I (tanti) valori degli italiani

Una nuova ricerca del Censis pone importanti questioni sociali, soffermandosi sui sogni e sull'interiorità degli italiani, tenendo conto dell'appartenenza, della provenienza e delle diverse aree territoriali. Ne esce una speranza di ripresa perlomeno “antropologica”

Guardare l’Italia dalla finestra non è un gran bel vedere avvolta com'è da una profonda crisi, non solo economica. Ma probabilmente la finestra non è il prisma interpretativo giusto: né quella fisica né quella virtuale delle tv e di internet. L’alternativa è andare tra la gente e provare a sintonizzarsi sul vero sentire delle persone. Presumibilmente si avrà la stessa sensazione avuta dagli studiosi del Censis che hanno svolto la ricerca "I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo", pubblicata da Marsilio Editori.

Da essa emerge, quasi paradossalmente rispetto alla visuale della finestra, che «la crisi antropologica che ha profondamente segnato il Paese (l'egoismo diffuso, la passività, l'irresponsabilità, il materialismo spinto) potrebbe essere giunta alla fine della sua propagazione e le energie per una inversione di rotta ci sono tutte, anche se in forma potenziale. La voglia di altruismo c'è, tanto che aiutare chi è in difficoltà trasmette maggiore energia positiva che non l'idea di occuparsi del proprio benessere in palestra o in un centro estetico. Il 29,5 per cento degli italiani afferma di ricevere moltissima carica dalla possibilità di aiutare qualcuno in difficoltà, e la percentuale rimane costante in tutte le classi di età, segno di una voglia comune di ritrovare l'altro».

Il 40 per cento degli italiani si dice molto disponibile a fare visita agli ammalati. Più del 36 per cento si dice assolutamente pronto a rendersi disponibile, in caso di calamità naturale, per contribuire al bene comune. Il 37 per cento si dice molto o abbastanza disponibile a dare una mano nella manutenzione delle scuole (il 21 per cento è "molto" disponibile). Questa percentuale al Sud aumenta fino al 41 per cento, 6 punti percentuali in più rispetto al Nord-Ovest: evidentemente, laddove il bisogno è più forte, gli italiani sono pronti a mettersi in gioco. Anche per la manutenzione delle spiagge e dei boschi, più di un terzo degli italiani si dice pronto a collaborare (il 34 per cento), mentre il 37 per cento si trincera dietro un più interlocutorio "forse". Anche in questo caso al Sud l'energia potenziale sembra maggiore (la percentuale sale al 36 per cento) rispetto al Nord-Est (33 per cento), dove probabilmente l'emergenza è meno sentita.

L'amore più forte, essendo l’Italia un paese di “mammoni”, rimane quello per le persone che ci sono vicine: l'80 per cento degli italiani afferma di amare moltissimo i propri familiari, il 64 per cento il proprio partner, il 22 per cento i colleghi di lavoro. Il 26 per cento ritiene di vivere in un territorio in cui la coesione sociale è forte, per il 64 per cento è discreta, solo il 9 per cento pensa che sia modesta. E soltanto il 10 per cento pensa che l'onestà dei cittadini che abitano nel suo territorio sia scarsa.

La ricerca indaga anche sull’avvento del nuovo papa, Francesco, coniando una sorta di neologismo interpretativo: papafrancescanesimo. Il nuovo pontefice sta risvegliando in molti l'interesse non solo per la fede, ma più in generale per la vita spirituale e il gusto per una certa frugalità nei consumi.

E sul fronte di un grande assente come il lavoro? Meno competizione e più collaborazione? Il 35 per cento degli imprenditori italiani ritiene che collaborare bene con i colleghi darebbe molta carica. E così la pensa quasi il 31 per cento degli artigiani. Potrebbe farsi strada una nuova cultura imprenditoriale, più collaborativa, in grado di essere trainante per il Paese, se riuscirà a prevalere la voglia di riscoprire l'altro come alleato e non come competitor.

Ovviamente non tutto è rose e fiori e non tutti respirano a pieni polmoni ventate di ottimismo. Oggi l'85 per cento dei nostri connazionali si dice preoccupato e il 71 per cento indignato, ma solo il 26,5 per cento dice di sentirsi frustrato e il 13 per cento disperato. Al contrario, il 59 per cento degli italiani si sente vitale (e anche il 48 per cento degli over 65 anni). Le preoccupazioni e l'indignazione, non solo non si sono mutate in frustrazione e disperazione, ma non hanno indebolito la vitalità individuale. Il Paese è tutt'altro che spento. Semmai è in attesa di un segnale: il 46 per cento degli intervistati ammette di voler fare qualcosa, ma non sa che cosa. Si tratta di un riposizionamento forse solo ideale, solo immaginato, una voglia di recuperare i beni morali come "beni rifugio" in un contesto che percepiamo come degradato.

Sembra il copione di un nuovo grande film che potrebbe vederci tutti protagonisti e come suggerisce il Censis, manca solo una regia, ma forse per un bel film, ne occorrerà una “collettiva” che meglio si addice alla società globale.

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