I novant’anni di Padrelardo

Articolo

No m i n a r l o ” G i g a n t e della carità” ha un po’ il sapore del gioco di parole, vista la sua mole fisica. Ma non c’è dubbio che tale definizione trovi riscontro alla lettera in ciò che padre Werenfried van Straaten ha compiuto nell’ultimo mezzo secolo mediante le iniziative dell’Aiuto alla chiesa che soffre, l’opera da lui fondata sul finire del 1947. Decenni cruciali, con rivolgimenti ideologici di portata epocale, guerre, drammi sociopolitici che hanno sconvolto la vita di intere popolazioni. In un tempo che ormai molti storici iniziano a riconoscere come secolo del martirio cristiano. Un lungo tratto di impervio cammino lungo le direttrici della condivisione: sono più di diecimila in centocinquanta nazioni – dall’est all’ovest, e dal nord al sud – le comunità ecclesiali che hanno ricevuto solidarietà concreta. Ora si può dire che la sua opera non abbia confini, avendo aggiunto alla mappa delle sue emergenze religiose anche quelle dei paesi del terzo mondo. La figura di Padrelardo, altro soprannome con cui è universalmente noto, spazia nel fitto panorama degli uomini e delle donne del Novecento che hanno saputo convogliare le energie migliori di milioni di donne ed uomini come loro. Immettendo nel corpo sociale gli antidoti ai guasti prodotti dalle più disumanizzanti ideologie che il secolo abbia generato. Da quando, conclusosi con la sconfitta il grande sogno dell’impero nazista, pretese di lenire le ferite chiedendo alle vittime fette di lardo affumicato – di qui il suo gustoso soprannome – per sfamare gli ex invasori tedeschi, divenuti poveri e profughi. Oppure al memorabile incontro con Pio XII, nel 1953. Quello che ormai per tutti era Padrelardo si sentì dire dal papa: “Tutto il mondo si prepara alla guerra, ma nessuno si prepara alla pace”. Quelle parole ebbero l’effetto di una scintilla nel religioso che, durante la guerra fredda, sorvolò la Cortina con “le fortezze dello spirito”, ed inventò le “cappelle volanti”, alle quali univa aiuti materiali e spirituali ai cristiani perseguitati e clandestini. E, infine, dopo la caduta del Muro del 1989, ricucendo un paziente dialogo tra occidente ed oriente, sempre con i mezzi dell’annuncio evangelico e dell’aiuto generoso. Una vita lunga, la sua, in cui il fitto intrecciarsi della storia personale con la cronaca collettiva della sua opera ne costituiscono il “viaggio” lungo il secolo che è stato definito “breve”. Per scoprirvi non corrosi dal tempo, tra le vicende non facili da districare, tra iniziative e prese di posizione non sempre comprensibili a tutti, i tratti di un cuore giovane, desideroso, ora come allora, di lenire le piaghe dei fratelli e di aiutarli a mantenere salda la loro fede e speranza cristiana.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons