compiuti sull’onda dell’emozione, ma qui a Barcellona fanno un altro effetto: l’effetto di assistere a qualcosa di importante che fa bene al dolorosissimo processo di pace, alla ricerca faticosa di un mondo riconciliato.

 

Si è aperto ieri nella città spagnola, il 12° Meeting per la pace che per iniziativa della Comunità di sant’Egidio, è arrivato quest’anno alla 25ma edizione. Il tema: «Vivere insieme in un tempo di crisi. Famiglia di popoli, famiglia di Dio». Sono presenti 300 rappresentanti religiosi delle grandi tradizioni spirituali mondiali. Cristiani, ebrei, musulmani, buddisti delle diverse tradizioni (Tenrikyo, Rissho Kosei Kai) e rappresentanti del Jainismo e Induismo.

 

La mattina, i cristiani si sono dati appuntamento alla basilica Santa Maria del Mar. La messa è presieduta dal cardinale arcivescovo di Barcellona, Lluis Martinez. Sistach che ospita l’evento. Ma per la prima volta, la predicazione è a due voci. Ai microfoni si alternano l’arcivescovo cattolico e il metropolita russo ortodosso, l’esarca di Bielorussia Filaret, che fa parte di una importante ed ampia delegazione del patriarcato di Mosca. Forte è la sintonia dei due interventi, mossi entrambi dalla convinzione che se la pace può sembrare una meta impossibile, «noi non dobbiamo abbatterci. Questa è la promessa del Signore: Tutto è possibile per chi crede». È qui, al termine delle due predicazioni, che avviene l’abbraccio più atteso, quello tra l’arcivescovo Sistach e il metropolita Filaret, tra cristiani di Chiese sorelle. Segno di un’amicizia ritrovata, segno che il Meeting può iniziare.

 

La cerimonia augurale avviene nella prestigiosa sede del Palau de la Musica Catalana” nel cuore del quartiere vecchio della città. L’atmosfera è quella solenne dei grandi eventi. Si alternano momenti di musica, interventi e testimonianze forti sul difficile processo di pace in Terra Santa. Ma anche Cipro, Montenegro, la Repubblica di Guinea. Seguono in aula almeno un migliaio di persone: oltre ai rappresentanti religiosi, anche Presidenti, ministri e rappresentanze diplomatiche di molti paesi europei ed extra-europei.

 

A moderare la cerimonia è stata chiamata Sua Altezza reale Maria Teresa, gran duchessa di Lussemburgo che ad un certo punto si lascia andare ad un accorato appello alle donne che «nel mondo piangono i loro figli morti nei conflitti. Chiedo a loro, chiedo a tutte le donne, di farsi le prime educatrici della pace».

 

Il suo appello segue i due discorsi del ministro israeliano delle relazioni diplomatiche e della diaspora, Yuli Yoel Edelstein, e quello degli affari religiosi dell’Autoritá Nazionale Palestinese, Mahamoud Al-Habash. Un faccia a faccia intenso, sincero, per nulla retorico. Anzi, addirittura coraggioso, impensabile – come hanno detto loro stessi – fino a 25 anni fa. Si è parlato di tutto: della necessità di proseguire il dialogo, dei territori occupati, del diritto internazionale, dei muri, dei colloqui di Washington. Commovente il momento in cui i due ministri hanno raccontato – entrambi usando le stesse parole e con lo stesso cuore -, il pianto delle donne israeliane e palestinesi che a causa di questo conflitto hanno perso figli e mariti. Famiglie in lutto, giovani ammazzati. «Non possiamo permettere – dice il musulmano – agli uomini d’arme di sabotare i colloqui di pace». «Ci sono cambiamenti – incalza l’israeliano , sono lenti ma ci sono. Dobbiamo essere ottimisti».

 

Andrea Riccardi non c’è. È malato e non può essere qui a Barcellona. È Marco Impagliazzo a leggere in aula il suo indirizzo di saluto. «Il fatto che in tanti partecipino al dialogo e alla preghiera di questi giorni – scrive Riccardi – manifesta una volontà: continuare la ricerca della pace nel dialogo spirituale. Abbiamo tutti la coscienza di quanto la pace sia fragile nel mondo contemporaneo. La pace è drammaticamente fragile in tante parti del mondo. Ma non solo. È anche fragile nel cuore, nella coscienza degli uomini. Fragile da un punto di vista spirituale». Poi rivolgendosi ai leader religiosi presenti, Riccardi affida una missione. Chiede di non rassegnarsi «alla mediocrità di una vita senza speranza». «La speranza – dice -, è il motore dei passi in avanti dell’umanità per ogni generazione. Motiva la pazienza che ci vuole per realizzare un mondo diverso. Senza speranza non sboccia la visione del futuro».

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