Il bimbo in ospedale

Mio figlio Francesco di tre anni ha dovuto ricoverarsi per accertamenti, fortunatamente negativi. È stata un’esperienza comunque molto spiacevole per il bambino e per noi: la difficoltà di tenere l’ago della flebo in vena, con lui che si muoveva in continuazione, il fratellino di pochi mesi a casa che richiedeva il mio latte, la stanchezza delle notti in bianco, ecc… Tra l’altro da quando siamo stati dimessi Francesco piange molto più spesso di prima e ogni volta che devo cambiargli il pannolino sono urla, credo perché abbia paura associando lo stare steso alle siringhe. Dopo tutto questo l’idea di dover avere ancora bisogno in futuro dell’ Ospedale per i miei figli mi terrorizza. Ivana – Carmagnola Avere una solida ed efficiente struttura ospedaliera, in cui affrontare le patologie dei bambini con i più moderni approcci, ha permesso all’ Italia di essere ai primissimi posti nel mondo come indice di sopravvivenza della popolazione infantile. Se avere la corretta diagnosi e terapia è essenziale, tuttavia, come lei sottolinea, il costo sociale del ricovero non può non essere considerato: la sofferenza che comporta al bambino, ai genitori, ai fratelli, la difficoltà di inserire questa dolorosa esperienza nei delicati equilibri di vita del nucleo familiare, l’assenza del lavoro dei genitori, ecc… In effetti tutti noi, con i nostri atteggiamenti, le prese di posizione, le scelte che operiamo, possiamo avere un ruolo significativo per aiutare il mondo della medicina a rendersi conto di quanto siano importanti anche questi aspetti cui lei accenna e sia necessario sempre più umanizzare le cure. Come renderci attivi per ridurre i disagi che un ricovero comporta al figlio e alla famiglia? Ecco alcune idee: preferire ospedali che prevedano spazi di gioco e di socializzazione per il bambino. Chiedere che prima dei prelievi e delle punture sia messo sulla cute un blando anestetico locale. Chiedere appuntamento al medico per essere aggiornati e coinvolti (senza aggredirlo ogni volta che passa in corridoio): è un nostro diritto- dovere avere, con la dovuta calma e il rispetto della privacy, dettagliate informazioni su cosa sta avendo il bambino, su quale terapia viene praticata, su quali obiettivi di salute si sta lavorando, sui tempi prevedibili degli interventi diagnostico- terapeutici, ecc… Essere presenti al momento degli atti medici che determinano sofferenza o paura per il piccolo. Conoscere cosa sarà fatto al bambino e voler essere coinvolti nelle scelte. Accompagnare il bambino significa anche essere consapevoli di dover trovare la forza per non ostacolare in alcun modo (con domande inopportune, urla, ecc..) l’atto medico quando sta realizzandosi (ad esempio il momento del prelievo, le radiografie, ecc..). Sarà invece utile tenere la mano del figlio, accarezzarlo, dirgli paroline dolci… Non dire mai bugie al bambino. Spiegargli di volta in volta, con parole semplici, con disegni, con giochi con la bambola, cosa sta succedendo, cosa intendono fare i medici. Tenere nascosti i nostri sentimenti non serve. Il figlio legge ciò che proviamo al di là delle parole, legge nel nostro sguardo, nel nostro atteggiamento. Lasciamogli la libertà di soffrire. Aiutiamo il bambino ad esprimere ciò che prova. Non giudichiamo le sue paure come banali e infondate. Invitiamolo a disegnare o a scrivere. Se possibile facciamolo giocare o studiare con altri bimbi ricoverati. Non dimenticare che chi rimane a casa, sia gli altri fratellini che il marito, stanno vivendo momenti difficili. Trovare tempi e modi per spiegare agli altri figli cosa sta succedendo; portarli a trovare il fratello, seppure con brevi visite; lasciare che si parlino a modo loro. Organizzare un adeguato cambio nell’assistenza al bambino: ricordare che l’evento è altamente stressante anche per sé stessi e si ha necessità di ricaricare le pile per poter essere efficaci. Prestare attenzione anche agli altri bimbi ricoverati, ai loro genitori, cercando di non chiudersi. Il ricovero di un figlio è comunque un momento di dolore. Riconoscere ed accettare il dolore, usarlo come pedana di lancio per amare può trasformare un’esperienza negativa in un momento indimenticabile di crescita sul piano umano e nel rapporto con il bimbo e gli altri della famiglia. Nella mia esperienza di tanti anni ho sperimentato che mai come al letto di un bambino ammalato, l’amore guarisce l’anima, talvolta anche il corpo, più di ogni medicina.

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