Il buon selvaggio di Devis Bonanni

Un vero e proprio manifesto per una decrescita sostenibile nel nuovo libro del giovane scrittore che ha lasciato il mondo dell’informatica per andare a fare il contadino. Un confronto con l' esperienza di Thoreau al tempo dei sfarzi mediatici dell'Expo
DEVIS

Devis Bonanni, giovane trentenne dell’udinese, contadino e scrittore con Il buon selvaggio (Marsilio Editore), è al secondo libro.  Dopo in grande successo di Pecoranera racconto autobiografico pubblicato nel 2012 e che tanto interesse suscitò per la coraggiosa sua scelta di lasciare il mondo dell’informatica per lavorare come  contadino nella terra dei suoi avi, ha sentito  di dover scrivere  un vero piccolo “manifesto” per una decrescita sostenibile in armonia con le leggi della natura e con se stessi.

 

Ancor più dopo aver visitato l’Expo, percependo la confusione e il disordine culturale nel quale quell’esperienza nasceva e di quanta poca influenza esso avrebbe avuto nella difesa della nostra amata terra che viene tuttora saccheggiata e violentata in mille modi.  Inoltre non veniva affrontato il problema degli allevamenti di bestiame né c’era alcun riferimento ai terreni delle montagne

 

È nato così l’interessante e sorprendete nuovo libro che è un esplicito  invito  ad ascoltare quel “quel buon selvaggio” che è dentro ognuno di noi, per vivere liberi dalla schiavitù alla quale il consumismo ci ha condannati e in una dimensione più autenticamente umana, e riscoprire il rapporto vitale che ci lega alla natura “oltre le semplificazioni e le mistificazioni dei mass media”, l’importanza della conoscenza  dei cicli naturali dell’agricoltura per la nostra alimentazione, la necessaria una mobilità alternativa, le nostre radici, ma soprattutto le relazioni di prossimità e solidarietà tra gli uomini.

 

Non si può rimanere indifferenti di fronte al fatto di aver  trasformato il nostro pianeta in una pattumiera, afferma Bonanni, nel mentre ci descrive come egli vive una decrescita sostenibile da dieci anni, recuperando benessere, felicità senso civico, buoni rapporti con l’umanità.

 

Potersi fare il pane in casa è una esperienza di grande bellezza prima ancora di essere utile e salutare, come pure potersi svegliarsi all’alba e accarezzare con lo sguardo lo spettacolo della natura. Per Bonanni è necessario riscoprire  che noi esseri umani siamo un prodotto della natura e delle sue regole evolutive e come tali “ciascuno di noi ha una funzione positiva da svolgere nell’universo” in quanto c’è in noi  un disegno meraviglioso che si può realizzare solo se ci poniamo con amore e equilibrio verso tutto ciò che ci circonda.

 

La ricerca economica ad ogni costo, quel massimo profitto da realizzare ovunque ha tolto all’uomo la libertà, la forza, lo ha privato dell’essenziale in quanto, condividendo il pensiero di Thoreau: “Un uomo è più ricco in proporzione alle cose di cui può fare a meno.” E dal momento in cui è finita l’epoca delle utopie collettive, delle rivoluzioni, ognuno di noi è chiamato a cercare la sua ultima utopia e per Bonanni non c’è di meglio che cercare di assecondare l’invito che “il buon servaggio” dentro di noi sempre ci rivolge.

 

Dopo aver fatto scempio dell’ambiente, dei nostri terreni, dopo aver dato chimica alla terra e ormoni agli animali, avvelenandoci tutti, è forse giunto il momento di tornare alla natura, non per farne una nuova religione né per un “animismo posticcio” ma per recuperare bontà di vita, salute, equilibrio interiore.

 

”Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeremo di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche” Un monito che Toro Seduto , leggendario Capo Sioux lanciava già nel 1876 e che Devis Bonanni oggi ci ricorda.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons