Il cioccolato

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Dietro la sua scrivania è in evidenza un pallone da basket: in gioventù Antonio Bulgheroni è stato campione italiano di pallacanestro e successivamente ha guidato per anni, come imprenditore, la squadra di pallacanestro campione d’Italia. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di presidente della Lindt Italia in un intervallo delle sue frenetiche giornate di tour fra le varie città italiane, essendo stato nominato da Confindustria uno dei tre saggi, con Ernesto Illy e Luigi Attanasio, chiamati a designare il nuovo presidente di Confindustria successore di Antonio D’Amato. Desideriamo addentrarci con lui nella complessa e contrastata normativa che regola le componenti del cioccolato: la guerra del cioccolato si era scatenata quando l’Unione europea aveva ammesso l’uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao, dando un colpo all’industria italiana da sempre legata al cioccolato di qualità. Il 23 gennaio 2003 – ci dice – la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza che è sembrata una sconfitta per l’Italia, unico paese, con la Spagna, difensore della purezza del cioccolato. Da quel momento non abbiamo più potuto imporre che il cioccolato preparato con grassi vegetali diversi dal burro di cacao venisse classificato come surrogato. Ma i produttori italiani, da sempre cultori del cioccolato puro, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco: La normativa europea è stata approvata e quindi recepita dagli stati membri ed ha raggiunto l’obiettivo di armonizzare produzione e vendita di cacao e di prodotti al cioccolato. Ora tutti possono usare grassi vegetali diversi dal burro di cacao, ma sottoponendosi ad alcune re- gole: alcuni paesi avevano avuto deroghe e chiamavano cioccolato anche ciò che cioccolato non era. Il prodotto con grassi diversi dal burro di cacao, deve portare la dicitura contiene altri grassi oltre al burro di cacao. Chi usa il solo burro di cacao può invece riportare la dicitura cioccolato puro. In questo senso la normativa ha riportato trasparenza nel mercato ed i consumatori possono orientarsi nella scelta dei prodotti ed hanno quindi una maggiore tutela. Da parte nostra continuiamo a produrre secondo le ricette tradizionali che risalgono a più di 150 anni. In Italia si producono 210.600 tonnellate di dolci e derivati a base di cacao: un mercato in costante crescita grazie anche a un film come Chocolat, che ha decretato il successo di questa bevanda: il nome del film è stato dato anche a un locale alle spalle di Palazzo Madama, a Roma, diventato ritrovo di senatori e appassionati. Si stampano libri di ricette a base di cioccolato e persino un pranzo può contenere cioccolato dal primo all’ultimo piatto. Per Lindt, che pure ha sponsorizzato con il proprio marchio l’uscita del film, non è stato necessario questo evento per invadere il mercato: lo avevano già fatto da molti decenni. Nata nel 1909 come fabbrica di caramelle, la Bulgheroni SpA nel 1947 ha stipulato un accordo di licenza con la svizzera Lindt e Sprungli di Zurigo e nel 1993 è stata totalmente assorbita da quest’ultima, diventando una delle 9 fabbriche al mondo produttrici del marchio Lindt. Ha uno stabilimento alle porte di Varese con 650 addetti ed un centro di smistamento sull’autostrada dei laghi, da dove i prodotti partono per tutta l’Italia e, per il 10 per cento, per l’estero, attraverso le altre società del gruppo. Qual è il segreto di un successo che continua da così tanto tempo? Le regole della nostra tradizione sono il rispetto delle ricette tradizionali, la massima attenzione a tutti gli ingredienti, la passione nella lavorazione, curata nei minimi particolari. C’è un altro fattore che spiega il raggiungimento di una qualità elevata: il pasticcere che diede il via alla produzione, nel 1845, fu David Sprungli, di Zurigo, che nel 1892 divise l’attività fra i due figli, uno dei quali, Rudolf, nel 1899 rilevò la fabbrica di cioccolato Lindt di Berna e con essa l’invenzione più importante nella storia del cioccolato: il concaggio, una particolare lavorazione inventata da Rodolfhe Lindt, figlio di un farmacista di Berna. Il concaggio – dice Patrizia Pirotta, responsabile qualità, ricerca e sviluppo dell’azienda – è un metodo ancor oggi usato e consiste nel mescolare a lungo in una macchina, detta conca, la pasta di cioccolato, per farla diventare plastica e lavorabile, prima di essere messa negli stampi, nonché per perfezionare l’aroma. Prima del concaggio la raffinazione degli ingredienti viene attuata facendo passare il cioccolato nei cilindri della macchina raffinatrice, in modo da non lasciare granulosità quando si gusta il prodotto. La Lindt è stata protagonista, qualche anno fa, di un progetto innovativo nel campo del lavoro: essendo lo stabilimento situato vicino alla fabbrica della birra Poretti (ora della Carlsberg che produce il marchio Tuborg) ed essendo le due lavorazioni impostate su stagionalità diverse e complementari, una parte degli operai lavorava per alcuni mesi all’anno presso la Lindt e per altri mesi presso la Poretti. Tale accordo sindacale – ricorda Antonio Bulgheroni – ci ha permesso di coprire al meglio le esigenze di entrambe le aziende e per la sua novità è stato copiato da altre imprese in Italia. Da noi ora si sta esaurendo perché le stagionalità delle nostre produzioni si sono via via sovrapposte.

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