I marò e il gioco della diplomazia

Il governo indiano ha affidato ad un'agenzia speciale che si occupa soprattutto di sicurezza nazionale ed antiterrorismo la questione dei due militari italiani. Intanto gli ambasciatori dei due Paesi tornano ai loro incarichi istituzionali
Una cartina geografica dell'India

Dopo i vari colpi di scena delle scorse settimane che hanno riportato i marò in India con sviluppi inattesi per la nostra diplomazia, i rapporti fra Italia ed India sono pressoché tornati alla normalità. La Corte Suprema indiana ha tolto il veto ai movimenti del nostro rappresentante diplomatico in India e il nuovo ambasciatore indiano, il cui arrivo a Roma era stato rinviato a data da destinarsi, pare che sarà nella capitale italiana entro la fine del mese.

Intanto, continua il contenzioso diplomatico per la questione della competenza e, soprattutto, per affrettare i tempi di soluzione del problema. Il Ministero degli Interni di Nuova Delhi ha affidato il caso alla National Investigation Agency (NIA), un’agenzia speciale che si è occupata soprattutto di sicurezza nazionale ed antiterrorismo, che ha registrato due atti di accusa nei confronti dei marò. Oltre all’accusa di omicidio, è ora emersa quella violazione della Legge sulla soppressione degli atti illegali contro la sicurezza della navigazione marittima. Si tratta della sez. 3 (reati contro navi, piattaforme fisse, carico, servizi di navigazione) della Suppression of Unlawful Acts Against Safety of Maritime Navigation and Fixed Platforms on Continetal Shelf Act).

La mossa del Ministero degli Interni dimostra come ormai tutta la questione sia stata tolta dal controllo dello stato del Kerala, che aveva condotto le indagini iniziali, accusando i due italiani di omicidio dei due pescatori indiani. Sebbene entrambi i capi di accusa attuali potrebbero prevedere condanne fino alla pena capitale, alcune agenzie ed organi di stampa hanno pubblicato chiarimenti da parte di fonti, comunque anonime, del Ministero indiano, che assicurano che la NIA non mira ad arrivare ad una condanna capitale. "È molto probabile – pare aver spiegato un funzionario – che le accuse vengano declassate o possano cadere del tutto, a seconda delle prove che la NIA raccoglierà nelle sue indagini".

Sebbene si discuta ancora sulla questione di quella che il governo italiano ha chiamato "assicurazione" che non ci sarà condanna alla pena capitale e che il governo indiano ha, invece, semplicemente definito "chiarimento" , analisti indiani paiono inviare segni incoraggianti. Il caso è, comunque, ancora piuttosto confuso. Da una parte, pare che gli organi competenti del Paese asiatico abbiamo avviato un processo di soluzione del problema cercando di definirne i contorni con maggiore chiarezza ed affidando la questione ad un organo ufficialmente competente. Dall’altro, il gran chiasso che si è fatto attorno alla questione, con la tragicomica del trattenere in Italia e, successivamente, inviare di nuovo in India i due militari non ha senz’altro giovato ad una soluzione in tempi brevi.

Come avevamo avuto modo di dire un anno fa, la questione avrebbe dovuto essere affrontata con grande discrezione, cosa che pareva essere per qualche tempo la linea di azione dei nostri diplomatici. Purtroppo, tutto il problema continua a giocarsi su questione di immagine e di posizioni diplomatiche, lontano dall’accaduto e dalla questione della morte di due pescatori. In questo senso entrambi i governi, non hanno senz’altro brillato di sensibilità umana nei confronti di un avvenimento tragico.

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